Lo skema Berardi, Vitali & Gnassi: porre fine al metodo Cagnoni

Lo skema Berardi, Vitali & Gnassi: porre fine al metodo Cagnoni

Lenzuolata dedicata al presidente di Convention Bureau, Roberto Berardi (nella foto), su La Voce di Rimini di ieri. Fa seguito alla lenzuolata ottenut

Lenzuolata dedicata al presidente di Convention Bureau, Roberto Berardi (nella foto), su La Voce di Rimini di ieri. Fa seguito alla lenzuolata ottenuta anche dal Magnifico, Lorenzo Cagnoni, il 2 febbraio sul Carlino. La prima va posta in stretta relazione con la seconda.
C’è abbastanza fumo nelle dichiarazioni di Berardi, che sembra un po’ un maestro Manzi impegnato a spiegare l’abbecedario del congressuale agli analfabeti. E’ assai debole, il “Berardi pensiero”, sulle prospettive di rilancio, i mercati internazionali e così via. Ma ci sono due passaggi che vanno letti con attenzione. Primo: “Convention Bureau ha una sua funzione specifica riconosciuta a livello internazionale”. Rimini poi “vanta un’esperienza ventennale, risale al 1994”. Il messaggio è rivolto a Cagnoni che sta pensando di “cancellare” Convention Bureau. Non s’ha da fare, dice un po’ troppo timidamente Berardi.
Secondo: Berardi fa due conti e ribadisce quali sono le voci che pesano nel bilancio di Convention Bureau. Nel 2012 sono stati spesi 800 mila euro nell’affitto e il bilancio si è chiuso con un disavanzo di 300 mila euro. Nel 2013, a fronte di un piccolo sforzo (la voce personale sembra intoccabile e continua ad incidere parecchio) per contenere le spese, l’affitto è salito a 950 mila euro e la perdita si aggira su 1 milione di euro. Nel 2014 l’affitto volerà a 1 milione 200 mila euro. Qui Berardi sembra voler tentare un braccio di ferro: ricorda a Cagnoni che “il contratto con queste cifre è stato stipulato ai tempi del business plan, quando il contesto economico era completamente diverso”. Calca anche un po’ la mano il presidente di Convention Bureau, a rischio di apparire pure un po’ eccessivo e leggermente irrispettoso agli occhi di Cagnoni perché gli ricorda non proprio delle figure epiche: “Nel mezzo ci sono state anche due inaugurazioni annunciate e poi cancellate che inevitabilmente ci hanno creato un danno reputazione, oltre che economico. Nel lancio delle due aperture sono state bruciate risorse importanti. E come se non bastasse ci siamo affacciati al mercato quando già la crisi cominciava a farsi sentire. Non si può non tenerne conto”. E davanti ad un Cagnoni che ha già risposto picche nell’immediato per la riduzione dell’affitto, Berardi insiste: “Va anche tenuto conto che siamo di fronte ad un cambiamento sostanziale del mercato. Sono cambiati i volumi ma anche i margini di redditività, e quelli di un tempo non torneranno più”.
Inutile fare i fenomeni, anche se fenomeni si è nati.
Va ricordato che Roberto Berardi arrivò a Convention Bureau sospinto da Stefano Vitali e Andrea Gnassi, e che Lorenzo Cagnoni lo dovette accettare. Il consulente prediletto di Cagnoni è lo studio Boldrini, mentre Berardi viene da Skema.
Il presidente della Provincia e il sindaco di Rimini, insieme a Berardi, si sono dati il compito di ridimensionare Cagnoni e mettere un punto alla politica del “tanto ci pensano i soci pubblici” a sbucciarsi i mutui. Una filosofia che Cagnoni ha ribadito, con una certa faccia di bronzo, anche al Carlino nell’ultima intervista: il 50% del debito attuale, 85 milioni di euro, “contiamo di sostenerlo noi, al resto dovranno pensarci i soci pubblici”. D’altra parte bisogna capirlo: è stato sempre abituato a dettare la linea.
Ai soci pubblici Cagnoni chiede di sorbirsi il mutuo con Unicredit, pari a 42 milioni di euro: “In tutto 14 milioni a testa per Comune, di e Provincia. E se quest’ ultima verrà abolita, il legislatore ne affiderà di certo funzioni e responsabilità ad altro ente pubblico”. Semplice fare i piani finanziari in questo modo, non è vero?
