Centrale eolica, depositate le osservazioni: il Comune di Rimini non si oppone e si accontenta di qualche mitigazione

Centrale eolica, depositate le osservazioni: il Comune di Rimini non si oppone e si accontenta di qualche mitigazione

Sui giornali Andrea Gnassi era sembrato opporsi nettamente alla "selva" eolica. Invece il documento che palazzo Garampi ha depositato alla Capitaneria di porto è di ben altro tenore: auspica che il progetto venga allontanato dalla costa, avanza richieste per ridurre gli impatti e reclama "forme compensative dirette". Provincia e Comune di Misano presentano osservazioni fotocopia molto favorevoli all'opera. Ma su tredici pareri ben nove esprimono di fatto una decisa contrarietà. Si apre adesso la fase della conferenza dei servizi attesa a novembre.

Un chiaro indizio c’era stato in consiglio comunale con la bocciatura dell’ordine del giorno di Gennaro Mauro. Ma adesso carta canta. Chi temeva che dietro le parole del sindaco di Rimini in apparenza ostili alla centrale eolica, si nascondesse un sostanziale “via libera”, seppure con alcune richieste di mitigazione, non si sbagliava. A quanto pare palazzo Garampi non vuole sbarrare la strada al progetto ma solo ridurne gli impatti, confermando così quella impostazione che la sinistra al governo della  Provincia (dove è passato in veste di assessore e di presidente anche Andrea Gnassi) ha costruito negli anni, a partire dal 2006, favorevole al progetto delle pale eoliche.
Andiamo con ordine. Entro la data del 4 luglio andavano formalizzati per iscritto pareri e osservazioni sul rilascio della concessione formulata in base della documentazione disponibile ad oggi presentata dalla società Energia Wind 2020, che ha chiesto di occupare uno specchio acqueo all’interno di un’area marina di 114 chilometri quadrati nel tratto di mare antistante i Comuni di Rimini, Riccione, Misano Adriatico e Cattolica, ad una distanza dalla costa tra 5,4 (circa 10 chilometri) e 12 miglia nautiche, per realizzarvi appunto la centrale eolica offshore “Rimini” da 330 mw, più varie opere connesse fino a raggiungere S. Martino in Venti.

