Il glorioso trenino bianco-azzurro riparte dall’elettromotrice “AB-03” per unire Rimini a San Marino

Il glorioso trenino bianco-azzurro riparte dall’elettromotrice “AB-03” per unire Rimini a San Marino

Inaugurata il 12 giugno 1932, fino al 1944 la ferrovia elettrica ha collegato Rimini con il centro storico di San Marino. Ne ricostruiamo la storia, nella speranza che il sogno dell'Associazione Treno Bianco Azzurro possa riuscire a concretizzarsi: rendere nuovamente funzionanti i 32 chilometri del tracciato. Anche dal punto di vista turistico l'operazione sarebbe un successo.

Il 26 giugno del 1944 le squadriglie inglesi della Desert Air Force sganciano 263 ordigni sulla Serenissima (fino ad allora ) Repubblica di San Marino. Il fuoco “amico” martella la tratta ferroviaria, vero obbiettivo del raid, che collega Rimini a San Marino. Salta in aria il segmento ferrato tra Valdragone e Domagnano. Il lancio non esattamente preciso di “confetti alleati”, oltre a distruggere parzialmente la linea ferroviaria, “en passant” causa la morte di 63 persone e il ferimento di altre. Un orrore e un errore dovuto a valutazioni e informazioni sbagliate (sic!). In seguito, Winston Churchill alzerà la mano, le dita ingiallite dall’inseparabile sigaro Romeo y Julieta, per scusarsi. Forse avrebbero dovuto adoperare le Smart Bomb o, come sono chiamate dai non anglosassoni, “Bombe Intelligenti”. Anglosassone o no, la definizione resta comunque un ossimoro. Apparentemente, quei tipi di ordigni esordiscono durante la guerra del Vietnam del ’72.
Per l’universo mediatico “esplodono” ufficialmente durante la prima guerra del Golfo. In realtà le “bombe guidate” furono già sperimentate durante la distruzione di Colonia nel maggio del ’42 per risparmiare chirurgicamente gli stabilimenti Ford e General Motors. Curioso, vero? Tutt’intorno ai due colossi, solo cenere e devastazione (cfr; Nicola Loda – bim. Paginauno del 2007). Ma questa è un’altra storia. Torniamo alla nostra.

E’ la notte tra l’11 e il 12 luglio 1944. Sul Titano, i tuoni delle bombe di quindici giorni prima rumoreggiano ancora nei timpani della popolazione. L’elettromotrice AB 04, l’unica ancora non portata al sicuro, è ferma al casello di Santa Maria della Colonnella di Rimini. Si cerca di portare a San Marino tutto il materiale salvabile, compresi vari documenti. L’ultima corsa del trenino bianco-azzurro vede a bordo solo personale di ferrovia. Alla postazione di manovra c’è il trentaseienne Vittorio Callegarin. L’inconsapevole Caronte conduce in suolo sammarinese la motrice, due carrozze e tre carri, fino alla galleria di Ca’ Vir. Là vengono ricoverati tutti i materiali. Si spera di difenderli dai bombardamenti. Comandata dalla stazione di Dogana, la tensione elettrica viene definitivamente interrotta.

Il trenino è virtualmente morto, ma ha continuato a vivere nel cuore e nei ricordi di quanti, dal 1932 al 1944, lo hanno visto in attività. Per chi, come Vittorio Callegarin che ci lavorò, la memoria di quei dodici anni ha rappresentato un capitolo importante della vita. Ho avuto il piacere di conoscerlo, Vittorio, padre mite e gentile di un caro amico d’infanzia. Daniele racconta che il babbo gli parlava spesso di come quel gioiellino bicolore scendesse dai 643 metri di quota di Città. Il convoglio, mosso dai 3000 volt dell’innovativa trazione elettrica a corrente continua (a Rimini c’erano ancora le vaporiere), percorreva 32 chilometri per connettere i due stati. Il percorso, tormentato di curve, vedeva il treno infilzare una dopo l’altra come fossero perle di una collana, 17 gallerie, otto ponti, viadotti, cavalcavia e sottopassi per terminare la corsa e fiutare la salsedine di Rimini. Il viaggio, su binari a scartamento ridotto, in comodi vagoni con sedili imbottiti (anche in terza classe), durava poco meno di un’ora.

