Tanti saluti ai nostri soldi

Tanti saluti ai nostri soldi

Le boe luminose sono state smantellate dopo poco più di un anno. Costo: 50mila euro. Le gigantografie di Cattelan giacciono in qualche deposito dei musei comunali. Costo: 100mila euro. La casetta dei matrimoni è stata utilizzata 26 volte in quattro anni. Costo: 120mila euro. Non sarebbe meglio spendere le risorse pubbliche per riportare al suo antico splendore la grande macchina fotografica (che ieri è approdata in consiglio comunale) nei pressi del Grand Hotel?

Si è concluso da pochi giorni lo smantellamento dell’installazione luminosa denominata “208”, progetto curato da Maria Cristina Didero. Adagiata sulla superficie della Piazza sull’Acqua a ridosso del Ponte di Tiberio, 208 è un’opera del disegnatore Gio Tirotto, rimasta in acqua dal dicembre 2020 ad aprile 2022, quindi per poco più di un anno e quattro mesi. Quanto sarà costata l’iniziativa a vocazione scenografico/promozionale varata da Palazzo Garampi?

“Il costo complessivo dell’installazione (progettazione, installazione e smontaggio) è di 50.000 euro, al lordo dell’IVA”, risponde l’amministrazione comunale a specifica domanda di Rimini 2.0. “L’installazione temporanea faceva parte del programma artistico del capodanno più lungo del mondo edizione 2020 e come previsto dall’artista fin dalla sua origine, l’installazione era stata progettata (e realizzata) per essere temporanea e quindi smontata entro un periodo relativamente breve. Gli oggetti erano stati infatti pensati e costruiti per essere disassemblati (separando i materiali) e poi smaltiti secondo le regole previste per i singoli materiali. Le ancore e le catene metalliche sono state consegnate all’associazione Marinando e alla Mutoid Wast Company affinché possano essere utilizzate per attività nautiche con finalità sociali e per installazioni artistiche”. Essendo le boe 208, l’importo per ogni galleggiante luminoso ammonta a circa 240 euro. Questo per un impiego che si aggira intorno ai 509 giorni, minuto più, minuto meno.

Ora però vorrei andare con la memoria al caldo 1° luglio del 2015. È il giorno in cui si inaugurano ufficialmente alcune gigantografie piazzate in punti strategici di Rimini a scopo promozionale. Per la precisione si tratta di otto scatti attinti dagli archivi della rivista Toiletpaper, selezionati dall’artista Maurizio Cattelan e dal fotografo Pierpaolo Ferrari “per catturare i significati simbolici della città”. Al riguardo, un locale blog riporta alcune considerazioni del sindaco di allora. Leggendo il resoconto, Andrea Gnassi appare come da tradizione molto cauto nelle dichiarazioni e piuttosto frenato dall’innata umiltà. Ecco un breve estratto delle sue parole, il cui pregio è di non essere affatto assertive. “Rimini non ha scelto Cattelan né Cattelan ha chiesto a Rimini, ci siamo trovati, forse grazie alla curiosità e al coraggio reciproco”. La parte finale registra un paio di affermazioni, come da consuetudine, pervase dall’austera modestia del sindaco: “Nel mondo si parlerà di Rimini e Rimini stessa dibatterà sul linguaggio dell’arte, sulla irruzione dell’arte contemporanea nella storia della città, nella sua carne viva. Si discuterà d’arte nel mondo e in Italia grazie a Rimini”. Tutto ciò si è rivelato così vero, e talmente concreti sono stati i circa 100.000 euro spesi che se scrivo è per rimarcare la monastica frugalità e l’oculatezza degli investimenti in cui i riminesi sono stati coinvolti, loro malgrado. Le opere giacciono da qualche parte nei ripostigli in dotazione dei Musei comunali.