Il sindaco Gnassi con un comunicato stampa agli inizi di luglio aveva sostenuto che “il progetto così come presentato, non va bene” e “le soluzioni che emergono dalla proposta non sono sostenibili”, infilandoci anche una nota molto polemica: “ma possibile che anche un progetto sulla produzione di energia pulita, di tale portata e conseguenze sul territorio e sull’economia, invece che armonizzarsi con il paesaggio e l’ambiente, venga preceduto da un sentore di business in scorno del paesaggio?”. Ma le osservazioni di palazzo Garampi messe nero su bianco sono coerenti con questi giudizi? A firmarle è il dirigente alle Infrastrutture, mobilità e qualità ambientale, Ing. Alberto Dellavalle. Da nessuna parte si legge un no, come hanno fatto ad esempio il Comune di Riccione e molti altri. Sì, perché l’altra notizia è che la maggioranza delle 13 osservazioni recapitate alla Capitaneria di Porto esprime una opposizione convinta e motivata al progetto. Non così Rimini. La premessa è che “la proposta progettuale del campo eolico off-shore si colloca in un contesto locale sensibile al tema e in un contesto regionale in cui la produzione di energia elettrica è ancora in maniera preponderante legata a fonti fossili (74%), seppur a fronte di una notevole crescita del fotovoltaico (9,4% nel 2017 mentre era lo 0,1% nel 2007)”. Seguono solo “richieste di chiarimenti e di modifica progettuale”.
Per quanto riguarda l’impatto sul paesaggio marino, “si rileva che gli elaborati presentati non permettano una valutazione dell’impatto sul paesaggio marino percepibile dalla costa, dato che risultano mancanti di foto-inserimenti o viste renderizzate. In ogni caso riteniamo che sia auspicabile allontanare quanto più possibile il campo eolico dalla costa“. Vengono espresse poi “forti preoccupazioni” per gli influssi delle pale eoliche sulla pesca “per la collocazione di nuovi ostacoli, disposti su un’area molto estesa e “di traverso” rispetto alle principali rotte di navigazione” che possono riguardare soprattutto le “ore notturne, il periodo invernale e le condizioni meteo-marine sfavorevoli e/o con scarsa visibilità”. Ma il Comune di Rimini se la cava chiedendo di “rivedere la disposizione del campo eolico in una porzione dell’area marina, anche modificandola rispetto alla prima richiesta, che sia meno limitante nei confronti degli spazi marittimi in cui è possibile esercitare l’attività della pesca e che garantisca il miglior grado di sicurezza per la navigazione anche per le rotte di rientro verso al porto di Rimini (o in uscita verso sud dal porto stesso)”. Altre modifiche vengono richieste per il “punto di approdo a terra della condotta elettrica sottomarina” previsto presso la battigia nella parte sud di Rimini (in località Bellariva), “per garantire sia una maggiore mitigazione delle emissioni elettromagnetiche sia per non ledere i diritti di terzi concessionari di porzioni dell’arenile” (ma il sindaco nel suo comunicato era stato molto tranchant: “Il tema di eventuali emissioni elettromagnetiche a cui far fronte eventualmente non può essere risolto con la mitigazione, semmai con l’effetto zero”), e qui la soluzione suggerita è che la posa del cavidotto “sia ampiamente superiore al minimo previsto (da progetto 1,2 – 2 metri di profondità), e sia eseguito attraverso perforazioni teleguidate. Inoltre si chiede che i due giunti cavi terra-mare e le relative vasche siano collocate in aree non urbanizzate poste in prossimità del tracciato ferroviario”, per finire con “la possibilità di approdare a terra in corrispondenza della battigia in zona Rio dell’asse, per sfruttare la fascia di rispetto presente nei canali di bonifica”. C’è anche un breve capitoletto sulla stazione di conversione affinché “sia maggiormente allontanata dagli edifici esistenti presenti in prossimità della centrale elettrica di Terna già esistente in località San Martino in Venti; si chiede inoltre che vengano posti in essere tutti quegli interventi atti a mitigare la presenza di tale nuovo impianto (con opere a verde e semi-interramento e modellazione del terreno per ulteriormente ridurre l’impatto dell’officina elettrica). Inoltre si chiede di convertire la realizzazione del collegamento di 450 m di alta tensione (380 kV), previsto con l’uso di conduttori nudi aerei, in cavidotto interrato. Tali richieste sono emerse per garantire sia una maggiore mitigazione delle emissioni elettromagnetiche, sia per una maggiore tutela del patrimonio paesaggistico dell’area, già in parte compromesso dalla presenza della centrale elettrica di Terna”. Anche su questo punto il sindaco aveva mediaticamente fatto la voce grossa: “deve essere netto e chiaro il messaggio che non ci debba essere alcun impatto sul territorio collinare, sul quale peraltro si sta investendo per progetti turistici legati alla bellezza del paesaggio e alla cultura del cibo e del vino”. Nelle osservazioni invece prevale il concetto di mitigazione.
Infine, garanzie sul fine vita della centrale eolica e un “attento monitoraggio di quanta energia sarà prodotta annualmente stabilendo una quota al di sotto della quale si dovrà considerare un “non sfruttamento” della risorsa e quindi un “fine vita” a cui dovrà seguire la completa dismissione del campo eolico con recupero e avvio al riciclo dei materiali stessi”. E’ talmente assecondante il parere del Comune di Rimini che “nell’eventualità che si decida di procedere con la realizzazione del campo eolico off-shore (…) dovranno essere previste delle forme compensative dirette per il nostro territorio e per i cittadini, da valutarsi nei successivi approfondimenti progettuali”. Per gli effetti sull’avifauna sospende il giudizio in attesa dei risultati della valutazione di impatto ambientale, ma su questo punto gli esperti in materia, come vedremo, la pensano in maniera molto diversa.

