Un socio storico lascia la Fondazione Carim e si toglie qualche sassolino

Un socio storico lascia la Fondazione Carim e si toglie qualche sassolino

"Ferito da troppi dispiaceri e delusioni". Così nella assemblea che si è tenuta ieri, Ulderico Vicini ha motivato il suo addio alla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. Criticando fra l'altro la "cessione regalo" di Carim a Crédit Agricole, e il trattamento "punitivo" rifilato dagli ultimi due presidenti dell'ente di palazzo Buonadrata agli ex amministratori della banca.

Si è tenuta ieri l’assemblea della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. All’ordine del giorno c’era il bilancio consuntivo 2018. Non erano attesi colpi di scena, invece uno c’è stato. Ad un certo punto ha preso la parola Ulderico Vicini, socio storico dell’ente di palazzo Buonadrata e uno di quelli che sono stati investiti dalle vicende giudiziarie di Carim, tutti assolti dal tribunale di Rimini. Da quanto si apprende il suo intervento ha lasciato il segno, tanto da far scattare l’applauso. Non è stato tenero nella sua analisi. Ha parlato della sua sofferta decisione di lasciare la Fondazione per i tanti “dispiaceri e delusioni che mi hanno profondamente ferito”. A cosa facesse riferimento lo si è capito quando ha cominciato ad entrare nel merito.

La più importante delusione è stata la perdita del patrimonio, e qui ha utilizzato un’espressione molto netta: la “cessione regalo” di banca Carim a Crédit Agricole Cariparma, avvenuta senza nessun contrasto né protesta da parte della Fondazione, “tutto si è svolto nel triste e rassegnato silenzio nostro e della città”. Ha accennato anche al ruolo “pilota” di Banca d’Italia nell’operazione conclusasi col passaggio in mani francesi dello storico istituto di credito riminese.

Vicini è poi andato indietro nel tempo, al 2012, quando la banca fu riconsegnata “in bonis” alla Fondazione dopo un pesante commissariamento di due anni. “Carim dopo essere stata ricapitalizzata, con notevoli capitali e sacrifici anche da parte mia e di molti amici soci qui presenti, è poi progressivamente crollata”. Fra le cause di ciò ha parlato della crisi che ha colpito il sistema bancario, delle successive iniziative di Bankitalia e della gestione di Carim seguita al ritorno in bonis. Con una amara constatazione: “I nostri sacrifici economici per aiutare la Fondazione a mantenere il controllo della banca ed i suoi equilibri finanziari non sono serviti a nulla”.

Non solo. Quale trattamento hanno ricevuto gli amministratori della banca nominati dalla Fondazione? “Ingiustamente e inaspettatamente puniti dai nostri amici presidenti per loro personali ed autonome decisioni”, ha sottolineato Vicini, che ha criticato sia Pasquinelli e sia Linda Gemmani (entrambi presenti all’assemblea), il primo perché “ha voluto interrompere i termini della prescrizione per la possibile eventuale richiesta di danni per il nostro operato cessato nel 2009, quando tutto andava bene” e la seconda perché “senza il consenso del consiglio generale ha votato la decisione personale di iniziare contro di noi una ingiusta causa promuovendo presso il tribunale di Bologna un’azione di responsabilità per presunti danni alla Banca Carim”. Una vicenda ancora aperta e che coinvolge non solo Vicini ma anche altri soci (e non) della Fondazione. E tutto questo è avvenuto, ha sostenuto Vicini, dopo l’assoluzione con formula piena pronunciata dal tribunale di Rimini e per la quale “non abbiamo ricevuto dai vertici della Fondazione nessun rallegramento né un cenno di solidarietà e durante il processo abbiamo dovuto sopportare gravi sofferenze morali e pesanti attacchi alla nostra onorabilità che hanno sicuramente inciso negativamente sullo stato di salute di alcuni di noi”.

Dispiaceri e delusioni che hanno fatto decidere Vicini a dire addio alla Fondazione Carim, alla quale ha comunque augurato che, pur senza patrimonio finanziario, riesca a valorizzare “il patrimonio morale e culturale” e a porsi anche in futuro al servizio della comunità. Per concludere con un ringraziamento agli amici e in particolare agli “ex amministratori che hanno condiviso tante sofferenze per le ingiuste accuse e per gli ingiusti processi“, ma nemmeno ha fatto mancare i suoi auguri “ai pochi che mi hanno fatto tanto male, forse senza rendersene conto”.

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