Proprio stamattina Jamil Sadegholvaad ha cucinato un sermone etico-giudiziario sull'operazione ‘Free Credit’ che «assume contorni penali gravi e preoccupanti, nonché socialmente pericolosi e disgustosi». Sì, ma chi è il difensore di alcuni imputati?
L’avvocato Moreno Maresi è anche assessore della giunta in carica, con deleghe allo sport, società partecipate e patrimonio. Non si è sottoposto al voto degli elettori ma è stato nominato dal sindaco. Quindi scelto e voluto. Ora “Articolo Uno” col suo segretario provinciale Lorenzo Della Chiara, infila la punta nel palloncino della inopportunità: «Apprendiamo dalla stampa che alcuni imputati nella maxi truffa del traffico di crediti d’imposta saranno difesi dall’avvocato Maresi, fresco Assessore del Comune di Rimini» è l’incipit. La storia è quella dei bonus che avrebbero preso strade secondarie, molto secondarie, e che in questo momento è sotto i riflettori dell’Italia intera.
Bisogna aggiungere che a servire l’assist su un piatto d’argento, anzi d’oro, è stato lo stesso sindaco, che proprio oggi ha diffuso un comunicato in cui sostiene che “il quadro che emerge dalle indagini dell’operazione ‘Free Credit’ assume contorni penali gravi e preoccupanti, nonché socialmente pericolosi e disgustosi. Le accuse nei confronti degli imputati, che dovranno naturalmente essere provate nelle sedi preposte, mettono in luce uno scenario criminale profondo e cinico allo stesso tempo, una miseria prima umana e poi professionale che martoria il corpo già debole delle comunità, dell’economia e del lavoro per la pandemia». Rincara Jamil Sadegholvaad: «C’è un aspetto terribile in questa vicenda ed è quello profondamente diseducativo di un pezzo di imprenditoria, sicuramente minoritario e marginale ma comunque esistente, che immediatamente, quasi per riflesso ancestrale, si appropria di una ciambella di salvataggio offerta per il bene comune, trasformandola in una sorta di zattera per la propria avidità, la propria insana voglia di appropriazione. Senza neanche il pur minimo senso di colpa, un lacerto di buongusto». Cita poi una intercettazione (‘È pazzesco, il Governo vuole essere fregato’) «uscita dalla bocca di uno degli imputati». E ci mette un carico da novanta: «È l’inversione grottesca di qualsiasi morale o etica: evidentemente per questi signori se c’è un colpevole delle loro truffe è proprio lo Stato italiano, ‘inopportunamente’ generoso verso la comunità nazionale messa in ginocchio dal virus e necessitante con misure finanziarie straordinarie di essere rimessa in piedi. C’è una convinzione perversa, che forse non è solo auto giustificazione, nel considerare colpevole ‘il buono’, colui che dà, quasi che esso stesso volesse farsi ‘fregare’ e dunque per questo non c’è reato né colpevolezza, al limite ‘furbizia’».
Mette in chiaro che «parte lesa è soprattutto la comunità riminese, i suoi cittadini, il suo tessuto socioeconomico. L’auspicio nostro è che la Giustizia, questa volta, arrivi rapidamente alla verità, qualunque essa sia, fosse anche la peggiore. In quest’ultimo caso, le pene dovranno essere severe, prive di qualsivoglia attenuante. Oggi le parti lese da questa vicenda sono prima di tutto e di tutti 150 mila riminesi».
Questo sermone accalorato non poteva passare inosservato, e infatti appena ha cominciato a circolare non pochi, fra gli amici e i “nemici” del sindaco, hanno rizzato le antenne. Articolo Uno si prende la briga di formalizzare quello che non pochi pensano e non da oggi. «Il mestiere degli avvocati è quello di difendere gli accusati, anche quelli dei reati più odiosi. Ad esempio quelli che, a quanto pare, hanno approfittato della tragedia del Covid per far soldi truffando lo Stato. Per gli avvocati c’è un vincolo deontologico che non può essere dimenticato e va rispettato a tutela degli accusati di oggi e di domani», premette il segretario provinciale Lorenzo Della Chiara. E poi cala l’asso: «Però per gli avvocati non c’è l’obbligo di esercitare la funzione di pubblico amministratore. Si tratta di una libera scelta che a sua volta produce altri vincoli che, senza stare a citare la Costituzione, potremmo classificare alla voce “opportunità”. Parola scivolosa ma assai pregnante, all’interno della quale ciascuno, soggettivamente, è libero di dare interpretazioni. Articolo Uno Rimini non chiede le dimissioni all’Assessore Maresi per palese inopportunità, preferisce lasciare a lui la decisione. Magari chiedendosi se la sua difesa non rischi di essere indebolita dal pensiero che l’accusa riguarda un furto ai danni dello Stato di cui, sia pure in scala locale, egli è amministratore». Messa giù molto bene, suona comunque come un invito a scendere dallo scranno di palazzo Garampi rivolto all’assessore che è anche avvocato, o forse al sindaco perché decida nel merito.
Maresi è anche il difensore del direttore dei lavori eseguiti al ponte di Tiberio, a processo insieme ad altri per i buchi nelle mura malatestiane, di un dirigente comunale nella vicenda Tecnopolo-Acquarena, e lo è stato di Stefano Vitali nel processo Aeradria, conclusosi con l’assoluzione dell’ex presidente della Provincia e di tutti i big della politica e non solo di quella.
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