Eravamo una capitale. Possiamo tornare ad esserlo?

Eravamo una capitale. Possiamo tornare ad esserlo?

Bloccato a casa da un ginocchio fuori uso, per la prima volta dopo anni mi sono ritrovato a non dover fare i conti con l’orologio. Quel tempo forzatam

Bloccato a casa da un ginocchio fuori uso, per la prima volta dopo anni mi sono ritrovato a non dover fare i conti con l’orologio. Quel tempo forzatamente regalatomi dall’immobilità mi ha permesso di affacciarmi alla finestra a guardare, senza fretta, la mia città, riflettendo sul suo imminente futuro e sulle sue contraddizioni.

Rimini Rimini
di Mauro Santinato

Presidente Teamwork

Contraddizioni che riguardano soprattutto l’immagine riflessa all’esterno, ciò che percepisce il destinatario per eccellenza e al quale da sempre la città si è rivolta: il turista, italiano e straniero, il potenziale visitatore che oggi trova ben altre mete a cui rivolgere il proprio interesse.

Una situazione dubbia, infatti, sta investendo Rimini: ancora non sono del tutto svaniti i fasti, le glorie e la notorietà degli scintillanti anni ’60 e ‘70, ma, nello stesso tempo, la carica di appeal è scemata in modo evidente e, al sopraggiungere di ogni nuova stagione, ci troviamo a dover competere con altre destinazioni, ben più agguerrite della nostra.

Da circa 10 anni si parla di Piano Strategico e della nuova cartolina di Rimini; Piano Strategico composto di ben 224 pagine di eccellente lavoro.

“Vi siete mai chiesti come sarà questa nostra città tra 20 anni?
Cosa significherà lavorare, intraprendere e abitare a Rimini?
Quali saranno le condizioni dell’ambiente urbano e naturale?
Cosa fare per avere una città più attraente, accessibile, ospitale e più forte nell’economia e nella cultura?”
Queste sono solo alcune delle domande poste proprio nella presentazione del progetto; il Piano Strategico intende fornire una risposta a questi e ad altri interrogativi che riguardano il presente e il futuro della comunità, trasformando le aspettative in azioni concrete per vivere meglio attraverso il coinvolgimento di tutti.
“…è un ‘piano’, quindi un progetto, che deve trovare un’anima, l’anima è l’ideale.
Quale ideale di città noi vogliamo costruire? È ‘strategico’ perché è un progetto di lungo respiro che punta su una città che deve essere viva e vivibile”, così parla il vescovo di Rimini, Monsignor Lambiasi, a proposito del Piano.
“Si tratta di un’occasione importante per consolidare i punti di forza; ma anche di un’occasione per superare i punti di debolezza”, afferma giustamente Maurizio Focchi, Presidente di Confindustria Rimini.
I riminesi sono stati esemplari nell’elaborare idee e progetti, ma non lo sono stati altrettanto nel metterli poi in pratica. E non è certo un mistero che il successo di un progetto, di solito, è 10% idea e 90% azione e realizzazione.
Per fare un esempio, il lungomare, anche con una nuova ciclabile, è sempre identico, con l’aggravante dell’evidente peggioramento e invecchiamento della qualità urbana; mentre basta guardare quello del nostro vicino più prossimo, Riccione, che è stato ripensato e ha cambiato il volto della città.

Concordo con le parole del sindaco Gnassi, quando, a proposito del Piano Strategico, parla di “…necessità di passare dal consumo del territorio alla sua riqualificazione. È necessario avere un nuovo modello di sviluppo, non più quantitativo, ma qualitativo. Bisogna dare un senso a ciò che andiamo a riqualificare…”.
Io non vorrei però che le interessanti opere in progetto rimanessero nel libro dei sogni.

Per la Rimini che verrà è meglio attendere progetti titanici oppure è più utile e vantaggioso concentrarsi e spendere le risorse per iniziative contenute (arredo urbano, fioriere, illuminazione)? Senza dubbio stiamo vivendo un periodo storico estremamente critico dal punto di vista economico che ha cristallizzato e bloccato le attività, annullando ogni slancio propositivo.

Il fatto che gli investimenti siano quasi inesistenti denota una scarsa fiducia nelle potenzialità di Rimini: il potere attrattivo di una destinazione lo si misura anche sulla capacità di richiamare investitori; qui finora non è arrivato nessun magnate russo e siamo ben lontani da quanto sta accadendo in Costa Smeralda o in Versilia.

In realtà oggi vengono al pettine scelte politiche fatte in 50 anni di gestione del turismo riminese, dove si è privilegiato sempre il modello degli anni ‘60 senza rendersi conto che è un modello superato e finito da tempo.

Eseguendo un’analisi piuttosto critica della città possiamo affermare che:
la maggior parte delle strutture ricettive sono in sofferenza;
– hanno una redditività contenuta;
– l’offerta è invecchiata, obsoleta e non è più adeguata alla esigente clientela internazionale;
– il commercio turistico spesso è in mano a extracomunitari;
– l’abusivismo commerciale quindi è dilagante;
– il processo degenerativo è generalizzato.

