Il Ponte di Tiberio? Pedonalizziamolo veramente

Il Ponte di Tiberio? Pedonalizziamolo veramente

Invece che un trucco da vecchia bagascia, merita di essere liberato dal traffico, come annunciò il sindaco pop.

Forse non sono la persona più indicata per esprimere un’opinione. Non sono di Rimini e non posseggo la stessa perizia delle parti che si avversano riguardo alla recente questione dei beni storici. Vorrei però condividere una riflessione. Il punto di vista dello “straniero”.
Abito a Rimini da ormai sette anni, giusto poco prima che Gnassi fosse eletto Sindaco. In questi pochi anni, forse perché non ho le certezze e i riferimenti del riminese “di diritto”, ho visto cambiare questa città. L’ho vista farsi più incerta, più degradata, più caoticamente trafficata.
E’ colpa di Gnassi? Non proprio, è forse più colpa della debolezza dei suoi punti di riferimento. Sì lo so, a vederlo sclerare non si direbbe indifeso, ma “strutturalmente” ritengo lo sia. In sette anni si è dedicato alle soluzioni più chiassose e colorate che gli siano state proposte dalla sua corte dei miracoli, quasi come eco ad un’incertezza culturale che lo accompagna, come dimostrato nel discorso per il compleanno Malatestiano. Il progetto per il Ponte di Tiberio, nel caso servisse, ne è l’ennesima prova.

Si direbbe, almeno si dice tra noi che non apparteniamo al Fan Club, che l’Augusto Andrea Gnassi provi poca empatia per la Storia comunemente intesa. La Storia come piace a lui sembra avere una dimensione più Pop, che va da Fellini a Cattelan, infischiandosene di poco ripetibili glorie romane. Perché dovrebbero avere tanto valore quei pragmatici ammassi di pietra che resistono a tutto e a tutti? Come si fa a non vedere quanto sono tristi. Pietra d’Istria bianca, tutti quei mattoncini malatestiani, dove sono i colori?
Tiro a indovinare, ma secondo me Gnassi ha sempre avuto bisogno di qualcosa da colorare e se gliel’avessero dato per tempo forse oggi non sarebbe Sindaco; forse avrebbe continuato la carriera di comparsa nei film di Fabio De Luigi. Da amministratore passa una mano di pop su qualsiasi cosa pur di non essere costretto all’ordinario mantenimento dell’operatività. La ciclabile? Va fatta gialla (anche se poi non dura). I cantieri? Li vuole arcobaleno. Il Porto? Calcinculo e ruote panoramiche che s’illuminano di notte e la notte deve essere rosa, ovviamente. Le sagre vanno dentro i tendoni del circo e tutti ‘sti caspita di monumenti devono essere divertenti come il ponte di coperta di una nave da crociera.
E’ come se, consentitemi l’immagine fantasiosa, una pazza con cintura esplosiva caricata a glitter multicolore si fosse fatta esplodere negli uffici del Comune di Rimini. Integralismo POP.

Tutto ciò è sicuramente divertente, ma scarsamente risolutivo, quando non addirittura degenerativo. Rimini, lo dicevo all’inizio, secondo me è peggiorata. C’è un grande impegno per raccontarcela diversa, dinamica, proiettata, ma la sola narrazione non è sufficientemente propulsiva per il moto che descrive. Il Ponte di Tiberio è un esempio, non l’unico, ma uno dei più avvilenti.
Doveva essere pedonalizzato. Non lo dico io, che non sono nessuno e non sono nemmeno di Rimini. L’ha sempre sostenuto il due volte sindaco Andrea, per poi rendersi conto di non essere capace ad indirizzare le risorse verso una valida alternativa alla circolazione. E allora? E allora ecco il miracolo dei finanziamenti Europei, tanti soldi con cui è persino possibile simulare un percorso ciclopedonale tramite passerelle (bicicletta alla mano mi raccomando). Il costo? Drammatico. Buchi nelle mura malatestiane restaurate nel 1751, cambio della prospettiva con cui si vede il Ponte da 2000 anni e un attraversamento in legno e acciaio che, in caso di piena, dovrà essere sganciato e assicurato al resto della struttura, sperando poi di avere la solerzia e la capacità di farlo efficacemente in emergenza.

