“Oro blu”: luccica per chi lo vende, ma pur crescendo di prezzo non migliora in qualità

“Oro blu”: luccica per chi lo vende, ma pur crescendo di prezzo non migliora in qualità

Hera guadagna 800 milioni di euro l'anno con l'acqua, ma noi cosa beviamo? Quella di Rimini a confronto con le altre città della Romagna. E ci sono anche tracce di arsenico.

Nel luccicante mondo dei gestori dell’“oro blu” – Hera, ad esempio, ne ricava 800 milioni di euro annui – vige un tipo di comunicazione al cliente tutta rose e fiori. “L’acqua di rubinetto – afferma la holding bolognese nelle bollette inviate ai cittadini – è buona e sicura, fa bene all’ambiente e ti fa risparmiare 300 euro l’anno”. Un asterisco a margine di questa stima spiega: “famiglia di 3 persone; costo acqua minerale: 0,30 €/L”.
Ciò che la rassicurante didascalia non spiega, e che invece noi abbiamo cercato di indagare risalendo all’indietro nel tempo, è che la qualità dell’acqua potabile distribuita a Rimini è peggiorata, anziché migliorare nel corso degli anni mentre il suo prezzo schizzava in su di vari punti percentuali.
Intendiamoci, non vogliamo gettare nessun allarme sul dato complessivo: l’acqua del rubinetto è ampiamente a norma di legge, ma alcuni suoi indicatori sono andati peggiorando nel corso degli ultimi quattro anni; altri hanno avuto una curva in salita per poi tornare ai livelli di partenza o quasi; ma in generale non si può dire che la qualità dell’acqua sia migliorata, anzi, sono comparsi negli ultimi bollettini voci di indicatori che prima non c’erano, ad esempio l’arsenico.

Consideriamo anzitutto il periodo dal 1° semestre 2012 al 2° semestre del 2015, seguendo i dati dichiarati e pubblicati dal gestore nelle bollette, alla voce «Qualità dell’acqua di rubinetto a Rimini».
Il dato della durezza dell’acqua tende a non migliorare negli anni (da 32 si è passati a 37 per poi tornare a 32). Anche il residuo secco ha avuto una curva simile (da 416 è salito fino a 471 per poi ridiscendere al livello di partenza). Aumentano le concentrazioni di ammonio, cloruro e magnesio. Stabili – e, come vedremo, più alti rispetto ad altre realtà romagnole – calcio, fluoruro, nitrato, nitrito, sodio e solfato.

Domandiamoci ora: come stanno ad acqua potabile altri comuni della Romagna, serviti dallo stesso gestore?
Prendiamo la risposta direttamente dal gestore Hera, che ha pubblicato il rapporto “In buone acque 2015”, scaricabile e consultabile dal sito web della holding.
Fa al caso nostro la tabella “Qualità dell’acqua: concentrazioni medie rilevate da Hera (2015)”.
L’alcalinità totale vede Rimini a quota 219, a metà strada tra la più bassa a Ferrara (182) e la più alta a Bologna (253).
Calcio: Rimini 79, il dato migliore è Trieste (54), il peggiore Modena (113).
Clorito: Rimini è tra le peggiori della classifica con 251 microgrammi per litro (a Modena e a Trieste <100).
Anche nel cloruro l’acqua di Rimini è fra le peggiori con 27 milligrammi/litro (Padova 8).
Conduttività: 516, quarto dato dopo Bologna, Modena e Pesaro-Urbino.
Durezza: 27, un dato di media classifica (ma Trieste è a 18).
Quanto a concentrazione di fluoruro, Rimini è seconda in classifica con 0,14 mg/L, a pari merito con Forlì-Cesena e dietro solo a Padova (0,15).
Magnesio: Rimini 18 (gli estremi sono Padova con 21 e Trieste con 12).
Nitrato: Rimini 8 (Modena la peggiore con 19 e Ravenna la migliore con 5).
Residuo secco a 180°: un dato alto quello di Rimini (321), mentre Modena è 547 e Trieste a 233.
Mezza classifica per Rimini anche nel sodio (23), Modena è a 51, Trieste a 8.

