Al Meeting non piacciono i muri, ma i ponti con la Commissione Trilaterale. E guai a criticare l’Islam

Al Meeting non piacciono i muri, ma i ponti con la Commissione Trilaterale. E guai a criticare l’Islam

Chi parla di sovranismo e identità è nemico giurato del Meeting. La retorica contro i muri è stata al centro dell’ultima edizione. Tra i protagonisti Monica Maggioni e Paolo Magri, membri della discussa Trilateral Commission. Da parte di quest’ultimo anche frecciatine contro la Lega. Tra gli invitati l’ex consigliere dell’abortista Obama, Erik Jones, che definisce il Presidente Donald Trump “ignorante populista” e Olivier Roy che assolve l’Islam dal terrorismo e incolpa i “giovani nichilisti”.

Al Meeting di Rimini quest’anno sono stati aperti davvero a tutto. Ogni muro è stato abbattuto. Anni e anni di costruzioni di ponti hanno prodotto non solo gli inviti di questa edizione, ma proprio l’impostazione culturale della manifestazione. Impossibile non averlo notato. Almeno, comunque la si pensi, chi ha seguito gli incontri se ne è potuto rendere conto in una maniera del tutto obiettiva. Senza filtri.
Tutto è ruotato attorno alla demonizzazione dei muri, che sono stati decisamente il tema dominante di questa kermesse che purtroppo nemmeno lontanamente ricorda il Meeting degli albori. Il mutamento di pelle c’è stato eccome, è un dato di fatto che lo si voglia negare o meno. Lo dimostra ampiamente le novità di quest’anno, lo “Spazio Muri” che è stato al centro dell’attenzione per l’intera settimana. Non ci voleva un genio e nemmeno un veggente per pronosticare quale piega avrebbero preso una serie d’incontri basati su questo presupposto. Anche perché questo spazio è stato curato direttamente da due personaggi forse sconosciuti ai più: Monica Maggioni e Paolo Magri con il contributo dell’AVSI.
Questi due signori oltre ad essere rispettivamente la presidente della Rai e il direttore dell’ISPI hanno in comune più di quanto si possa immaginare. Non sono un aspirante complottista e non ci tengo a diventarlo, non preoccupatevi. Qui è tutto alla luce del sole. Semplicemente entrambi nutrono gli stessi interessi. In poche parole sono due membri della Trilaterale. Anzi, ad essere precisi Paolo Magri non è proprio l’ultimo arrivato, ma il segretario della componente italiana della Commissione Trilaterale. La celebre organizzazione non governativa, ma parecchio influente, fondata il 23 giugno 1973 dal banchiere statunitense David Rockefeller. Per i più scettici: si, è esistito davvero. La stessa Trilaterale che guarda caso riunisce personaggi inseriti molto bene nei settori più importanti della società e che è stata di fatto espressione di due presidenti del Consiglio dei ministri consecutivi degli ultimi anni. Sia Monti che Letta sono, infatti, membri di questa organizzazione. Non a caso in rete si può trovare un interessante rapporto di 227 pagine prodotto dalla Commissione Trilaterale nel 1975 che denunciava un eccesso di democrazia negli Stati Uniti e sosteneva che le democrazie funzionano solo quando la maggior parte delle persone restano ai margini del dibattito pubblico. Insomma, amano tenere dibattiti pubblici, come gli è stato concesso dal Meeting, ma stando ai documenti della loro organizzazione non amano tanto vedere che la gente si interessi di attualità e partecipi alla vita pubblica del paese. Ma di questo ne avevo già parlato mesi fa in un altro articolo dove esaminavo l’anteprima del programma Meeting segnalando la questione, che definirei perlomeno ambigua.

