Scusi ma lei la paga la TARI?

Scusi ma lei la paga la TARI?

E’ di questi giorni l’iniziativa di Confcommercio tesa a sensibilizzare l’opinione pubblica ed i propri associati sulle distorsioni che si registrano nell’applicazione della TARI da parte delle pubbliche amministrazioni. La presa di coscienza che ha coinvolto le associazioni di categoria non può trovare impreparati i Comuni.

A questa domanda, parafrasata dal titolo di un film della coppia Franco e Ciccio, la maggioranza degli imprenditori, esercenti e professionisti risponderebbe oggi convintamente di pagare una cifra spropositata.
La confederazioni e le associazioni di categoria, avvertite le difficoltà economiche ed il disagio nel quale vengono a trovarsi i propri associati, hanno iniziato a monitorare, registrare e documentare le distorsioni che il sistema della tassazione locale assume nei confronti degli operatori stessi.
E’ di questi giorni l’iniziativa di Confcommercio che ha inteso attivare un portale web dedicato a monitorare il peso delle tasse locali e della tassa rifiuti in particolare. Sul sito web www.osservatoriotasselocali.it sono pubblicate informazioni, supportate anche da grafici, in grado di rappresentare il confronto tra i costi del servizio della TARI rispetto ai costi calcolati con il metodo normalizzato, arrivando così a dimostrare la contraddittoria ed ingiustificata crescita, negli anni, dei costi della tassa sui rifiuti.

Obiettivo dell’iniziativa è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica ed i propri associati sulle distorsioni che si registrano nell’applicazione della TARI da parte delle pubbliche amministrazioni e di fornire loro strumenti utili ad avviare un’interlocuzione più efficace e consapevole con tali amministrazioni.
L’analisi di Confcommercio è stata ripresa dai principali quotidiani italiani che hanno dato evidenza del paradosso osservato dallo studio dove, alla diminuzione dei rifiuti prodotti, ha corrisposto l’effetto contrario del rincaro dei costi della TARI (Corriere della Sera “Meno rifiuti ma la TARI rincara del 70%”; Il Tempo “Tari, il nemico ti spolpa”; La Gazzetta del Mezzogiorno “Tari, un vero e proprio salasso dal 2010 è aumentata del 70%”; La Verità “La Tari è salita del 72% in sette anni eppure produciamo meno rifiuti”).

Lo studio individua nelle seguenti cause le ragioni dei “salassi”:
1 L’inefficienza del servizio dovuta al mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata;
2 Lo scostamento esistente tra i costi dei Piani Economici Finanziari (sui quali sono calcolate le tariffe) ed i costi standard (costi teorici);
3 Le distorsioni nell’applicazione dei regolamenti comunali della TARI (mancato riconoscimento delle esenzione di quelle aree nelle quali si producono rifiuti speciali smaltiti a carico delle imprese);
4 La mancata esclusione delle aree a bassa produttività o meglio il mancato riconoscimento di adeguate riduzioni all’imposta;
5 La mancata considerazione della stagionalità;
6 L’utilizzo di coefficienti presuntivi dei rifiuti di valore massimo;
7 L’eccessiva discrezionalità nell’applicazione della tassa rispetto alle linee guida del Ministero;
8 Scostamenti sproporzionati delle tariffe, per la stessa tipologia economica, nel confronto tra le diverse zone territoriali (Comuni, Province, Regioni).

Le cause individuate da Confcommercio trovano conferma anche in altre analisi, svolte nei mesi precedenti, di altre confederazioni come ad esempio lo studio della Confesercenti di Cesena che nell’ottobre scorso aveva evidenziato:
a) Distorsioni nel costo della tassa, sproporzionato rispetto alla effettiva quantità di rifiuti prodotti dalle aziende;
b) Un metodo di calcolo della tariffa non adeguato all’evoluzione del sistema di gestione dei rifiuti;
c) Il mancato riconoscimento della ridotta quantità di rifiuti per alcune attività;
d) L’assenza di uniformità nelle tariffe tra Comuni confinanti;
e) Il disequilibrio esistente tra rifiuti prodotti dal settore domestico rispetto a quello del non domestico.

Inoltre, nell’ambito delle utenze domestiche un recentissimo studio della scorsa settimana della Società Crif Ratings di Bologna ha posto l’attenzione al fatto presunto che una famiglia su cinque non paga la tassa sui rifiuti (titolo del quotidiano economico Italia Oggi del 20 luglio “Rifiuti, la Tari è l’imposta più evasa in Italia: una famiglia su 5 non la paga”).

La grande attenzione che Confederazioni, Associazioni e Professionisti stanno dedicando al sistema della tassazione sui Rifiuti, per meglio tutelare i propri associati e clienti, non può trovare impreparata la Pubblica Amministrazione nella gestione della Tari, nella determinazione delle tariffe e nell’adottare Regolamenti efficaci e consapevoli.
La normativa della TARI ha aspetti complessi e specifici che se male interpretati od applicati possono determinare effetti distorsivi e pericolosi nella gestione delle aziende ed, al contrario, avere conseguenze anche sulle Pubbliche Amministrazioni e quindi sulle famiglie che pagano la quota riferita alle utenze domestiche.
Una particolare attenzione la si deve riservare al presupposto normativo della tassa sui rifiuti che, contrariamente a quanto si può pensare, non è il principio di “chi inquina paga” ma è individuato nella suscettibilità di produrre rifiuti dei locali od aree occupate, ovvero a disposizione, dei soggetti passivi. Questo significa che si ha una sorta di presunzione legale sulla produzione dei rifiuti urbani mentre, tale presunzione diventa concreta e reale quando si tratta di individuare quali sono le aree da sottrarsi a tassazione in quanto, su tali superfici, si ha la produzione dei rifiuti speciali che, per legge, sono smaltiti a cure e spese di chi li produce.

Altri aspetti rilevanti per la determinazione del peso della tassa sui rifiuti sono: il PEF (Piano Economico Finanziario) e quindi i costi fissi ed ai costi variabili della gestione dei rifiuti urbani; l’individuazione e l’utilizzo dei coefficienti presuntivi della produzione dei rifiuti dai quali dipendono le relative tariffe calcolate, l’adozione di norme regolamentari in grado di disciplinare specifiche caratteristiche delle attività economiche e/o abitative presenti nel Comune ed infine dal dotarsi di banche dati complete ed aggiornate necessarie ed indispensabili nella condivisione delle informazioni con i contribuenti e per il controllo del dichiarato.

La presa di coscienza che ha coinvolto le associazioni di categoria nell’assumere un ruolo di primo piano nel monitorare i criteri di determinazione delle tariffe e di applicazione della TARI, al fine di fare emergere le distorsioni applicative in cui sono incorse molte Amministrazioni Locali, dovrà trovare una corrispondente reazione/collaborazione nella PA soprattutto per evitare possibili conseguenze ai bilanci comunali od anche rendere iniqua la tassa sui rifiuti che grava sulla utenze domestiche.
Una situazione diversa la stanno vivendo le Aziende e le famiglie di quei Comuni che hanno introdotto la tariffa puntuale e che, in questo caso, si trovano a confrontarsi con il principio di “chi inquina paga”. Qui il problema si sposta sulla possibilità di organizzare un perfetto piano di raccolta e misurazione puntuale dei rifiuti prodotti e di controllo tempestivo del corretto smaltimento da parte dei contribuenti presenti nell’ambito territoriale di riferimento. E’ di tutta evidenza che tali fattori, se non ben controllati, possono determinare costi maggiori ed iniqui per i cittadini.

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