A Dio, Sergio.
Osta te…! Quando fu nominato Presidente della Rai, Federico gli mandò un biglietto, perfetta sintesi della riminesità. Potrei chiuderla qui, ma credo che per il “commosso viaggiatore”, “lacrima Christi”, e il “socialista di Dio”, valga la pena e soprattutto la penna di raccontare tutto quello che è possibile. Perché come amava Sergio la sua città, ne ho conosciuti pochi, forse nessuno.
Chiudiamola con la storia che è nato a Ravenna, un incidente può capitare a tutti. Sergio è di Rimini, punto.
Bastava la voce per innamorarsi: suadente, profonda, persuasiva, vera.
Il tono, inconfondibile, ti entrava dentro, penetrava l’anima, avvolgeva il cuore.
A Rimini, l’ultimo dei vecchi amici era Nando Piccari, e siccome ho ancora chi mi vuole bene a sinistra, Nando mi invitò per i novantanni di Sergio. Andammo a pranzo da Vittorio Marinelli (Triglino), il re del risotto. In quattro: Sergio, Adele mia moglie, Nando ed io.
L’incanto fu bellissimo, con racconti che io ruralcorianese non potevo conoscere, e solo chi è innamorato ricorda.
Bevemmo Sangiovese come fanno i Riminesi quando mangiano i sardoncini con la Piada, e il radicchio con la cipolla.
“Sono uno che se potesse, scriverebbe con la penna d’oca”.
A Dio, Sergio.
Rurali sempre.
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