Se c'è un assessore all'ambiente dovrebbe significare che suo compito è quello di farsi carico dei problemi ambientali. Almeno di quelli più volte segnalati. Invece... Il nostro cronista ha perso la pazienza. Non sa più a chi rivolgersi. Gli resta solo l'istituto della grazia (di ascolto) al Presidente della Repubblica.
Questa pacata, ma ferma protesta è per dovere di cronaca. Ma non solo. E’ per osservare che essere gentili e ascoltare i cittadini è meritorio, ma non sufficiente. Pensavo e ritengo tuttora che chi ha le redini di un settore della pubblica amministrazione debba dire «move your ass» (come vuole l’idioma d’oltre Manica; muovi il sedere, in italiano) a chi ha il dovere ed è pagato per farlo. Il 13 giugno scorso incontro l’assessore Anna Montini. Mi presta attenzione, prende personalmente e fa prendere appunti a una collaboratrice. Mi viene chiesto se sono in grado di fornire una documentazione fotografica in merito ad alcune situazioni di degrado urbano che mi è capitato di segnalare. In “faretra” non ho altra abbondanza: invio tutte le “frecce” il giorno stesso. Sono ricorso all’assessorato all’Ambiente perché le strade percorse in precedenza sono confluite in uno sterile vicolo cieco. Apro e chiuderò in fretta la parentesi “rifiuti consolare Rimini-San Marino”.
Segnalare rifiuti abbandonati? Peggio di una caccia al tesoro
Non intendo riacutizzare l’orchite che temo di avere provocato ai lettori con un argomento proposto più volte. Però, se permettete, un pensiero pietoso va anche al mio scooter. A causa dei numerosi tragitti Rimini-Dogana-Rimini per verificare se quel famoso «ass» fosse stato dimenato, si ritrova con i battistrada delle gomme totalmente “piallati”. E il sottoscritto, pure. Dalla prima indicazione sono trascorsi più di novanta giorni, decine di foto scattate (datate, a disposizione di chiunque lo voglia) e un incontro con l’assessore Montini. Risultati?
Tranne alcune macerie rimosse da Hera in via Simonini e una mezza dozzina di vecchi copertoni sulla Strada Consolare poco prima di Dogana, inopinatamente fatti sparire da non si sa chi, il resto dei rifiuti è ancora là, in attesa di ruzzolare verso il sottostante corso d’acqua. Quanti di essi sono già a mollo nelle chiare e fresche acque?
In merito all’armadietto bianco e al tubo al neon, una novità c’è: sono stati ricoperti dal caritatevole velo della vegetazione circostante. Ma restano inchiodati là. Per vederli basta scostare l’avvolgente coltre verde. Se l’assessore Montini ha esercitato la propria autorità per smuovere chi di dovere perché “chi di dovere” se n’è fregato? Meglio chiudere il capitolo, per il momento.
Torniamo al mare o meglio, al fiume. Stessa seduta del 13 giugno, stessi attori, massima attenzione concessa alla segnalazione: alberi e tronchi ammassati a maggio dalla furia del Marecchia contro i piloni di due ponti, sugli scogli e le spiagge di Rivabella, San Giuliano e Rimini.
San Giuliano mare ancora invasa dai tronchi
I ponti e la relativa manutenzione spetta alla proprietà, cioè alle Ferrovie dello Stato. Ciò non dovrebbe impedire alla Pubblica Amministrazione di sollecitare la rimozione dei detriti. Alla prossima piena del fiume potrebbero sganciarsi dall’attuale sede per finire, come a maggio, sugli arenili. E come tre mesi fa, in tal caso i costi dovrebbero sgrugnarseli in massima parte i bagnini. Ho parlato l’altro ieri con la Direzione del Lido San Giuliano: non è affatto contenta dei rami rannicchiati contro i ponti, men che meno di quelli sulle scogliere. Sostengono di avere sollecitato svariate volte gli organi competenti. Non ci crederete, ma tutto sembra ancora avvolto nel sonno “piombigno” della favola di Charles Perrault. Potenza degli incantesimi. Chi, ancora una volta, (non) dobbiamo ringraziare? Nel frattempo al Lido S.G.
Il Comune di Rimini, con la partecipazione di varie associazioni locali, ha montato un gazebo con «L’obbiettivo di promuovere un progetto condiviso di rigenerazione urbana al fine di migliorare l’attrattività di S.G.M. e contribuire a valorizzare le imprese che hanno sede in quest’area». Auguri!
Sul Lungofiume degli Artisti a San Giuliano, partendo da via Coletti, nei pressi della panchina dove lo scorso anno fu ucciso un senegalese c’è l’unico bidone della spazzatura che si possa trovare lungo tutto il percorso.