Del resto, a conferma di quanto appena detto, un paio di anni dopo, la stessa Amministrazione si inventa la “Casa dei matrimoni”, progetto che comprende alcuni altri marginali interventi nei dintorni, costato circa 120.000 euro, come specificato dall’assessore ai lavori pubblici Mattia Morolli. Mentre sulla languida casetta di legno sferzata dalla salsedine ammutolisco per pudore, e non intendo entrare nel merito artistico e scenico del tappeto di boe da 50.000 euro e nemmeno in quello delle mega cartoline targate Cattelan, costate più del doppio, mi permetto invece di esprimere un parere sul metodo, ammesso che ce ne sia uno, di impiego delle risorse economiche. Dunque, per l’insieme delle tre operazioni si sono spesi all’incirca 270.000 euro. Data la scarsa, se non nulla, richiesta di utilizzo, dalla somma defalchiamo per pietà verso noi stessi i 120.000 della casa dei matrimoni. In quattro anni, dal ’18 a tutto il ’21, è stata impiegata 26 volte. Solo? Sì. A causa della pandemia, come fa sapere Palazzo Garampi. Praticamente è fuori concorso. L’assessore Morolli però puntualizza che “sui canali Instagram e Pinterest è la casa dei matrimoni più fotografata nell’Europa del sud”. Evvai!

Riguardo alle altre due operazioni promozionali, la domanda è questa: non sarebbe stato più saggio impiegare quei 150.000 euro per migliorare beni già disponibili, a portata di mano, validi e bisognosi di restauro? Penso all’autentico, vero monumento al Turismo di Rimini. Mi riferisco e chiedo scusa se mi ripeto, ma è un pallino che so essere condiviso da molti concittadini, alla Ferrania Condor II del parco Fellini, la mastodontica macchina fotografica disegnata e costruita negli anni ’50 dal pennese Elio Guerra con la collaborazione del fratello e di alcuni amici. Non è dato conoscere il numero di persone che durante i pochi mesi di permanenza sono state raggiunte dal messaggio pubblicitario rappresentato dalle otto cartolone di Cattelan o dalle 208 lucciole anfibie di plastica, ma credo che tutti noi, passando davanti alla Ferrania abbiamo invariabilmente notato qualche turista puntarle addosso un obbiettivo. È facile dedurre come quelle immagini mostrate a familiari e conoscenti abbiano rappresentato un formidabile veicolo pubblicitario a bassissimo costo. Questo si ripeterà se la grande macchina fotografica sarà restaurata come necessita.

Nel consiglio comunale di ieri Stefano Murano Brunori (Gloria Lisi per Rimini) ha interrogato la giunta intorno al tema delle “strutture abbandonate e non valorizzate della città”, inserendoci anche la Ferrania (“ha fatto la storia di Rimini, immortalata da milioni di turisti ma in questi giorni tanti alpini la ammireranno nel suo degrado”) e la casetta dei matrimoni. “Cosa intende fare l’amministrazione comunale per riportarla a nuovo splendore?”, ha chiesto Brunori rivolto al sindaco e all’assessore competente. Rispostina dell’assessore ai lavori pubblici: «attualmente c’è un lavoro dell’assessorato per capire come utilizzarla, con la volontà di dare una riqualificazione di servizi a questo immobile». Morolli ha aggiunto che è stata acquisita dall’amministrazione “nel 2017”, ma la targa apposta sulla macchina fotografica indica nel 2004 il “dono al Comune di Rimini” da parte di Laura Renzi e Ario Rastelli.

La Ferrania in questi giorni si trova “stretta” fra gli allestimenti per l’adunata degli alpini.

La Condor II oggi si presenta smorta, sicuramente maltrattata dai vandali e forse non troppo curata da chi invece dovrebbe farlo, ma è sempre là a rappresentare Rimini, da una settantina di anni. È mia convinzione che ci siano pochi mezzi pubblicitari che in proporzione ai costi, risultino altrettanto efficaci.
Un adeguato intervento di restauro costerà più di 150.000 euro? Credo di no. Perché dunque non concentrarsi sulle risorse esistenti anziché avventurarsi in onerose operazioni il cui ritorno pubblicitario effettivo è tutto da dimostrare?

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