“Contro il covid-19 non sarà una guerra lampo, bisogna mettere in sicurezza gli operatori sanitari”

“Contro il covid-19 non sarà una guerra lampo, bisogna mettere in sicurezza gli operatori sanitari”

"I medici chiedono meno ringraziamenti e più fatti concreti". Parla il presidente dell'Ordine dei Medici-Chirurghi della provincia di Rimini, Maurizio Grossi, e racconta con molto realismo e preoccupazione quello che sta accadendo. "C'è una grossa difficoltà nella gestione di questa emergenza sia a livello territoriale che ospedaliero". Chi è in prima linea va tutelato, come non è accaduto fino ad oggi.

Il Dottor Maurizio Grossi è uno dei nove presidenti firmatari del documento che gli Ordini dei Medici-Chirurgi e Odontoiatri della Regione Emilia-Romagna hanno inviato all’assessore alla Sanità regionale, Raffaele Donini. Abbiamo posto al medico riminese alcune domande.

Il Dr. Maurizio Grossi, presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Rimini

Dottor Grossi, a cura del servizio sanitario della Regione Emilia Romagna abbiamo letto le “Indicazioni provvisorie per le aziende ai fini dell’adozione di misure per il contenimento del contagio da SARS-CoV-2”. Al termine del documento si specifica quanto segue: “Le mascherine chirurgiche sono utili a limitare la contaminazione da parte di una persona con sintomi respiratori (tosse, starnuti, …) e i DPI (dispositivi protezione individuale; ndr) delle vie respiratorie sono indicati per gli operatori sanitari che assistono a stretto contatto persone con sintomi respiratori di casi sospetti o accertati. A oggi non ne è previsto l’uso per altri operatori sanitari e non sono utili né raccomandate come protezione personale per la popolazione generale”. Le disposizioni ci paiono discordanti rispetto alle dichiarazioni di illustri immunologi e infettivologi che, pur rilevando che la mascherina “chirurgica” indossata da una persona (sana) non la salvaguarda dal contagio, evita tuttavia che il virus si propaghi a causa delle goccioline di secrezioni respiratorie di chi (infetto) protegga la bocca con tale ausilio igienico-sanitario. Questo è ancor più vero, considerando che qualcuno stima che ci sia un numero spropositato di malati asintomatici.
«Sì, in verità ci sono molte disposizioni che possono essere non condivisibili. Esistono ampie zone d’ombra nel sistema di prevenzione. Dirò di più. Come espresso nel documento presentato all’assessore alla Sanità regionale, se è vero che “siamo in guerra” bisogna assolutamente che la “prima linea”, come in una guerra di trincea, sia messa in sicurezza perché se cede lei, è finita. Ricorda il primo conflitto mondiale? La prima linea, sfiduciata e stanca, oltre ad avere generali inadeguati che comandavano le truppe, fu la causa della disfatta di Caporetto. Anzitutto vanno eseguiti tempestivamente i tamponi a tutti i medici e agli operatori sanitari che sono venuti a contatto con casi certi o sospetti colpiti dal Covid-19. Medici e infermieri devono essere certi che quando lavorano siano immuni dalla malattia. Non possono stare nel dubbio di contagiare pazienti o colleghi. Queste sono precauzioni di buon senso e possibili da attuare. I medici vorrebbero essere sostenuti, sentirsi protetti e non rischiare il contagio. Ci sono tanti giovani dottoresse e dottori che hanno bambini, genitori anziani. Non vogliono tornare a casa con l’incubo di contagiarli».

Abbiamo bisogno di avere medici in salute che possano esprimere al meglio la loro professionalità.
«Ma certo, perdere personale formato ed esperto per poi assumere in quattro e quattr’otto neo-laureati, non penso che sia molto utile. È meglio avere in servizio personale esperto e protetto, piuttosto che sostituirlo con rincalzi. Non vorremmo arrivare a sacrificare i “ragazzi del ’99”, per intenderci. Segnaliamo alla Regione che c’è una criticità nella periferia, che forse non va tutto bene, come certi messaggi vorrebbero farci credere. C’è una grossa difficoltà nella gestione di questa emergenza sia a livello territoriale che ospedaliero. Dobbiamo mettere in sicurezza gli operatori sanitari, se vogliamo che regga tutto il sistema. Questa non è una “guerra lampo”. Durerà mesi. Gli inglesi, addirittura, dicono che l’epidemia durerà fino alla primavera del ’21».

Non hanno dato il meglio di sé stessi, nelle recenti dichiarazioni. Speriamo che si sbaglino ancora.
«Speriamo che si sbaglino, ma sicuramente l’epidemia non passerà da qui a poche settimane. Questo è certo. Magari si esaurirà questo furore iniziale, ma avrà un’onda lunga. È una marea che sta salendo, poi scenderà. Quando si ritireranno le acque rimarranno le macerie e il fango da mettere a posto. Sarà quello, il problema, non indifferente, del post coronavirus».