Abbiamo fin qui raccontato la fine dell’avventura ferroviaria, ma com’è iniziata la vicenda italo-sammarinese? Tra la prima e la seconda decade del 900 nasce un fenomeno prettamente italiano. In seguito si espande in Europa dell’est, Russia e Sudamerica. Il Futurismo, partorito dall’irrequieta mente dell’eclettico Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), investe come un turbine il mondo dell’arte, della musica, della letteratura, coinvolge il cinema, l’architettura. Lo stile di vita e il pensiero degli italiani ne è pervaso. E’ uno schiaffo al mondo del secolo appena passato. Un proiettile a propulsione fotonica sparato verso il domani.
La corrente futurista fa del treno uno dei simboli del progresso, del dinamismo, della velocità. Senza pretendere di liquidare in due righe la complessa vita di un movimento artistico e filosofico, deprediamo solo poche parole dal “Manifesto tecnico della pittura futurista” del 1910 (che segue il “Manifesto del Futurismo” del 1909 di Tommaso Marinetti, padre della nuova corrente artistico-filosofica) sottoscritto da Severini, Carrà, Balla, Russolo e Boccioni. Essi affermano: “Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per persistenza della immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono (…)”.

In molte opere pittoriche il treno riassume la sintesi visiva dei concetti testé accennati. Si vedano per esempio Umberto Boccioni ne “Gli addii” del 1911, Luigi Russolo nel “Dinamismo di un treno” del ’12, Vittorio Corona nel “Treno e stazione” del 1921, Ivo Pannaggi nel “Treno in corsa”, 1922 o Fortunato de Pero che nel 1924 dipinge “Treno all’alba partorito dal sole”. Simbolo del progresso e della modernità, il treno è, come il sole che lo riscalda e lo illumina, quindi indispensabile per la vita. E’ dunque in questo scenario che lo Stato di San Marino accarezza il sogno di una linea ferroviaria, cordone ombelicale con l’Italia.

Nel 1927 Benito Mussolini stipula con il conte Giuliano Gozi, Segretario di Stato per gli Affari Esteri del Titano, una convenzione italo-sammarinese fra i due stati. In cambio della cessione all’esercizio di una stazione radio al governo italiano per un periodo di dieci anni, il Dux finanzia l’intera creazione della linea ferroviaria.
Costruzione e attività della tratta sono appaltate alla S.V.E.F.T., Società Veneto-Emiliana di Ferrovie e Tramvie che vince il bando. L’inaugurazione avviene, tra il tripudio generale, il 12 giugno del 1932. Taglia il nastro il ministro italiano delle Poste e Trasporti, conte di Cortellazzo e di Buccari, Costanzo Ciano (padre di Gian Galeazzo). Non è dato sapere se sia stata stappata una bottiglia di “sciampagna” (non si poteva dire champagne), ma immaginiamo che si sian fatte “bollicine” con un severo prosecco autarchico. E viva il Duce.

Foto associazione Treno Bianco Azzurro

Va così che il trenino elettrico verniciato di bianco e azzurro come i colori dello stato di San Marino, senza comignoli e sbuffi di vapore, inanella gagliardo le sinuose corse verso il mare (e ritorno), dieci volte al giorno. Scarrozza sammarinesi e italiani, merci e turisti che vanno a visitare la più antica repubblica del mondo; sosta presso le quattro stazioni e le cinque fermate, fischia la propria presenza ai passaggi a livello e, quando necessario, si arresta per manutenzione e riparazioni presso la fermata di Marina a Rimini. Tutto questo, però, dura solo dodici anni. Quell’undici di luglio, Vittorio Callegarin ripone il “sogno” là dov’era nato, in attesa di tempi migliori. Che però non arrivano. Anzi, le numerose carrozze marchiate Società Italiana Carminati & Toselli di Milano restano per alcuni decenni ferme e inermi in due o tre diversi ricoveri alla mercé di ruggine, vandali e cacciatori di souvenir (per usare un eufemismo). Polvere, ragnatele e corrosione stendono un manto scuro sulla bella favola che fu, del treno bicolore. Numerose fotografie dimostrano le condizioni di sgretolamento in cui versano tutte le rotabili malamente sopravvissute all’insulto del tempo e degli uomini.