La Provincia di Rimini stende il tappeto rosso davanti al progetto e al riguardo i dubbi erano pochi. Qui è il presidente Santi che firma le osservazioni. “L’eolico in mare può essere una delle soluzioni per affermare, in tempi ragionevolmente brevi, l’obiettivo sopracitato”, ovvero “gestire al meglio la transizione energetica per fare in modo che le fonti rinnovabili sostituiscano progressivamente le fossili, per quanto concerne la produzione di energia; in tal senso si esprimono il PAES e il Piano Clima, approvati dalla Provincia”.
Santi chiede garanzie su alcune condizioni essenziali: “il rispetto dei diritti degli attuali utilizzatori dello spazio marittimo interessato dal parco; la compatibilità con gli usi attuali e futuri previsti dalle norme europee (Direttiva 2014/89/EU) e della programmazione dello spazio marittimo così come definiti dallo Stato italiano e dalla Regione Emilia-Romagna; l’esclusione di effetti eccessivamente impattanti sull’aspetto paesaggistico, in relazione all’attuale situazione, e in tal senso dovranno essere ricercate tutte le migliori soluzioni tecniche possibili“. Va da sé che “sarà decisiva, ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica, la valutazione complessiva di impatto ambientale che terrà conto dell’analisi costi benefici, in termini di costruzione di quanto previsto dalla proposta presentata”.

Stesso spartito per il Comune di Misano (mentre non risulta agli atti pubblicati il parere del Comune di Cattolica). Il sindaco Fabrizio Piccioni se la cava con venti righe, concetti “fotocopia” ricalcati dalla Provincia di Rimini.

Toni ben diversi quelli usati dal Comune di Riccione. Allega la delibera di consiglio comunale del 25 giugno che si è occupato dell’argomento (“no alle pale eoliche, orizzonte libero!”) e che impegna il sindaco e la giunta “in tutte le sedi istituzionali affinché venga impedita l’installazione di fronte alla nostra costa, che è una grande risorsa per tutti i cittadini Riccionesi, di 59 pale eoliche alte m. 125 più pale rotanti del raggio di m. 81, che si staglieranno sull’orizzonte del mare con una selva di impianti, il più vicino dei quali a 10 km dalla costa così da rendere visibili le installazioni , esattamente come è visibile la piattaforma estrattiva più vicina, che si trova a 17 km dalla battigia”. Nessuna pubblica amministrazione, ad eccezione di quella a guida Renata Tosi, fa notare un pilastro che dovrebbe essere alla base di qualunque iniziale ragionamento sulle pale eoliche nel mare antistante la Riviera: “Le pale eoliche sono state largamente accettate come generatrici di energia elettrica grazie alle enfatiche affermazioni secondo le quali il vento è gratis e ogni chilowattora prodotto con il vento fa risparmiare combustibili fossili. Tuttavia queste affermazioni non sono mai state dimostrate con dati attendibili, neanche dopo l’istallazione di più di 100 GW di pale nella sola Europa. L’energia dal vento è disponibile solamente se e quando il vento soffia con forza sufficiente: essa non è disponibile su richiesta. Questo fatto obbliga, per stabilizzare la potenza nella rete, o a disporre di sistemi di immagazzinamento, oppure di generatori convenzionali tenuti sempre in funzione”. Un problemino non secondario quello del vento, come fece notare il consulente dell’università di Bologna che studiò i dati prelevati dall’anemometro installato sulla piattaforma Azalea e che concluse mettendo in luce “dubbi sulla fattibilità dell’eolico off-shore nell’Adriatico all’altezza di Rimini”.

Sembra soffiare a favore delle pale anche il senatore pentastellato Marco Croatti, il quale nelle sue osservazioni dimostra di essere ben consapevole dell’«impatto rilevante» del progetto sul territorio riminese, ma si accontenta di chiedere una “concessione demaniale tra le 10 miglia e le 12 miglia marine”, di “estendere il progetto ai compartimenti marittimi confinanti a nord e/o a sud di Rimini” e di “valutare l’ipotesi dell’area oltre le 12 miglia, fino al limite della piattaforma continentale, dove vale la legislazione italiana”. Praticamente sul punto sulla stessa lunghezza d’onda di Gnassi. Con questi correttivi, secondo Croatti, si “potrebbe far convivere l’interesse verso le energie rinnovabili, nell’ottica di una improrogabile transizione energetica del Paese, e le criticità sollevate dal territorio in queste settimane”.