Il comparto della sanità italiana si è trovato spiazzato dalla valanga…
«Probabilmente gli assetti sanitari dovranno essere ripensati perché tutta l’organizzazione che era stata posta in essere dalla Regione e dai governi con quella struttura, si è dimostrata inadeguata alla situazione d’emergenza. Era un assetto organizzativo pensato solo per l’ordinario, che a malapena reggeva, ma al minimo moto di straordinarietà è saltato tutto. Quindi va riesaminato. Però, spero che quando succederà vorrei che fossero coinvolti anche gli ordini professionali. Va bene tutto: gli esperti calati dall’alto, i soloni che arrivano con le formule magiche, però a coloro che quotidianamente stanno sul campo, che sono abituati a combattere la guerra guardando il nemico negli occhi, perché non chiedere: “come si fa per migliorare le difese?”. Spero che ci sia l’umiltà di informarsi da chi vive quotidianamente questa situazione. Lo spero, perché non è detto che finita la tragedia, tutto torni come prima. In definitiva, i medici chiedono meno ringraziamenti e più fatti concreti».

Persone in attesa alla farmacia presso l’Ospedale Infermi, assai vicine e senza protezioni (ieri mattina)

All’intera popolazione italiana è caldamente consigliato di muoversi il meno possibile da casa. Questo viene considerato un primo, fondamentale comportamento a cui attenersi il più possibile. Come Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, che disposizioni avete dato ai medici di famiglia, le cui sale di aspetto degli ambulatori sono solitamente molto affollate?
«Dal 16 marzo i medici di famiglia ricevono solo su appuntamento. Ai pazienti viene comunicato se ci sono i presupposti per accedere all’ambulatorio. In tutti i casi, le visite sono effettuate solo su appuntamento. L’accesso diretto, da oggi è stato bloccato in quanto fonte di possibili contagi, sia per i pazienti che per i dottori. Si tratta di “triage” (smistamento; ndr) telefonico, una sorta di “telemedicina”, se così la possiamo chiamare. Questo provvedimento è stato adottato prima da altre province italiane, ma alla fine ci siamo arrivati anche noi. ».

In famiglia siamo iscritti al Fascicolo Sanitario Elettronico. Ove possibile si fa tutto per suo tramite…
«Certo, bisogna implementare il più possibile tutti i sistemi telematici: telemedicina, teleconsulto e analoghi. Oggi che ne abbiamo la possibilità è bene approfittarne».

Conosciamo un medico di famiglia che, pur non decrepito, non fa uso di e-mail, fax o WhatsApp che faciliterebbero la vita, talvolta già complicata, dei pazienti. Pochi giorni fa, pretendeva che ci si spostasse da casa (di questi tempi!) per raggiungere il suo ambulatorio, normalmente gremito di persone, solo perché non ha la posta elettronica.
«Il compito dell’Ordine è anche quello di portare l’aggiornamento professionale a tutti i nostri iscritti. Talvolta ci sono sacche di resistenza. Diciamo che questa figura professionale che mi descrive è veramente inattuale».

A voler essere benevoli, oggi un medico del genere è talmente anacronistico da essere inadeguato anche immaginandolo tra i personaggi dei Flintstone (“Gli Antenati”). Ce ne sono molti, di medici così?
«No, le assicuro che sono pochi. Anzi, sono molto rari».

Meno male, dottore. Buon lavoro.

Perché è fondamentale aumentare i tamponi
Adesso anche la Regione Emilia Romagna si è decisa ad aumentare i tamponi, proprio a partire da chi lavora nella sanità. Lo ha spiegato ieri il commissario ad acta Sergio Venturi. Ma per farlo si è attesa la “protesta” fortissima degli ordini dei Medici e anche un esposto alla procura della Repubblica. Eppure il caso di Vo’ avrebbe dovuto insegnare. Anche il professor Sergio Romagnani, ordinario di Immunologia Clinica dell’Università di Firenze, è stato chiaro al riguardo, sostenendo la tesi della assoluta importanza di “cercare di scovare le persone asintomatiche, ma comunque già infettate perché nessuno le teme o le isola. Questo è particolarmente vero per categorie come i medici e gli infermieri che sviluppano frequentemente un’infezione asintomatica, continuando a veicolare l’infezione tra loro e ai loro pazienti”. Ed ha aggiunto: “Si sta decidendo di non fare più il tampone ai medici e agli infermieri a meno che non sviluppino sintomi. Ma alla luce dei risultati dello studio di Vo’, questa decisione può essere estremamente pericolosa; gli ospedali rischiano di diventare zone ad alta prevalenza di infettati in cui nessun infetto è isolato”.

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