Il Comune strepita contro il governo, ma nel progetto iniziale del bando scriveva che “i lavori sono di tipo usuale”, e non “progettualità straordinarie e complesse” come oggi lamenta Gnassi. L’amministrazione fin dall’inizio prevedeva la possibilità di un finanziamento statale inferiore, riducendo i lavori. L’importo di 18 milioni è stato inserito nel bilancio come cosa fatta, due mesi prima che la convenzione con il governo avesse pieno valore giuridico: c’erano di mezzo le elezioni e veniva utile dare l’annuncio di un mucchio di soldi in arrivo da parte del governo Pd. Poi, nel maggio scorso la giunta ha chiesto una proroga di 60 giorni perché il progetto definitivo non era ancora pronto, pur essendo passati due anni.
Scippo, rapina, tragedia: questi sono i toni con i quali il primo cittadino di Rimini ha protestato contro il voto unanime del Senato della Repubblica (270 voti su 270 votanti) all’emendamento sul bando periferie. Ma è giustificato un simile pianto greco? Cerchiamo di darci una risposta indagando i documenti ufficiali, letti in serie storica, sottolineando soprattutto ciò che non è mai stato detto prima ai riminesi, né dal potere politico né dai giornali.
Partiamo dal “Progetto di fattibilità tecnica ed economica” della riqualificazione di Rimini nord (vedi qui), un documento comunale firmato dall’Agenzia Piano Strategico srl e datato agosto 2016.
Vi si legge anzitutto che il progetto per Rimini nord comprendeva le seguenti opere pubbliche su aree di proprietà comunale definite “interventi strategici pubblici”:
1) i nuovi lungomari Nord, e cioè in dettaglio – citiamo dal progetto – “una passeggiata lungomare continua di 6,3 km, con inserimento di percorsi pedonali, inserimento di una pista ciclabile, creazione di piccoli spazi pubblici di accesso e raccordo con la spiaggia, arredi e nuova illuminazione”;
2) l’asse viario a monte, specificatamente “non già la realizzazione di una nuova strada” ma “l’ampliamento in sede della strada a ridosso della ferrovia” già esistente, “di cui 2 km circa sono stati recentemente completati” (siamo nel 2016);
3) la sistemazione dei parcheggi a monte “Mercatale” e “Foglino” (già esistente e riqualificato lo scorso giugno, vedi qui).
Questa la logica economico-finanziaria della colata di asfalto, citando sempre dal progetto dell’Agenzia Piano Strategico per il Comune:
“Dei 18.032.040 € per gli interventi strategici pubblici vengono richiesti sul presente Bando 18.000.000 €, mentre la restante cifra sarà coperta dalla A.C.. Qualora l’entità del finanziamento concesso dovesse essere inferiore a quanto previsto nel quadro economico, si ritiene che l’Amministrazione Comunale dovrà individuare forme di finanziamento autonome per colmare tale divario, ricorrendo al contributo dei privati e a discapito di altri fondamentali interventi per la rigenerazione dell’area, oppure prevedere una riduzione delle aree di intervento”.
Una precisazione fondamentale, sempre dal progetto iniziale: “Gli interventi previsti non richiedono progettazioni specialistiche, in quanto attengono a lavori di tipo usuale per cui sono stati previsti tempi brevi per la progettazione. Inoltre, dal confronto con pratiche analoghe recentemente svolte, da questo livello di progettazione, non emergono particolari rischi derivanti dall’ottenimento delle autorizzazioni sulle tutele archeologica, geologica o bellica; si ritiene quindi che possano essere contratti sia i tempi ad eseguire le opere sia i tempi derivanti da eventi imprevisti in fase esecutiva”.
Successivamente, il Comune aderisce al bando presentando il progetto e qualificandosi al 102esimo posto: tutti i progetti di questo tipo ottengono, sulla carta, un finanziamento statale di 18 milioni di euro ciascuno.