Intanto Roberto Fontolan, responsabile del Centro internazionale di CL, così ha cercato di invogliare i ragazzi al Meeting: “I giovani approfittino. La presenza di Paolo Magri è un patrimonio che va sfruttato”. Proviamo a vedere cosa ci ha offerto assieme alla Maggioni.
Domenica 20 Agosto hanno aperto le danze proprio loro due assieme a Fontolan con l’incontro “Un mondo di muri”, titolo che parla già da sé. La Maggioni è subito partita in quinta: “I muri sono risposte facili a questioni complesse come nel tema delle migrazioni. Noi vogliamo smontarli in questo senso. In un’annata in cui abbiamo sentito gli slogan, le grida e le ricette facili, decidere di costruire uno spazio con tante domande, ma anche un bel po’ di fatti ci sembrava importante”. Per poi riconoscere un po’ di gratitudine nei confronti di chi ha permesso tutta questa propaganda: “Non ci poteva essere luogo migliore del Meeting per cercare di sgretolare i muri”. E dopo aver citato Bauman: “I terroristi molto spesso possono contare sulla totale miopia dei lori nemici che costruiscono muri e barriere”, la Maggioni chiosa: “Costruire muri e barriere è il più grande regalo che possiamo fare ai terroristi. I terroristi non sopportano la zona dell’interazione, dello scambio, della messa in discussione delle certezze.” Anche Magri rincara: “Pensate alla fatica che abbiamo fatto per modificare i nostri sistemi politici e la nostra cultura per liberarci dal nazionalismo e dai rischi della dittatura e rispetto a questo, pensate all’ondata di sovranismo, che è un modo più elegante per dire oggi nazionalismo, che colpisce i paesi dell’est e molti paesi del mondo, non solo in Europa”. Poi continua aggiungendo: “Pensate al tema della democrazia, alla fascinazione che c’è in Europa e non solo rispetto alla figura dell’uomo forte, rispetto alla figura di Putin che promette soluzioni, chiusura, che ci fa sentire quasi invidiosi”, precisando riferito alla platea e per cercare di indirizzare il pubblico verso la propria posizione, “non voi sicuramente”. Un comizietto niente male.

Il giorno seguente, lunedì 21 agosto, è andato in onda l’incontro “I muri dell’Europa”. Chi è l’invitato speciale che ha affiancato Magri? Erik Jones, l’ex consigliere di Barack Obama durante la sua campagna elettorale. Recentemente ha definito il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, “ignorante e populista” e al Meeting si è dilettato nelle sue considerazioni a senso unico: “Quando un politico vorrebbe mobilizzare il popolo intorno ad un’identità finisce sempre allo stesso punto, perché ci sono persone incluse e persone escluse”. Dopo di che sferra un attacco alla destra olandese: “L’Olanda è diventata anche peggio, perché hanno inventato una mitologia della cultura olandese e l’hanno usata per combattere i migranti e gli islamici. Ecco perché noi parliamo del populismo olandese e di questo problema che esiste intorno a un politico: Geert Wilders”. E te pareva che non fosse lui il problema: uno che non rispetta determinati standard politicamente corretti cari a Erik Jones. Poi conclude mettendoci in guardia servendoci la sua lezioncina: “L’identità è lo strumento attraverso cui si costruiscono muri psicologici. Dobbiamo evitare questo tipo di politica in Europa e negli Stati Uniti”.

Successivamente, giovedì 24, si è svolto l’incontro “Muri per i terroristi” in cui è intervenuto Olivier Roy, islamologo francese secondo cui: “Non è l’Islam a essere violento, lo sono i ragazzi nichilisti e disperati che crescono nel cuore della società occidentale”, perché a suo dire: “I terroristi non sono l’espressione di una radicalizzazione della popolazione musulmana, ma il prodotto di una rivolta generazionale”. Opinioni non nuove di Roy, che già in passato si era scagliato contro Oriana Fallaci e contro Benedetto XVI riguardo al suo celebre discorso di Ratisbona e che non di rado punta il dito contro coloro che vengono bollati come “islamofobi”. Il giorno seguente Olivier Roy ha ripetuto il medesimo punto di vista nel salone B3 durante l’incontro “Tra nichilismo e jihadismo”, introdotto da Stefano Alberto (don Pino): “Non basta cavarsela con slogan ‘sono le religioni con la loro pretesa di assoluto che creano la violenza’. Tesi ancora oggi diffusa e non solo nei riguardi dell’Islam. Rinunciamo ai facili slogan, alle battute ad effetto, a strumentalizzazioni politiche superficiali. Per affrontare un tema così carico di pregiudizi e di superficialità, abbiamo la fortuna di avere per la prima volta al Meeting Oliver Roy”. Insomma, guai a criticare i contenuti dell’Islam. Al Meeting passi per “superficiale”, parola di don Pino.

Sempre il 24 si è tenuto l’incontro “I nuovi muri americani. L’America di Trump”, moderato da Fontolan, è stato un confronto tra Paolo Magri (l’accusa) e Germano Dottori, professore della Luiss e collaboratore di Limes che ha rappresentato la difesa del presidente americano. Chiaramente non bisogna dimenticare che Germano Dottori era semplicemente ospite lì, in quanto la posizione dominante, ovvero quella assunta dal Meeting è stata quella dell’ormai “padrone di casa” Paolo Magri, ma nonostante tutto Dottori se l’è cavata bene rispondendo colpo su colpo, specie sulla vicenda “muro col Messico” dove ha ricordato: “La questione da capire è perché questo muro è diventato il muro di Trump, anche se la sua costruzione è iniziata nel 1990 e rispetto all’idea di una sua maggiore estensione si sono pronunciati a favore nel 2006 sia Hillary Clinton, sia Barack Obama. In realtà Trump vuole solo completare questo muro”.

