Preparatevi a chiamarla Regina Patrizia I del Commonwealth alberghiero riminese

Preparatevi a chiamarla Regina Patrizia I del Commonwealth alberghiero riminese

Ma sarà vero che in vista del rinnovo dei vertici di Aia, il prossimo 10 maggio, ci sarebbe solo una candidatura alla presidenza, quella di Patrizia Rinaldis? Noi non ci crediamo.

Ancora non supera Fidel Castro né Kim Il-sung, però mai dire mai. In fatto di durata sullo scranno di comando al momento polverizza Xi Jinping, che è tutto dire.
In principio Patrizia Rinaldis è diventata presidente di Aia Federalberghi Rimini qualche settimana prima che a palazzo Chigi si insediasse Romano Prodi con l’Ulivo, che nel frattempo è morto di una sinistra Xylella, quando Napolitano diventava presidente della Repubblica, in America regnava George W. Bush e a capo della Chiesa c’era da appena un anno papa Ratzinger. Accadeva nel 2006 e dunque da ben 17 anni non la schioda nessuno. Ma Patrizia Rinaldis era salita al vertice dell’associazione albergatori dopo avere ricoperto il ruolo di vice presidente per sei anni, almeno così si legge nel curriculum, mentre alla stampa ha dichiarato: «ho fatto da vice per nove anni a Maurizio Ermeti» (ME, ormai stratega ben più che del turismo e su scala romagnola, a Rimini quasi sindaco in seconda).
Non una vita da mediano, quella di Patrizia Rinaldis, ma da capitano, con la fascia “AIA” al braccio. Per sorvolare poi sui vari incarichi: in Apt, Camera di commercio, Aia servizi, Federalberghi regionale e nazionale, addirittura consigliera nel Gal Valli Marecchia e Conca.
«Non lascio la presidenza, mi ricandido per l’ultimo mandato»: così titolava il Carlino il 10 maggio 2018 l’intervista a Rinaldis alla vigilia della quarta riconferma (fino a quell’anno i mandati avevano durata triennale, poi sono passati a cinque), e quella volta almeno c’era una corsa a due.
A chi le faceva notare che era arrivata al traguardo dei dodici anni in sella, lei rispondeva serafica: «vero, per questo credo che sarà il mio ultimo mandato».
Ma sarà il suo ultimo mandato? Si vota il 10 maggio ma al momento pare, e sottolineiamo pare, che di candidature ci sia solo la sua. Possibile? Come nella Cina di Xi? Pensate che si prepari a raggiungere quota ventidue anni di presidenza? Ma no che non è possibile… Noi non ci crediamo. Dovremo cominciare a chiamarla Regina Patrizia I del Regno alberghiero da Miramare a Torre Pedrera e degli altri reami del Commonwealth riminese. Che andrebbe anche bene se non fosse per il titolo troppo lungo da infilare in un curriculum. E poi finirebbe per surclassare anche Manlio Maggioli, che tenne lo scettro della Camera di commercio di Rimini per un ventennio. E questo non va bene.
Dunque, a sette giorni dall’assemblea convocata all’Hotel Waldorf, chiamata anche al rinnovo delle cariche sociali (Cda, sindaci revisori e probiviri), aleggiano alcuni giganteschi interrogativi: Patrizia Rinaldis entrerà presidente e uscirà Regina? E questa volta cosa dichiarerà ai giornali: che sarà un altro «mandato di cambiamento», come disse nel 2018? Dopo tutte le rivoluzioni che ha già compiuto in 17 anni, altri 5 anni di cambiamenti? Non sarà troppo?
E dopo aver parlato per tanto tempo al cervello dei suoi associati e della città, adesso si deciderà finalmente anche a rivolgersi un po’ all’intestino tenue e a quello crasso, come invece aveva assolutamente escluso, sempre nel 2018? Ah, non ricordate quel passaggio cruciale? Eccolo qui per gli smemorati: «Per dirigere un’associazione come l’Aia servono buone intenzioni ma anche preparazione, relazioni, tempo da investire. Non basta parlare alla pancia». Però a pensarci bene quell’intervista potrebbe tornare in pagina con variazioni minime, quasi insignificanti, praticamente andrebbe aggiornata la data e niente più. Perché i cavalli di battaglia della presidente di cinque anni fa sono ancora tutti lì: dai «Condohotel» al «problema dei prezzi assurdi», dalla necessità di un aeroporto internazionale all’altezza di questo blasone alla centralità della «nuova legge urbanistica per facilitare le ristrutturazioni». E forse anche il titolo sarebbe da mantenere tale e quale: «mi candido per l’ultimo mandato». Ultimo, ultimo? Chissà, diciamo a data da destinarsi.

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