Passa un intero anno. Il 12 dicembre 2017 una determinazione dirigenziale (n. 2929/2017) formalizza gli incarichi di consulenza progettuale a undici professionisti esterni all’amministrazione comunale per un totale di 212mila euro più IVA, ma imputando i singoli impegni di spesa a voci di bilancio già esistenti che non riguardavano il progetto di Rimini nord, bensì altre opere (“rotatoria incrocio via Bramante – via Melozzo da Forlì finanziata con alienazioni”; “attuazione parco del mare lungomare SUD infrastruttura verde urbana – incarichi – finanziata con entrate correnti”). Si tratta quindi di una sostituzione in corsa. Questa determina è importante anche perché specifica: “occorre provvedere ha (sic) procedere con urgenza alla redazione del livello progettuale definitivo al fine di sottoporlo ad approvazione entro il termine di 60 giorni dalla sottoscrizione della convenzione”. In realtà la regola del bando, come recita la delibera di giunta, prevede di “trasmettere, entro 60 giorni dalla registrazione da parte della Corte dei Conti della presente Convenzione, le delibere di approvazione dei progetti definitivi o esecutivi degli interventi” per dare corso ai lavori ed ottenere in seguito i soldi del finanziamento statale.
Il 18 dicembre la giunta Gnassi firma la convenzione con palazzo Chigi (vedi qui), e dà la notizia del futuro arrivo dei 18 milioni, specificando:
“Firmata la convenzione, inizierà subito la fase della progettazione, che si completerà in tempi celeri: entro 60 giorni a partire da oggi sarà elaborato il progetto definitivo, entro i successivi 60 giorni dovrà sarà (sic) pronto il progetto esecutivo. Tutta la progettazione dunque sarà definita in circa quattro mesi. L’obiettivo, una volta approvato il progetto esecutivo ed espletato le procedure di gara, è quello di aprire i primi cantieri nell’autunno 2018”. Ma da parte del Comune, come vedremo, non verranno affatto rispettati i “tempi celeri” promessi.
La convenzione viene sottoscritta digitalmente il 9 gennaio 2018.
Il 30 gennaio 2018 il Comune approva il Piano Esecutivo di Gestione (PEG), che nelle entrate prevede nel corso dell’esercizio 2018 – citiamo – “CONTRIBUTO MINISTERO PER PROGETTO PER LA RIQUALIFICAZIONE URBANA E AMBIENTALE E IL RECUPERO DELLE VOCAZIONI IDENTITARIE DEI LUOGHI DELL’AREA TURISTICA DI RIMINI NORD – BANDO DELLE PERIFERIE”: 18 milioni di euro, sia in “previsione di competenza” che in “previsione di cassa”, in altre parole come se fossero soldi già ottenuti dal Comune.
Il 26 marzo 2018 la convenzione viene registrata da parte della Corte dei Conti. Attenzione alla data: come specifica il documento presentato il 4 settembre dall’ANCI, associazione nazionale dei comuni italiani, nell’audizione delle commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio (vedi qui), “le convenzioni dei 96 beneficiari hanno già iniziato a dispiegare effetti giuridici, consistenti in impegni e obbligazioni, formalmente a decorrere dalla registrazione da parte della Corte dei Conti”, quindi non prima del 26 marzo.
Il 9 aprile la Presidenza del Consiglio dei ministri invia al Comune il decreto di approvazione della convenzione registrata dai magistrati contabili a fine marzo. Contestualmente, palazzo Chigi stabilisce “ai fini del computo delle scadenze previste dall’atto registrato (60 giorni per l’invio dei progetti definitivi o esecutivi), tenuto conto dei tempi necessari per la trasmissione del documento a codesti Enti, si comunica che i 60 giorni decorrono dal 9 aprile 2018 all’8 giugno 2018”.
Il Comune di Rimini in quella fase non è pronto ad andare avanti con i progetti. Infatti, recitano le delibere di giunta, il giorno 8 maggio “il Responsabile Unico del Procedimento aveva avanzato motivata richiesta per la concessione di una proroga di giorni 60”, richiesta approvata il 9 giugno.
Passano due mesi. Il 6 agosto il Senato (presenti 271, votanti 270, favorevoli 270, contrari 0, astenuti 0, vedi qui) vota un emendamento che stringe la maglie sui progetti classificati nel bando periferie (la spiegazione da parte degli esponenti della maggioranza parlamentare qui).
L’8 agosto, ultimo giorno utile per rispettare la scadenza della proroga, alcune delibere di giunta sanciscono l’approvazione del progetto definitivo, che fra l’altro fa salire i costi di 5,5 milioni per un sottopasso, finanziato interamente da Rete Ferroviaria Italiana.