La Provincia ha già detto che non intende continuare a iniettare denaro pubblico e che la strada da seguire è quella della privatizzazione. Ieri mattina, poi, commentando i dati del Sole 24 Ore relativi al report 2014 sulle Fiere, Vitali ha mandato un altro messaggio a Cagnoni: “Con 62,4 milioni di euro di fatturato di gruppo previsto nel 2013, Rimini Fiera fa un passo indietro rispetto all’anno precedente, pur mantenendo inalterato (ed è cosa buona) il Margine Operativo Lordo. Se il risultato numerico ci pone al quarto posto in Italia per fatturato (dietro Milano, Bologna e Verona), cade subito e banalmente all’occhio che se si unissero le forze tra le Fiere di Bologna e Rimini (e magari Parma che ha un fatturato previsto in 37 milioni di euro e un MOL in ascesa) si metterebbe insieme una ‘potenza di fuoco’ in grado di tenere il passo della concorrenza tedesca e svizzera, altrimenti inarrivabile”. E’ un altro modo per dire a Cagnoni: apri gli occhi, da soli rischiamo di non farcela, nonostante le tue continue rassicurazioni.
Ma il vero cambio di linea rispetto al metodo Cagnoni (il pubblico pensi ai mutui che al resto ci penso io) è risultato chiaro ieri nella quinta commissione consiliare, dove anche il Comune di Rimini ha messo paletti inamovibili, formalizzando una linea molto diversa da quella enunciata da Cagnoni: l’assessore Brasini ha spiegato non solo che sono stati congelati gli ultimi versamenti della rata del mutuo pari a 3,660 milioni di euro (corrisposti solo gli interessi), usufruendo di un accordo sottoscritto dal governo Monti e dall’Abi per assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie a quelle imprese che, pur registrando “tensioni”, presentano comunque prospettive economiche positive in vista del superamento di situazioni di criticità. Ma ha detto esplicitamente che Rimini Congressi presieduta da Maurizio Temeroli ha già ricevuto il mandato di sondare ogni possibile strada in vista della privatizzazione (che non è detto debba essere da subito totale) delle società che costituiscono la galassia del sistema fieristico-congressuale: Società del Palazzo dei Congressi, Rimini Congressi e Rimini Fiera.
Quel che appare, abbastanza chiaramente, è che al momento sono i tre soci pubblici (Provincia, Comune e Camera di Commercio) a condurre il gioco, mentre Cagnoni conversa coi giornali e pensa di essere ancora il “boss” della Fiera. Non bisogna infatti dimenticare che Rimini Congressi (formata da Rimini Holding, Camera di Commercio e Provincia col 33,33% ciascuno di quote) ha anche il 52,56% delle azioni di Rimini Fiera e il 64,65% della società Palazzo dei Congressi.
Ora, però, se Berardi (e con lui Vitali e Gnassi) volesse davvero segnare un punto di salutare rottura con il capo del sistema fieristico congressuale, un primo segnale potrebbe darlo, anche per dimostrare di non aver sposato l’aurea mediòcritas che Orazio celebra nelle Odi ma che non a caso è diventata sinonimo di accontentarsi e apparire senza troppe ambizioni. Convention Bureau ha in mano un parere legale che fino ad oggi ha tenuto nel cassetto. Quantifica un danno di circa 800 mila euro come perdita di guadagno e danno di immagine per il clamoroso ritardo nella mancata consegna, nei tempi stabiliti, del nuovo Palacongressi a Convention Bureau. Perché non presentare il conto alla Società del Palazzo dei Congressi presieduta da Cagnoni (che è sia presidente della società del Palazzo dei Congressi, proprietaria della struttura Palas, e sia di Rimini Fiera, società che controlla anche Convention Bureau: non è che ci sia un piccolo “conflitto”?). D’altra parte Convention Bureau dovrebbe potersi gestire secondo logiche aziendali, anche in considerazione del fatto che fra i soci annovera privati e una Fondazione bancaria quale Carim. Se dunque può incassare 800 mila euro e ridurre il “rosso” di bilancio (previsto anche nel 2014), perché non farlo?

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