Sanità eccellente: la chirurgia senologica di Santarcangelo

Sanità eccellente: la chirurgia senologica di Santarcangelo

Intervista ad dottor Domenico Samorani.

Professionalità, risultati giganteschi ma anche una particolare attenzione al vissuto delle donne impegnate nella battaglia contro il carcinoma della mammella. Il direttore del reparto di senologia spiega nel concreto l'unicità dell'esperienza in atto. Diventata un modello anche oltre i confini nazionali.

Ad entrare nella chirurgia senologica dell’ospedale Franchini di Santarcangelo si avverte un “clima” familiare, improntato all’accoglienza. L’organizzazione, la pulizia, l’ordine, si toccano con mano. Ma quello che filtra è soprattutto una realtà vitale contrassegnata dal rapporto umano fra l’equipe medica e le pazienti.

I risultati conseguiti ne fanno una eccellenza non solo in ambito romagnolo. Tanto che per “difendere” questa esperienza, innovativa e all’avanguardia, dalla riorganizzazione voluta dalla Asl Romagna, in tanti sono scesi in piazza e le donne del “Punto Rosa” guidate da Patrizia Bagnolini hanno raccolto la bellezza di 40mila firme. Ma i piani calati dall’alto non si sono fermati nemmeno davanti a tanta agguerrita mobilitazione: la cosiddetta riorganizzazione è andata avanti, anche con l’avallo dell’amministrazione comunale di piazza Ganganelli, prevedendo un’unica “unità operativa complessa” con sede a Forlì, della quale Rimini (con Santarcangelo) è una delle due “unità operative semplici” insieme a Ravenna.

Il responsabile della chirurgia generale e senologica del Franchini è il dottor Domenico Samorani (nella foto). E’ lui che guida questo “faro” della sanità romagnola, dopo avere affiancato il dottor Franco Barbanti, che negli anni 90 è stato un punto di riferimento, precursore della chirurgia della mammella nel territorio riminese, oltre che forlivese. Molto prima della nascita della chirurgia senologica a Forlì, avvenuta nel 2006, Santarcangelo ha segnato la strada, e anche per questo si sarebbe meritata una maggiore considerazione da parte della Asl Romagna.

Abbiamo incontrato il dottor Samorani e gli abbiamo chiesto di ripercorrere con noi le tappe che hanno portato la chirurgia senologica a diventare quello che oggi è, per riconoscimento unanime e trasversale, cercando anche di coglierne i segreti del successo.

Cominciamo dal metodo per identificare il linfonodo sentinella, una novità molto importante nella cura del carcinoma mammario.
“Nel 2012 ho redatto un protocollo per l’individuazione del linfonodo sentinella e mettere a confronto questa metodica, che prevede l’utilizzo del verde indocianina, con quella in uso, cioè l’utilizzo del Tecnezio 99. Nel 2014 questi studi sono stati validati e pubblicati sulla rivista scientifica European Journal of Surgical Oncology. Per la prima volta è stato introdotto questo colorante biologico, il verde indocianina, appunto, che iniettato sottocute in sala operatoria subito dopo l’induzione della anestesia generale, raggiunge in pochi minuti il linfonodo sentinella che si trova nell’ascella. Sempre nel 2014 la commissione scientifica dell’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco, ndr), in considerazione dello studio pubblicato sulla rivista scientifica, ha validato il metodo, che è stato quindi inserito nella Gazzetta Ufficiale”.

Qual è la differenza con la metodica classica?
“L’identificazione del linfonodo sentinella si differenzia dalla metodica classica che prevede l’iniezione di un tracciante radioattivo il giorno primo dell’intervento, da effettuare in medicina nucleare a Cesena, dove quindi la paziente deve recarsi appositamente, trattenersi almeno due ore in reparto, e quando torna a casa non deve avere contatti coi familiari. L’efficacia della nuova metodica si è dimostrata uguale e in alcuni casi superiore rispetto a quella col Tecnezio radioattivo. Due anni dopo, nel 2016, abbiamo pubblicato un altro studio che confrontava i costi delle due metodiche: su 300 pazienti, il trattamento con il verde indocianina consente un risparmio di 250 mila euro”.