Foto Associazione Treno Bianco Azzurro

Per una di queste però, un giorno si materializza, come nelle vere favole, un principe (bianco/azzurro) rappresentato dalla Segreteria di Stato sammarinese e dall’associazione Treno Bianco Azzurro (ATBA). Nel 2012, a ottant’anni esatti del taglio del nastro, riprende corpo ed energia (elettrica) l’elettromotore AB-03. Tra mille sforzi economici e burocratici da parte della Segreteria di Stato per il Territorio, coadiuvata dall’ATBA e dall’impagabile consulenza di un grande esperto di treni (il presidente Massimiliano Marchetti dell’Associazione Roma Vapore Team), la motrice torna a San Marino. La parte telaistica, sbocconcellata dalla ruggine, viene resuscitata da una ditta specializzata di Roma. Quando torna sul Titano, mancano gli arredi e una serie di strumentazioni che vengono montate a tempi di record, se si pensa alla difficoltà di reperire tutti gli elementi che compongono una motrice. Ma Yuma Terenzi e Valeriano Vagnini e non solo loro (non riusciamo a citare tutti i componenti del direttivo), fanno miracoli. Il primo si occupa principalmente della comunicazione, dei rapporti con le istituzioni e i mass media ed è un impareggiabile cercatore di oggetti. Con fiuto e caparbietà da faina, scova e continua tuttora a farlo, strumentazioni di bordo, parti meccaniche, fregi e documenti storici.

Riesce perfino a trovare un telefono Hasler anni ’30, un autentico cimelio, superstite dallo smantellamento di una stazione ferroviaria. Gli viene donato da un elettricista che lo aveva salvato anni prima da sicura distruzione. Non pago, a Cattolica stana lo stemma originale che stava sul muso delle motrici: un fascio littorio. Gli strumenti e gli oggetti, Yuma li fa pervenire immediatamente a Roma all’amico Marchetti che con la consueta competenza e generosità li rimette in ordine. Il secondo personaggio, Valeriano Vagnini, oggi è l’unico macchinista in grado di movimentare l’elettromotrice AB-03. E come responsabile del settore falegnameria per i Lavori Pubblici è risultato fondamentale per un riconosciuto, fedele ripristino del mezzo. Lui si occupa di tutto il restauro degli interni, dai vetri sabbiati alle parti di ottone, dal pavimento in linoleum alla tappezzeria delle sedute in dermòide (finta pelle: all’epoca la chiamavano così) della terza classe che è riuscito a trovare perfettamente identici agli originali.

Grazie a una foto fa ricostruire l’arredo in velluto rosso della prima classe e con un colpo di fortuna rimedia pure quattro introvabili fusibili del reparto elettrico. La minuscola ritirata (il bagno) che dovrebbe essere un luogo affatto idilliaco, regala un impagabile micro lavandino con rubinetto in ottone di piacevole impatto visivo.

E’ un altro reperto ornato nella sede di competenza. Per non parlare poi della lampada di servizio al manovratore, realizzata per emettere un fascio di luce solo sugli strumenti atti alla guida per non farsi cogliere dall’eventuale fuoco nemico. Questa è una curiosità imperdibile da consigliare ai lettori più romantici e curiosi che andranno a visitare l’elettromotrice “risvegliata”. I prossimi appuntamenti per visite e spiegazioni, si trovano sulla pagina FB dell’A.T.B.A.

Come precedentemente accennato, l’acronimo sta per Associazione Treno Bianco Azzurro, costituita il 10 giugno 2011 da un gruppetto di entusiasti sostenitori della Ferrovia Elettrica San Marino-Rimini. I fondatori del sodalizio tengono a precisarne le finalità. Queste: istituire la costituzione di un archivio, promuovere la conservazione, la salvaguardia ed il recupero di tutto il materiale esistente nonché sostenere ogni attività di studio, ricerca e progettazione volte alla realizzazione di un collegamento ferroviario tra Rimini e San Marino, quale alternativa alle attuali forme di mobilità. In attesa che le loro speranze si avverino, si adoperano per preservare al meglio ciò che rimane del materiale recuperabile. Il gruppo direttivo, attualmente composto da sette membri guidati dal presidente Alessandro Rattini, organizza continuamente eventi e occasioni per cogliere l’attenzione del grande pubblico, specialmente quello più giovane che non conosce la storia dei treno bicolore. Al momento si contano più di mille iscritti, ma sperano sempre di aumentare le iscrizioni.
Come direbbe lo Zio Sam del celebre manifesto disegnato da James Montgomery Flagg: “I want YOU!

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