Terza sconfitta giudiziaria in soli otto mesi per il pretestuoso cavillo sollevato da ATERSIR. Il conto lo pagano i contribuenti

Terza sconfitta giudiziaria in soli otto mesi per il pretestuoso cavillo sollevato da ATERSIR. Il conto lo pagano i contribuenti

Nel tentativo di escludere gli spagnoli dalla gara del ciclo idrico di Rimini - una torta da 2,4 miliardi che fa gola a molti - l’agenzia tecnico-politica dove siede il segretario Pd Giannini ha buttato al vento 63mila euro in spese legali (per ora).

Un ricorso, benché limitato a “chiarimenti”, inammissibile: ATERSIR perde definitivamente la causa rimediando così il record di tre sconfitte giudiziarie in soli otto mesi sul caso Acciona Agua.
Parliamo dell’ultimo strascico, negativo per l’agenzia regionale di regolazione dei servizi acqua e rifiuti, nella controversia davanti ai giudici amministrativi sul bando di gara del ciclo idrico a Rimini.

Come i lettori ricorderanno, un articolo di Riminiduepuntozero ha scoperchiato il caso della super-azienda iberica Acciona Agua che nel 2016 era stata indebitamente esclusa, da parte di ATERSIR, dalla gara pubblica di oltre 2,4 miliardi di euro di valore (il presidente di ATERSIR ci inviò anche una replica).
Il tutto per un cavillo sollevato ATERSIR, la formula “e per essa” che secondo l’agenzia pubblica non chiarificava chi fossero gli imprenditori di Acciona Agua. Spieghiamolo più in dettaglio: la frase usata nel modulo di adesione alla gara, secondo ATERSIR “non configurava la indicazione del legale rappresentante della concorrente, e quindi dava luogo alla irregolarità della domanda di partecipazione”. Ma siccome, fra l’altro, i proprietari dell’impresa sono noti in tutto il mondo, sia il TAR in primo grado, sia il Consiglio di Stato avevano ritenuto insussistente questa inezia sollevata dall’ATERSIR, dando ragione agli iberici e determinando così la loro riammissione alla gara miliardaria.

Eppure l’agenzia tecnico-politica bolognese – nel cui consiglio siede, fra gli altri, il segretario provinciale del Pd riminese Stefano Giannini – non contenta della prima sconfitta, si era nuovamente appellata al secondo grado per chiedere “chiarimenti” sull’ottemperanza della sentenza. Riteneva infatti ATERSIR che ci fosse una mancanza di chiarezza da parte dei due gradi del giudizio amministrativo, su quale legge applicare per la regolarità della procedura di gara.
Di recente è stato reso pubblico il terzo “schiaffo” consecutivo, del cui dispositivo pubblichiamo di seguito la parte saliente, per gli appassionati di contese giudiziarie.

«Il riferimento al “vecchio” codice appalti nella sentenza di questo Consiglio della cui ottemperanza si discute ricorre, invero, più volte, come correttamente segnalato dall’Agenzia ricorrente. Tuttavia va osservato che tali riferimenti, nella quasi totalità dei casi, occorrono laddove la sentenza si limita a citare gli atti della gara e quelli delle parti nella successiva controversia, nella loro dimensione, per dir così, storica. L’unica eccezione è rappresentata dal brano sopra citato che peraltro, nel quadro del percorso motivazionale che ha indotto il Collegio a rigettare l’appello, appare configurarsi quasi come un preterea dictum. In sostanza, cioè, non sembra possibile affermare che la sentenza n. 3450 del 2017, nel suo decisum e nel percorso motivazionale che vi ha condotto, si sia voluta pronunciare espressamente – ovvero abbia ritenuto necessario farlo, ai fini di dare risposta all’appello – sul punto della disciplina applicabile alla procedura di gara in termini difformi da quanto statuito dal Giudice di primo grado, al di là della pronuncia sul petitum, strettamente circoscritto al soccorso istruttorio e alla successiva esclusione di Acciona.
Si può altresì osservare, incidenter tantum, che né il Giudice di primo grado né questo Collegio hanno argomentato la loro decisione con riferimento al dato – invero non menzionato da nessuna delle due sentenze – della coincidenza fra data di entrata in vigore del “nuovo” codice appalti e pubblicazione del bando della gara de qua, ovvero con esplicito riferimento al fatto che Acciona nell’originario ricorso invoca il “vecchio” codice appalti e, nei motivi aggiunti, tanto il “vecchio” quanto il “nuovo”; e che nella sostanza, tanto il “vecchio” quanto il “nuovo” codice appalti appaiono condurre, per la soluzione della controversia oggetto delle due sentenze, alla medesima conclusione.
L’effetto conformativo del giudicato conseguente alla pronuncia di questo Consiglio, in definitiva, non si estende alla determinazione della disciplina da applicarsi complessivamente alla procedura di gara, oggetto della richiesta di chiarimenti della ricorrente, la soluzione di tale questione appartenendo pertanto all’ambito proprio dell’Amministrazione. In questi termini, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.»

In sintesi, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso dell’ATERSIR perché: 1) tanto la vecchia quanto la nuova legge arrivano alla stessa conclusione circa la controversia sollevata; 2) ad ogni modo, quale sia la disciplina da applicare alla gara non lo decide il collegio giudicante (il che equivale a dire che l’agenzia regionale non può scaricare il barile sul Consiglio di Stato, ma deve attenersi alla legge che c’è, punto e basta).

Per tutta questa manfrina, il contribuente ha sborsato – per ora e scongiurando altre evenienze – la bellezza di 63 mila euro. Infatti, il compenso previsto da ATERSIR per il consulente legale è di 51mila euro, di cui 36mila già versati nel 2016, più 12mila euro corrispondenti ai contributi unificati che erano stati pagati da Acciona Agua per le due prime cause vinte dagli iberici, e che ATERSIR ha deliberato in ottobre di riconoscere nei debiti fuori bilancio. Per non parlare del costo sociale e complessivo della gara, bandita nella primavera 2016 e rimasta al palo.

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