Come è stata accolta questa novità?
“Appena lo studio è stato pubblicato nelle riviste scientifiche, la nuova tecnica ha avuto un campo di applicazione immediato in molte altre specialità chirurgiche: i tumori dell’apparato genitale femminile, del colon, del fegato, i melanomi della pelle, ed ha permesso di ottenere gli stessi risultati in termini di guarigione ma con una minore invasività, evitando l’asportazione dei linfonodi regionali degli organi colpiti da neoplasia. Sintetizzando si può dire che se il linfonodo sentinella risulta negativo, si evita alle pazienti una inutile dissezione ascellare o lombo-aortica, a seconda di dove sono insediati i tumori”.

Tutto questo ha dato anche una notorietà internazionale alla chirurgia senologica di Santarcangelo.
“Direi di sì. Sono stato invitato come relatore a presentare i risultati di queste metodiche nei più importanti congressi italiani e internazionali. Nel 2013 ad uno dei più qualificati congressi di chirurgia della mammella, a Chicago, a cui ho partecipato fra gli altri insieme al prof. Umberto Veronesi. Nel 2015 a Pechino all’ottavo congresso mondiale sul cancro, ma anche a Londra, a Barcellona… In Italia al congresso biennale di Firenze (“Attualità in senologia”)”.

Oltre agli aspetti descritti, in cosa si distingue la chirurgia senologica in ambito romagnolo?
“E’ l’unica in Romagna ad avere la radioterapia intraoperatoria, che oggi è praticata in tutti i grandi centri ed è diventata una consuetudine per le donne affette da piccoli tumori. Permette di evitare un mese di radioterapia post operatoria, con tutte le complicanze che questo comporta.
Siamo stati tra i primi in Italia a ricostruire interamente la mammella iniettando il grasso autologo, dopo averlo aspirato dal sottocute dell’addome e centrifugato eliminandone la parte liquida. I risultati di questo tipo di ricostruzione sono stati pubblicati nella più importante rivista di chirurgia plastica e anche in questo caso siamo stati chiamati a presentare i nostri risultati a Barcellona, proprio quest’anno, la città che ospita il più significativo congresso europeo di chirurgia plastica”.

Nel reparto diretto da Samorani è stata introdotta anche la cuffia che raffredda il cuoio capelluto durante la chemioterapia

Quali riconoscimenti avete ottenuto?
“Nel 2015 abbiamo ottenuto la certificazione di qualità da parte di Eusoma (European Society of Mastology), l’organismo scientifico che a livello europeo certifica le breast unit (senologie), in base ad una serie di indicatori di qualità che vanno dalla fase della diagnosi fino al trattamento della patologia neoplastica. Tutto deve rispondere a standard qualitativi elevati.
A fronte, poi, di alti numeri di pazienti che vengono operati per il tumore della mammella, circa 370 all’anno, siamo l’unico centro senza liste d’attesa, perché molto al di sotto dei 30 giorni che per legge non andrebbero superati.
Abbiamo il Dignicap, il casco refrigerante che evita la caduta dei capelli durante la chemioterapia, acquistato grazie alla raccolta di fondi (60mila euro) realizzata da “Punto Rosa”. Non è un particolare secondario, perché la caduta dei capelli è vissuta come una grave sofferenza dalle donne”.

Insomma, professionalità, risultati giganteschi ma anche una particolare attenzione al vissuto delle donne impegnate nella battaglia contro il carcinoma della mammella.
“Direi che il mio impegno di ogni giorno nasce da una passione per il bene di tutti, perché la salute è un fattore fondamentale del bene comune, e ritengo che i risultati vadano oltre ogni aspettativa. E, tengo a sottolinearlo, sto parlando di risultati che sono davvero il frutto di un lavoro di squadra”.

Fin qui il dottor Samorani. Resta qualche interrogativo da porre: perché una perla come quella della Chirurgia senologica di Santarcangelo invece di venire assunta dalla sanità romagnola come modello da valorizzare e magari esportare, viene penalizzata? Oltre alla “dipendenza” da Forlì, nei piani della Asl per il Franchini c’è anche il progetto dell’Osco, ospedale di comunità, che se realizzato graverebbe sulla chirurgia senologica. Perché la sanità pubblica di fatto fa sì che in Romagna ci siano donne di serie A e di serie B? Quelle che hanno oltre 60anni d’età e che abitano in territori vicini (Cesena, Savignano, Forlì, Ravenna), colpite da carcinoma mammario, vengono ancora sottoposte alla radioterapia post operatoria anziché beneficiare della metodica in uso a Santarcangelo, cioè la radioterapia intraoperatoria. Quanto si risparmierebbe dal punto di vista economico, delle liste d’attesa e dei disagi fatti subire alle donne?

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