Contrarie senza se e senza ma le organizzazioni regionali dei pescatori (Agci Agrital, Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare Norditalia), che nelle scorse settimane hanno manifestato in piazzale Boscovich, le quali sostengono fra l’altro: “La documentazione esaminata evidenzia che la realizzazione della centrale eolica offshore “Rimini” porterebbe importanti benefici allo sviluppo della piccola pesca costiera; tuttavia tale affermazione risulta essere errata e improponibile, tenuto conto che la stragrande maggioranza della flotta della piccola pesca artigianale è abilitata alla navigazione entro le 6 miglia (mentre il progetto prevede l’utilizzo di un’area compresa tra le 5,4 miglia e le 12 miglia)”. Fanno notare che il progetto è alquanto lacunoso e “non contempla e acclude alcuno studio in merito agli effetti derivanti dai campi elettromagnetici e dall’inquinamento acustico (sia durante la costruzione della centrale sia in fase operativa) sull’ecosistema marino ed in particolare sulla fauna ittica”. Aggiungono che “l’influenza del rilascio della concessione sull’economia ittica romagnola sarebbe assolutamente negativa, soprattutto in considerazione della generale riduzione dei periodi e delle aree di pesca conseguenti alle sempre più stringenti normative comunitarie e nazionali” e chiedono di conoscere quali siano “le associazioni locali impegnate nella pesca incontrate nel 2018 così come riportato nel progetto di sintesi”.

Parere contrario anche da parte dell’Ente parco Delta del Po, che mette in luce la carenza documentale del progetto, in particolare per la “mancanza del modello matematico che analizzi la distribuzione nell’intero areale dell’Alto Adriatico degli eventuali inquinanti ed impatti”. La convinzione espressa è che ci sarebbe un “aumento dell’inquinamento acustico, particolarmente influente sulle specie ittiche” con ripercussioni negative sui delfini e sulla Caretta caretta. Piena unità di vedute, inoltre, con le categorie della pesca: “il progetto prevederebbe l’occupazione del 20% (115 km quadrati) dello spazio totale (620 km quadrati) dell’area marina tra le 3 – 12 miglia del compartimento di Rimini (da Tagliata di Cervia a Cattolica)”.

Una sfilza di rilievi critici sono posti anche dalla Lega Navale di Riccione, che avverte: “Non solo vi è l’esigenza di tutelare la salute umana, di considerare profili di tutela paesaggistica, o anche mere finalità ecologiste, che pure assumono rilievo nel contesto sociale attuale nella comune sensibilità, ma soprattutto si tratta di valutare, con particolare attenzione, il delicato bilanciamento da farsi tra la necessità di impiego delle risorse naturali ambientali per le esigenze umane e la necessità di preservare le stesse per l’utilizzo futuro, a pena della distruzione della stessa possibilità di estrinsecazione della vita umana sul Pianeta”.