Veniamo al tema arsenico, presente nel rapporto “in buone acque” relativo al 2015.
Il limite di legge è di 10 microgrammi per litro. Nelle analisi di Hera si rileva che le acque di Ferrara hanno una concentrazione di arsenico di 1 microgrammo per litro. Rimini, Bologna, Forlì-Cesena, Ravenna e Trieste segnano il dato <1 che, in una nota in didascalia, significa “assente o inferiore al limite di rilevabilità strumentale”. Eppure ci sono delle tracce, altrimenti non si spiegherebbero i dati relativi a Padova (0,5) e Pesaro-Urbino (<3). E soprattutto non si spiegherebbe perché Hera calcola, in un’altra tabella del rapporto, le concentrazioni medie relative a quattordici parametri, arsenico incluso, rispetto alle concentrazioni massime ammissibili. Una specie di “forfait” dei parametri, che vede Rimini a metà classifica, cioè al quinto posto su dieci ambiti provinciali serviti da Hera. In sostanza, un dato accettabile che segnala tuttavia la presenza di tracce di ammonio, arsenico, clorito, cloruro, fluoruro e così via.
Altra conferma viene dalla tabella “concentrazioni medie rilevate dagli Enti pubblici di controllo” (cioè le sezioni Arpa) nel 2015: l’arsenico è a quota 1 a Ferrara, 1,2 a Padova, e <1 a Rimini, Ravenna, Forlì-Cesena ed altre province.

Siamo partiti dalla constatazione che nel corso degli anni la qualità dell’acqua a Rimini non è migliorata, ma semmai peggiorata, mentre aumentava il suo prezzo al pubblico.
In chiave storica è interessante il report del 2008 relativo alla provincia di Ravenna (“Guida alla qualità dell’acqua potabile nei comuni della provincia di Ravenna”, quarta edizione aggiornata al 2008, autori Provincia, Ausl, Arpa e ATO di Ravenna).
Prendiamo i dati del capoluogo, la città dei mosaici (fonte: “tab. 3e, Analisi statistica dei dati riferiti a tutti i punti di prelievo”), e paragoniamoli a quelli attuali di Rimini. Il dato riminese è inserito fra parentesi dopo quello ravennate.
A Ravenna, il pH medio è di 7,9 (7,7); la durezza in °F 23 (32), la conduttività a 20° è a quota 533 (661), i nitrati 5 mg/L (17), il calcio 66,7 mg/L (94), solfati 56 (96), cloruri 43 (35), magnesio 19,3 (21), alcalinità 240,0 (250), sodio 34 (32), potassio 5 (3).
Risultato: l’acqua potabile di Rimini, nel secondo semestre 2015, è risultata più “dura”, con più conduttività, più nitrati, più calcio, più solfati, più magnesio, più alcalinità; in vantaggio rispetto a Ravenna, ha meno cloruri, meno sodio, meno potassio.
Nello stesso rapporto ravennate 2008, si possono leggere (Tabella 4) i dati di qualità analizzati nell’acqua del potabilizzatore mobile di Granarolo Faentino: pH 8,1, durezza 18, conduttività 390, nitrati 5, calcio 49,3, solfati 48, cloruri 29, magnesio 9,9, alcalinità 153,6, sodio 13, potassio 2. La durezza e la conduttività sono quasi la metà di quelle di Rimini, idem per calcio, solfati, magnesio e sodio, i restanti dati sono comunque migliori.
Infine, per toglierci uno sfizio, prendiamo un’acqua oligominerale qualunque, di quelle vendute al supermercato, e riportiamo i valori dichiarati (in questo caso provenienti dall’Arpa di Piacenza, data 15 maggio 2015): conducibilità 240, residuo fisso 146, durezza 14,1, calcio 29,2, magnesio 17,1, sodio 1,4, potassio 0,7, solfato 8,1, nitrato 3,2, cloruro 0,8, fluoruro 0,06.
Rispetto all’acqua faentina del 2008, quella odierna del rubinetto di Rimini ha quaranta volte più cloruro, venti volte più sodio, undici volte più solfato, cinque volte più nitrato, il triplo del calcio, quasi il triplo del residuo fisso, più del doppio della conducibilità, il doppio della durezza.

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