Molte di queste criticità sono le stesse già riscontrate negli anni ‘80: viabilità, parcheggi, fogne, scarichi, basta sfogliare la rassegna stampa del 1983 e accorgersi che questi temi erano attualissimi anche all’epoca. Probabilmente sin dal 1989 eravamo entrati in piena crisi; allora si diede la colpa alle mucillagini, ma in realtà stavamo già perdendo terreno come destinazione turistica.
Fatta eccezione per la quota di mercato russo, Rimini, ormai, non è più una località internazionale, non ha più l’appeal di un tempo.
Nel 1969 avevamo il 50% del turismo internazionale, nel 2009 solo il 17%; le presenze tedesche dal 1996 al 2010 sono calate addirittura del 54%; negli anni ‘70 avevamo quasi 1.800 alberghi, oggi se ne contano meno della metà.

Facendo una sorta di radiografia della situazione attuale delle strutture ricettive possiamo notare la guerra sempre più incalzante dei prezzi e il depauperamento progressivo dell’offerta.
“19 euro la camera doppia in hotel di 4 stelle” non si era mai sentito… questo ovviamente ha portato a un calo vertiginoso degli indici di performance degli hotel e a una stagionalità sempre più accentuata.

Una situazione critica che le grandi opere come il nuovo quartiere fieristico e il palacongressi, tanto per citarne due, non hanno saputo risollevare: il numero delle manifestazioni, dei congressi e dei visitatori è in netto calo. Sono stati investiti capitali importanti, drenando troppe risorse che potevano in parte essere utilizzate diversamente in modo, probabilmente, più fruttuoso per tutta la città.

Sarebbe stato determinante puntare su opere in grado di rilanciare l’immagine della città: la colonia Murri ferma da 20 anni, la Novarese con il progetto benessere ormai inchiodato, la Bolognese e l’ex Colonia Enel praticamente abbandonate.

Esiste una soluzione?
Rimini deve ripartire dai suoi punti di forza: può contare su una spiaggia organizzata e pulita, sull’ampia e variegata ricettività alberghiera, su eventi che riescono a fare grandi numeri, donando ampia visibilità alla città; e, soprattutto, può vantare la capacità di fare sistema.
Riprendendo ancora le parole di Maurizio Focchi, bisogna avere “radici forti per conquistare il mercato globale”.
Cosa fare, allora, concretamente?
Bisogna ritornare ad avere coraggio con una visione ottimistica, la stessa che aveva avuto il sindaco Ceccaroni negli anni ’60; c’è bisogno di una nuova epoca, di un vero e proprio rinascimento turistico riminese.
Sicuramente bisognerà partire dal favorire un profondo processo di riqualificazione, premiando tutte le imprese turistiche più intraprendenti tramite premi e incentivi edilizi, e ancora, ripensare la spiaggia spingendone la riqualificazione, snellire e agevolare le pratiche burocratiche per ottenere permessi e concessioni; è paradossale che si debba aspettare quasi due anni per ottenere un permesso per costruire.

Schematizzando, i passaggi concreti per ripartire dovrebbero essere:
– conoscere la nuova domanda turistica,
– avviare vivaci relazioni con i mercati, aumentando la presenza alle fiere di settore, soprattutto all’estero (mercati BRIC ed emergenti in primis),
– innovare i processi e rimanere costantemente aggiornati,
– offrire qualità tangibile in ogni ambito, dalla ristorazione agli alloggi, dallo shopping allo svago e intrattenimento,
– investire di più nella cultura dell’accoglienza.

Il turismo è cambiato, è ora di cambiare anche noi.

“Offrire bellezza” diceva Tonino Guerra, valorizzando ciò che abbiamo come territorio perché “il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni” (Eleanor Roosevelt).

Concludo con le parole di Monsignor Lambiasi: “Auguriamo a Rimini di essere una città meno triste e ripiegata, meno pensierosa da una parte e meno spensierata dall’altra… Città dunque da intendersi, e da vivere, non come aggregato di individui, ma tessuto di relazioni”.

Mauro Santinato è presidente di Teamwork, società che si occupa a 360 gradi del settore dell’ospitalità, con un team di professionisti dalle diverse competenze che dal 1988 opera a fianco degli imprenditori e che nel proprio portfolio clienti annovera gruppi alberghieri ma anche enti pubblici, camere di commercio, università, associazioni, consorzi e altro. Svolge attività di consulenza nell’area marketing e vendite, è formatore di catene alberghiere (Holiday Inn, Golden Tulip Worldwide, Domina Hotels & Resorts, The Charming Hotels, Best Western e NH Hotels), ha ideato e promosso club di prodotto (è co-amministratore di Hospitality Marketing), ha realizzato numerosi manuali e pubblicazioni del settore, fa parte del Tavolo sull’accoglienza per l’Expo 2015 della Camera di Commercio di Milano.

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