Si “oppone decisamente all’autorizzazione” il Comitato Basta Plastica in mare, così come Italia Nostra Rimini, le cui posizioni sono note da tempo. “Non possiamo consentire che un progetto del genere sorga proprio di fronte alle località turistiche balneari di maggior eccellenza della costa emiliano-romagnola, pertanto ci opponiamo al rilascio della concessione”, scrivono il presidente della Cooperativa Bagnini (Diego Casadei) e il presidente di Federalberghi Riccione (Bruno Bianchini). Pure il Club Nautico Riccione esprime “una chiara opposizione alla concessione”, così come l’Associazione ornitologi dell’Emilia Romagna. “L’area è frequentata in ogni periodo dell’anno da varie specie di uccelli marini, gabbiani e sterne per la ricerca del cibo ed è interessata dal transito di uccelli migratori che muovono da e verso i Balcani e il Mar Nero. Informazioni a questo riguardo sono riportate nell’Atlante della migrazione degli uccelli in Italia (https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/pubblicazioni-di- pregio/atlante-della-migrazione-degli-uccelli-in-italia) edito da Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Inoltre, le luci fisse che secondo le disposizioni di ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) debbono essere installate sulle turbine, a 125 metri di altezza, di ognuno dei 59 aerogeneratori, costituiscono un grave pericolo per i migratori, la maggior parte dei quali si muove di notte, poiché, in condizioni di nebbia e/o nuvole che coprono la luna e le stelle, agiscono da richiamo per gli uccelli in transito, attirandoli in trappola al centro del generatore e provocandone la morte per collisione”. Secondo il presidente di Asoer Roberto Tinarelli, “i potenziali effetti negativi interessano numerose specie di interesse conservazionistico incluse nell’Allegato I della Direttiva comunitaria sulla conservazione degli uccelli selvatici, migratori e altre specie inserite in Convenzioni o Accordi internazionali, in Liste rosse o considerate prioritarie a livello regionale”. Da qui le richieste: “che nell’ambito della verifica e della valutazione degli impatti sull’avifauna vengano effettuate indagini conoscitive sul campo della durata di almeno un anno e nel corso delle quattro stagioni, al fine di conoscere gli aspetti quantitativi e qualitativi delle specie ornitiche presenti in un’area del raggio di almeno 5 km attorno alla centrale eolica in progetto; che la valutazione della presenza di migratori diurni e notturni sia obbligatoriamente studiata, oltre che con rilievi a vista, mediante strumenti (come ad esempio radar e termocamere) in grado di fornire tutte le indispensabili indicazioni circa fenologia e caratteristiche dei flussi migratori (altezza e direzioni di volo, intensità ed ogni altro parametro); che l’indagine sia affidata o condotta sotto la supervisione di ISPRA e che i costi dell’indagine siano coperti dal proponente del progetto”.
Quindi 9 osservazioni su 13 sono contrarie al progetto e stando a questo primo tempo della partita l’eolico offshore viene bocciato dal territorio che dovrebbe ospitarlo. Da registrare il silenzio delle categorie economiche di Rimini, a partire dall’Associazione albergatori e da quelle dei bagnini.

Cosa accade adesso? Si dovrà tenere la conferenza dei servizi, programmata il 5 novembre presso la Capitaneria di Porto di Rimini, e le amministrazioni a vario titolo coinvolte entro tre mesi dalla data di indizione (30 luglio) dovranno esprimere le proprie valutazioni. La Regione Emilia-Romagna dovrà dire la sua “per l’ammissibilità sotto il profilo urbanistico e pianificatorio, per gli aspetti legati alla salvaguardia della pesca, nonché per l’autorizzazione ai sensi dell’art. 159 del D. L.vo 2 gennaio 2004, n°42 s.m.i. (ove non delegata agli enti locali)”. Le Province interessate “per il rilascio dell’autorizzazione per interventi sottoposti al vincolo idrogeologico ed eventuali deleghe previste dall’ordinamento regionale”, i Comuni costieri “per l’ammissibilità sotto il profilo urbanistico-edilizio”. E poi l’Agenzia delle Dogane, il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per la Lombardia e l’Emilia Romagna “ai fini della valutazione sull’idoneità tecnica degli impianti, manufatti ed opere”, l’Agenzia del Demanio di Bologna “per gli aspetti dominicali demaniali marittimi e, stante la particolare tipologia costruttiva degli impianti, anche per quanto attiene ai criteri per la determinazione del canone”, l’Azienda Sanitaria Locale “per quanto concerne agli aspetti connessi alla salute pubblica”, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio “per l’eventuale presenza di beni archeologici sommersi e se il sito è sottoposto a particolari vincoli”, il Comando Marittimo Nord “per gli aspetti militari di propria competenza e per quanto attiene al Comando Zona dei Fari e dei Segnalamenti Marittimi di Venezia”. Atteso anche il parere delle Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centro Settentrionale (Ravenna) e del Mare Adriatico Centrale (Ancona) “con riguardo alle eventuali interferenze dell’impianto con le attività e i traffici interessanti le aree portuali di spettanza” e quello dell’Ente Parco Nazionale del San Bartolo e dell’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po “per gli aspetti legati alla tutela dei propri interessi”, per finire con l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile “per quanto concerne le prerogative legate alla sicurezza aerea”.

COMMENTI

DISQUS: 0