Quello stesso giorno arriva la famosa dichiarazione-fiume di Gnassi contro la presunta “rapina” ai danni di Rimini da parte del nuovo governo. Attenzione alle parole usate dal primo cittadino: “il Senato vota la ‘grande rapina’ alle città e alle loro periferie, Rimini compresa, che stanno portando avanti in tutta Italia progettualità straordinarie e complesse. Sono progettualità concertate e co-finanziate in molti casi, come nel nostro, con un attento e approfondito lavoro”. Ma non è vero niente: il Comune stesso ha scritto nel progetto iniziale che si tratta di “lavori usuali” su strisce d’asfalto o parcheggi in buona parte già esistenti. Anche quella del “co-finanziamento” è un’esagerazione, per non dire di peggio: nel progetto sono previsti 18 milioni di euro a carico dello Stato e soli 32mila euro a carico del Comune, mentre l’ampliamento della Sol et Salus non fa parte del progetto comunale ed è stato previsto fin dall’inizio interamente a carico del privato: è questo che palazzo Garampi ha il coraggio di chiamare “co-finanziamento”? Altro azzardo di Gnassi: “grazie alla PEC ufficiale ricevuta ieri da RFI (sembra incredibile!), il Comune di Rimini ha immediatamente reinviato al Ministero competente il progetto definitivo e cantierabile”. La parola “reinviato” non corrisponde a verità: l’incartamento non era mai stato inviato prima perché prima dell’8 agosto il Comune di Rimini non aveva approvato il progetto definitivo – almeno stando a quello che risulta dall’ufficialità dell’Albo Pretorio -. La controprova è che in data 8 maggio la giunta aveva chiesto 60 giorni di proroga perché non avrebbe fatto in tempo a consegnare il documento entro i tempi previsti dagli accordi. Proroga guardacaso gentilmente concessa in “zona Cesarini” dal governo di Gentiloni, 22 giorni prima di passare la campanella a Conte.
Il 31 agosto sono stati pubblicati, tutti nello stesso giorno, 12 (dodici) progetti esecutivi relativi a vari stralci funzionali delle opere previste.
Il 4 settembre 2018 sono stati pubblicati 6 conferimenti di incarichi “per la redazione dei documenti necessari per la verifica del progetto esecutivo” dei lavori a Rimini nord.
Martedì 11 settembre 2018 ha dichiarato Gnassi: “Non chiediamo nulla di più di ciò che lo Stato ci ha già concesso con convenzioni firmate”; quella del ricorso giudiziario è solo “un’ipotesi”, basata sull’“opinione diffusa tra i legali che una richiesta di risarcimento per progetti già in fase esecutiva, e con lavori integrati già avviati, e altri pronti per essere messi a bando avrebbe ottime probabilità di essere accolta”. Sarà per questo che la giunta aveva fretta in agosto di passare dal progetto definitivo a quelli esecutivi? per avere un’arma in più nella richiesta di risarcimenti? La risposta si avrà con il tempo.
Ma attenzione, perché l’ANCI davanti alle commissioni riunite è stata più cauta: “pare sussistere la possibilità per i 96 beneficiari di attivare ogni iniziativa per far valere responsabilità di carattere amministrativo ed erariale rispetto alla violazione delle regole convenzionali sulla cui base i beneficiari hanno assunto impegni, obbligazioni, sottoscritto contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”. Nel caso di Rimini come si dimostrerà la “violazione delle regole” della convenzione da parte del governo ai danni del Comune? Anche su questo, chi vivrà vedrà, ma non sarà una passeggiata.
Completiamo la cronologia facendo un passo indietro e soffermandoci sul lato prettamente politico, anzi partitico, della faccenda. Vigilia del 4 marzo 2018, il sindaco Gnassi lancia il suo appello agli elettori dicendo (vedi qui): “A chi andrà il mio voto domenica è noto. Con quale criterio votare a Rimini chi mandare a Roma? Scegliere guardando ai fatti … Se sul territorio riminese sono arrivati 18 milioni di euro sul bando periferie per riqualificare l’area da Torre Pedrera a Rivabella … questo lo si deve anche al lavoro portato avanti da Tiziano Arlotti e Sergio Pizzolante, a Roma per Rimini”. Ai primi di marzo la convenzione Comune-Governo non era ancora stata registrata dalla Corte dei Conti, quindi i soldi erano ben lontani dall’essere “arrivati”. Forse sarà anche per questo che, con il voto del 4 marzo, è stato il Pd a finire in periferia.
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