Occorrono ben 470 passi per trovare quello successivo, all’inizio del piccolo molo di San Giuliano: alle undici del mattino, di norma è già traboccante di rifiuti. Va detto che la romantica passeggiata è assai frequentata da diversi cinofili perché il suggestivo argine ben si presta alla “defecazio” canina. Capita spesso di vedere diverse cacche di cane lungo il tragitto, mentre taluni “stronzi” antropomorfi (solitamente si trovano all’altro capo del guinzaglio) non aspettano altro per sfoderare l’alibi di non avere a portata di mano un bidone dei rifiuti: per non pulire. Resta il fatto che il percorso pare poco battuto dagli addetti alla nettezza urbana. Tanto è vero che un ammasso di abiti abbandonati è presente da almeno quindici giorni sull’erba di uno dei cigli.
Ho divagato dal tema principale al quale torno immediatamente. Quell’argine divide San Giuliano da Rivabella. Tra le “frecce” consegnate all’assessore Montini figuravano anche tre pedalò parcheggiati sotto il ponte di via Coletti.
Tronchi, plastica e una balena in attesa di cure: gita lungo il Marecchia
Il rischio è che in caso di piena possano anarchicamente prendere la via del mare aperto. Come ammesso dall’Assessore durante la nostra conversazione, eventuali provvedimenti in proposito riguardano la P.A.. Ma c’è pure un quarto e più pericoloso pedalò semi affondato a poche decine di metri dalla foce del fiume Marecchia. In questi novanta giorni ho parlato e chiesto aiuto e spiegazioni alla Polizia Municipale, alla Guardia Costiera, all’Assessorato all’Ambiente e infine all’Agenzia di Protezione Civile. Quest’ultima ha assicurato che il recupero dell’ex natante, essendo di fatto un rifiuto, compete al Comune di Rimini.
A distanza di mesi dall’incontro in assessorato, le cose sono forse cambiate? Nemmeno per idea. I tre mosconi a pedali risiedono stabilmente e indisturbati sotto al ponte. Quello parzialmente affondato, per un certo periodo è stato tirato in secco. Ho pensato fosse la volta buona. «L’assessore ha finalmente costretto qualcuno a muovere l’ass», mi sono detto, poi ho scoperto che era stato momentaneamente resuscitato da un paio di ragazzotti che forse volevano impossessarsi del seducente relitto salendoci a bordo, come prevede la legge del mare. Dopo aver rinunciato all’idea di far tornare in navigazione il lussuoso scafo, devono averlo nuovamente abbandonato a sé stesso. Da qualche giorno risulta quasi totalmente sommerso nel bel mezzo del fiume. Ora sarà ben più complicato e oneroso riportarlo a galla. Sempreché ci sia volontà di farlo, chiaramente. Ma possiamo permetterci di lasciarlo in mezzo al Marecchia? E politicamente, come la mettiamo?
«Basta merda in mare», ha detto di recente il Sindaco parafrasando un celebre slogan locale. Plastica in mare, invece sì? Vediamo un po’: se fosse vero quanto affermato dalla Redazione ANSA di Sidney il 13 giugno scorso (accidenti, mi sto affezionando a questa data) che «Anche l’uomo mangia la plastica. Se ne ingeriscono fino a 2000 minuscoli frammenti per settimana corrispondenti a circa 5 grammi, l’equivalente in peso di una carta di credito. In media sono pari a oltre 250 grammi l’anno», facendo due calcoli veloci, a lungo andare il pedalò affondato potrebbe rappresentare una miniera d’oro per l’innovativa alimentazione a parziale apporto polimerico. Se consideriamo che uno scafo di quel tipo pesa all’incirca 120/130 chilogrammi, compresi naturalmente i succulenti maniglioni d’acciaio inox, stimiamo che se nessuno farà muovere il famoso culo a quel “qualcun altro” (che ogni anno sfodera bilanci attivi milionari), prima o poi ben 26000 persone avranno la loro razione di plastica settimanale assicurata. O se preferite, due persone saranno polimero-saziate, ogni maledetta settimana, per cinquant’anni. Cento, se l’ingordo dovesse essere uno soltanto. Niente male, considerando poi che come i pesci e gli uomini la medesima razione spetterà anche ai cani, pure nelle sventure, con un po’ di buona volontà si scorge il lato positivo. Camminando sul Lungofiume degli Artisti, presto o tardi pesteremo con allegria inodori e variamente colorate cacche di plastica. In attesa che arrivi quel giorno (speriamo, mai) mi sforzo di tornare quasi serio, ma devo rilevare che la riserva di ottimismo va esaurendosi. Non so più a chi rivolgermi. Esiste l’istituto della grazia (di ascolto) al Presidente della Repubblica? Forse è un’idea un po’ “Mattarella”. Hai visto mai? Magari lui mi dà retta. Di sicuro, presto andrà in ferie, ma appena torna…
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