Venerdì 25 agosto, ultimo giorno di questo spazio, all’incontro “I muri della radicalizzazione” ha preso la parola Lorenzo Vidino (anche lui dell’ISPI), uno che non ha ancora ben compreso la reale problematica insita nell’Islam e che già in passato si era espresso a favore della costruzione delle moschee: “È chiaro che Milano deve avere una moschea, è imbarazzante che una città con ambizioni di grande megalopoli, con una grande popolazione musulmana non abbia una moschea vera e propria”.
Questo è stato buona parte dello Spazio Muri, ma intanto al Meeting nei saloni più grandi la musica non cambiava e lo stesso tema veniva affrontato con la medesima impostazione culturale.
Il 21 Agosto nel salone B3 è andato in scena l’incontro introdotto da Andrea Simoncini “Mediterraneo: Costruire ponti, abbattere muri”. Si parte così: “I muri rappresentano un fallimento. Ci sono nazioni che costruiscono muri alle proprie frontiere, di cemento o invisibili, quelli che nascono dal pregiudizio. Sono i muri che bloccano i rifugiati. Muri che generano razzismo e xenofobia. Nostra missione è abbattere questi muri e costruire ponti tra popoli. Lavorare per favorire la diversità e l’inclusione. Le nostre società sono multietniche, multi religiose e multiculturali. Diversità è fonte di ricchezza” Parole di Laura Boldrini? Dell’ex ministro Cecile Kyenge? Chi si è esibito in questa sviolinata “no borders”? L’Alto Rappresentante dell’ONU Nassir Abdulaziz Al-Nasser, incurante del fallimento causato dal multiculturalismo e delle reali dimensioni del problema immigrazione che esiste nel nostro Paese (la minoranza costituita da rifugiati veri, la stragrande maggioranza da clandestini).

Appurato che il buonsenso non va più di moda al Meeting, sentiamo anche le parole del Sindaco di Tunisi Saifallah Lasram: “Il terrorismo è un fenomeno che non conosce nazionalità, che non conosce riferimenti religiosi”. E infatti “Allah Akbar” chi lo grida? Durante gli attentati, i terroristi islamici, anche se il Sindaco di Tunisi nega. Il giorno dopo, sempre nel salone B3, entra in azione Valeria Fedeli in un incontro creato ad hoc per lei e servito su un piatto d’argento: “Nuovi italiani, nuovi europei. I giovani e le sfide della società multietnica”. Infatti, non delude le aspettative con un delirio che rimarrà nella storia. Il senso della sua sparata è: “Se l’Italia non approva lo Ius Soli ripiomba alle leggi razziali”. Pesante questo Meeting eh?
Sempre il 22 Agosto si è tenuto l’incontro “Migrazioni e cambiamento d’epoca”, un ciclo a cura di Luciano Violante, politico del Partito Democratico. All’incontro hanno partecipato Giorgio Vittadini e il demografo Massimo Livi Bacci, nel 2008 eletto senatore nel Partito Democratico, secondo cui: “L’Italia continuerà ad avere la necessità dell’immigrazione per rinsanguare una forza lavoro invecchiata e in declino”. Della serie, in Italia non si fanno più i figli? Al posto di politiche serie per la famiglia e per sostenere la natalità, favoriamo l’immigrazione. Poveri noi. Infine, il 23 Agosto all’Auditorium B3 è ritornato Paolo Magri per l’incontro “Al di là dei muri”, farcito da una sua fissazione contro i muri di Trump col Messico, Iran e Cuba. Magri si spinge oltre e sentenzia: “Muro più pericoloso e difficile da affrontare oggi è quello che stiamo costruendo in silenzio nei confronti dell’Islam”. Già, perché alzare barricate ed essere critici verso questa religione di pace tolleranza e fiorellini? Ovviamente per lui l’Islam non è il Corano, i suoi versetti violenti e le guerre e gli assassini perpetrati da Maometto nella sua vita. I reati commessi dal Profeta fondatore dell’Islam pare siano caduti in prescrizione. Inoltre, da parte di Magri, non mancano battute e frecciatine nei confronti della Lega di Salvini. Dunque, “si ai ponti, no ai muri” è diventato indubbiamente il “tormentone dell’anno”, ma in tutto ciò all’ingresso del Meeting i muri sono ben visibili: i new jersey, i blocchi di cemento anti terrorismo per evitare stragi causate da jihadisti che guidano camion contro la folla. Se siamo arrivati a questo, qualcuno si faccia delle domande e soprattutto si dia delle risposte. Per seppellire questa insopportabile ondata di retorica buonista condita da una buona dose di sentimentalismo che ha già causato troppi danni.

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