In un semestre in provincia di Rimini sono cresciute di 135 unità, incremento molto più alto rispetto a quelli registrati a Forlì Cesena e Ravenna. Ecco i numeri ufficiali e qualche considerazione.
L’allarme è stato lanciato da Ance. A livello nazionale «nel secondo semestre del 2021 sono nate 11.563 imprese che operano nei settori dell’edilizia privata, in particolare nella costruzione di edifici residenziali e non residenziali (codice Ateco 41) e nei lavori di finitura e in quelli specializzati come impiantistica elettrica e idraulica (codice Ateco 43)». Lo scrive oggi Il Sole 24 Ore e il presidente dell’associazione nazionale dei costruttori edili, Gabriele Buia, non usa mezzi termini: «Sappiamo che per fare il costruttore nel settore privato non serve nessuna qualificazione, chiunque può entrare in attività e questo è un unicum che non vale per nessun altro settore. Per fare il parrucchiere serve un attestato di formazione, per l’edilizia no. Una situazione paradossale che ora rischia di diventare esplosiva, anche sul versante della sicurezza del lavoro, nel momento in cui molti imprenditori “mordi e fuggi” vedono grandi opportunità di business dal Superbonus e dagli altri bonus edilizi».
Ma cosa sta succedendo a Rimini e in Romagna? Dai dati di fonte Infocamere Stockview, elaborazione Camera di commercio della Romagna (Forlì-Cesena e Rimini), che Rimini 2.0 pubblica in anteprima, emerge una crescita consistente. Erano 15.775 le imprese in Romagna a fine giugno 2021, sono salite a 16.068 al termine dello stesso anno con un incremento di 293 unità. E il maggior balzo si è verificato per quelle riminesi. Da 4.959 a 5.094, +135. Si fermano a numeri più contenuti le imprese edili di Forlì Cesena e Ravenna: nel primo caso +67 e nel secondo +91.
Stiamo parlando dei codici Ateco 41 costruzioni di edifici, 42 ingegneria civile e 43 lavori di costruzione specializzati.
Fra giugno 2020 e lo stesso periodo del 2021 le imprese edili in Romagna sono lievitate dell’1,5%, ma se si vanno a guardare i singoli territori è stata ancora Rimini a fare la parte del leone: Forlì Cesena +0,9%, Ravenna +1,4% e Rimini +2,4%.
Ma è la variazione che mette a confronto il mese di dicembre 2020 con dicembre 2021 a porre in luce l’exploit: +3,2% complessivi in Romagna, così suddivisi: Forlì Cesena +2,2%, Ravenna +2,9% e Rimini +4,6%. Se si osservano i singoli codici Ateco, ad impennarsi a Rimini è stata la voce ingegneria civile (+5,6%), seguita dai lavori di costruzione specializzati (+4,9%) e dalla costruzione di edifici (+3,7%). Per capire l’espansione sul semestre precedente, basta dire che il report di giugno 2020-2021 a Rimini indicava +1,8% (costruzione di edifici), -5,1% (ingegneria civile) e +2,7% (lavori di costruzione specializzati).
Va anche rilevato, grazie alle informazioni diffuse dall’Osservatorio della Camera di Commercio della Romagna, che il boom coinvolge sensibilmente le imprese straniere. Il problema è che queste non hanno avvertito la crisi, come si è potuto leggere sulla stampa, o c’è dell’altro? Perché se è vero che al 31 dicembre le imprese straniere in Romagna sono schizzate ad un non irrilevante +5,6% sul 2020 – il picco maggiore degli ultimi dieci anni – con una performance superiore all’incremento regionale e nazionale, quelle delle costruzioni (al primo posto come incidenza percentuale sul totale delle imprese attive) fra le imprese straniere hanno toccato quasi il 10% in più (+9,2%), battendo commercio, ristorazione, manifatturiero, eccetera, cioè tutti gli altri. Ma guardando a Rimini svetta ancora di più il caso delle imprese straniere: +6% in totale la crescita fra 2020 e 2021, con le costruzioni che fanno registrare un +11,8%, di gran lunga in cima alla classifica rispetto a commercio (+3,4%, alloggio e ristorazione +0,9%, manifatturiero +1,8%, +8,6% altre attività di servizi e +4,7% noleggio, agenzie viaggio e servizi alle imprese).
Chiuso il capitolo dei conteggi, bisognerebbe aprire quello delle considerazioni, e qui ogni “attore” (costruttori, sindacati, ispettorato del lavoro, ecc.) farebbe bene a dire la sua.
Ance nazionale chiede «che si introduca per il settore privato un sistema di qualificazione per chi utilizza incentivi fiscali pagati dallo Stato. Un sistema di qualificazione analogo a quello vigente per gli appalti pubblici ma più leggero e comunque solo per lavori di importo superiore a 258mila euro», come rivendica oggi sul Sole il presidente Buia.
Perché la ghiotta opportunità degli incentivi non dovrebbe favorire gli improvvisati, con conseguenze non solo in termini di qualità dei lavori eseguiti e di impatto sul settore, ma anche su quello della sicurezza.
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