Le reazioni? Poche consapevoli. Sono quelle di alcuni abitanti del Borgo che cercano di capire, con i mezzi leciti disponibili, come si sia arrivati all’effettiva realizzazione del progetto. Ai loro occhi una vera e propria istigazione all’indifferenza che ha fatto saltare i meccanismi di garanzia a protezione del bene storico.
Per gli altri, i riminesi social, è sufficiente un “Chiamate Sgarbi”. Questa è la reazione più comune alle follie iconoclaste del nostro tempo. Un po’ come se si potesse fare la guerra al declino pop solo con personaggi della televisione trash. Sgarbi, le Iene, Striscia la notizia. Non sono i cittadini che abitano una città a doverla difendere?
C’è anche un altro tipo di riminese, il cortigiano comunemente inteso. Costui mena la coda sotto la tovaglia del Primo Cittadino, aspettando che cadano briciole o cenni d’approvazione. Quanti siano i rappresentanti di questa categoria è difficile dirlo, perché si può pur essere d’accordo con l’operato del Sindaco, dissentire non è l’unica posizione possibile naturalmente. Certe manifestazioni di piaggeria però sono particolarmente evidenti e fanno un certo che allo stomaco. C’è chi arriva a dire (questa segnatevela) che grazie alla passerella si arriverà ad avere prospettive del ponte fino ad ora impensabili.

Io in fondo che ne so. Sono straniero e probabilmente rientro anche nella tanto citata categoria dei Gufi, entità reazionarie ad ogni cambiamento. Gente che, come scrive Samuele Zerbini, indefesso difensore del TRC (per capirci), in un appello gonfio di retorica del cambiamento, sta “con la stessa venerazione che possono avere dei selvaggi davanti ad una nave, o ad un condominio.”
Devo dire che come un selvaggio un po’ mi ci sento quando scendo ai piedi del ponte e mi lascio sublimare dalla certezza che una bellezza così sia oggi irripetibile. Provo una certa soggezione a dire il vero: chi dei contemporanei può costruire qualcosa con la possibilità che duri duemila anni? Certo che ora si meriterebbe un po’ di cura, invece che un trucco da vecchia bagascia. Pedonalizziamolo, dai.
“E invece” – scrive ancora Samuele nell’apologia del progettista anonimo – “l’intervento sull’alveo del Ponte di Tiberio è un intervento assolutamente valido e contemporaneo a chi l’ha disegnato”. Non posso che dargli ragione, mi basta togliere l’aggettivo “valido”. A proposito? Chi l’ha disegnato ‘sto ponte di coperta? Possibile che nessuno voglia passare alla storia come colui che ha firmato cotanto cambio di prospettiva per il Ponte di Tiberio? Si sente sempre parlare di “progettisti”, “uffici comunali”… Che fulgido esempio di socialismo amministrativo. Non v’è disparità negli uffici tecnici del Comune di Rimini, chi ha disegnato il progetto e chi ha fatto le fotocopie per mandarle alla Soprintendenza sono allo stesso livello. L’unico che ha speso il suo nome per difendere il “trattamento groviera” per le mura Malatestiane è stato il dirigente della Soprintendenza per la zona della Valle Marecchia, l’Architetto Vincenzo Napoli. Manco fosse suo il progetto.
Mi fermo qui. Ho solo la residenza e nessun diritto di nascita. Altri si dovranno esprimere sull’opportunità di ridurre Rimini ad una enorme e triste Fiabilandia dove monorotaie passano sotto l’Arco d’Augusto e tutti hanno smesso di cercare il corpo del defunto Genius Loci.
Iura Novit Curia.

Fotografia: ©Gianluca Moretti

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