Jamil vara una giunta più costosa, che premia i non eletti e parte con alcune mine già innescate

Jamil vara una giunta più costosa, che premia i non eletti e parte con alcune mine già innescate

Un assessore in più perché il manuale Cencelli ha avuto il suo peso. Due (uomini) in rappresentanza della "lista Jamil" pescati fra i non eletti, a dispetto delle belle parole sui "campioni del civismo", che hanno portato voti e sono rimasti a becco asciutto. La cultura sottratta a Chiara Bellini. Lo spirito di Gnassi che si manifesta abbondantemente nelle deleghe assegnate. Quelle che contano. Bon voyage!

Una squadra di dieci rispetto ai nove della giunta uscente. Aggiungi un posto in giunta che bisogna accontentarne uno in più. Però in tempi di vacche magre aumentare i costi nella pubblica amministrazione (portando gli assessori da otto a nove, cioè il massimo stabilito per il Comune di Rimini) non è proprio un segnale splendido, anche perché stando al merito alcune deleghe molto “liquide” si sarebbero tranquillamente potute concentrare nelle mani di otto assessori. Ma gli equilibri difficili, figli della trattativa che ha portato alla nascita del “tandem” Jamil&Chiara, presentano il conto.

Tre le riconferme, ma fra queste non c’è l’assessore che aveva brillato maggiormente dal punto di vista della preparazione nella squadra di Gnassi, Gianluca Brasini. I “ripescati” sono Roberta Frisoni, Mattia Morolli e Anna Montini, quest’ultima nei cinque anni precedenti con la responsabilità dell’assessorato all’ambiente che è stato forse il più grosso flop – dopo quello alla innovazione digitale – fra tutte le deleghe distribuite: si pensi solo alla strage di alberi nel centro storico e in varie altre zone della città, al bilancio negativo tracciato dalle associazioni ambientaliste e al clamoroso deficit di verde pubblico ratificato da Arpae in occasione del parere sul Rue. Eppure eccola di nuovo, che ci fa ciao.

Partiamo appunto dalle deleghe della nuova compagine tenendo per ultimo il dominus.
Alla vicesindaca Chiara Bellini sono andate le politiche per l’educazione, Università, formazione e lavoro, politiche di genere, partecipazione. Brilla l’assenza: a chi se non a lei Jamil avrebbe dovuto assegnare la cultura? Invece è stata penalizzata dalle critiche fatte all’opera simbolo della giunta Gnassi, il museo Fellini con annesso snaturamento di piazza Malatesta. Non è un bel segnale. Nemmeno Gnassi si era tenuto la cultura (salvo poi decidere tutto per tutti). E proprio lei nella intervista che ci concesse aveva messo al primo posto degli obiettivi irrinunciabili la costruzione della Rimini del futuro «come un centro culturale di rilievo internazionale, anche attraverso una progettazione condivisa, che si avvalga del contributo di professionisti e che sappia intercettare necessità e desideri, lavorando dove ci sono lacune (direzioni biblioteca e musei, ecc.) e valorizzando i talenti locali». Non sarà lei a condurre questa sfida. Se ne farà una ragione facendo tesoro del suo maestro tibetano che le ha insegnato «che bisogna lavorare con le circostanze».

Roberta Frisoni si tiene le stesse deleghe: mobilità, programmazione e gestione del territorio, demanio. Il segnale politico è chiarissimo: continuità, continuità, continuità. Dovrà cercare di condurre in porto le questioni più delicate, politicamente rilevanti, che certamente non sono rimaste fuori nemmeno dalla campagna elettorale che conta, quella che cucina i legittimi interessi, e anche quelle di cui si è poco parlato a ridosso del voto: ex questura, mercato coperto, Novarese, eccetera.

Mattia Morolli: idem come sopra dal punto di vista della continuità. Si prende il ben più corposo e scottante assessorato ai lavori pubblici insieme all’edilizia scolastica e identità dei luoghi. Lui e Roberta Frisoni saranno le guardie svizzere di Jamil.

C’è poi la sorpresa (in negativo) della lista Jamil: i “miracolati” sono due non eletti. E due uomini. Non c’era una donna all’altezza in quella lista? Kristian Gianfreda si ritaglia le competenze dell’ex vicensindaco Gloria Lisi, e dunque sarà il referente del mondo cattolico e della cooperazione sociale, un settore molto sensibile (decisamente non negoziabile) per la chiesa riminese. Ma è difficile non pensare che il premio per lui sia anche da mettere in relazione con la battaglia condotta contro la candidatura Petitti. L’altro è Moreno Maresi al quale vanno sport, società partecipate e patrimonio. Essendo anche fondatore e vice presidente di Rinascita Basket Rimini si attende di conoscere una sua eventuale decisione: abdicherà oppure no al ruolo ricoperto in RBR, per non correre il rischio di incappare in qualche eventuale “conflitto”? Chissà se la squadra dei più votati della lista Jamil avrà gradito le due investiture di chi non si è sottoposto al giudizio popolare. «Le 32 persone candidate nella lista sono rappresentanti delle parti più vive e più costruttive della città» dichiarava il “portavoce” Gianfreda alla presentazione della lista Jamil. «Questa è veramente una bella squadra composta da tanti campioni del civismo che corrono insieme per la nostra città con competenza e tanta voglia di fare», rilanciava Maresi. Peccato che le parti più vive e i campioni del civismo abbiano portato voti, tanti, e non abbiano ricevuto gratificazioni in giunta. A questo si aggiunga che il Pd, che ha perso circa 5mila voti e due consiglieri rispetto al 2016, ha comunque imposto tre assessori e il vicesindaco, oltre naturalmente al sindaco.

Anna Montini (esterna pure lei). Cavallo che vince non si cambia, ma se non vince? Lei non è stata cambiata e ora si è vista regalare la transizione ecologica (ambiente, sviluppo sostenibile, pianificazione e cura del verde pubblico), Blu Economy e statistica.

Francesco Bragagni gestirà le politiche per lo sviluppo delle risorse umane, servizi civici e toponomastica, legalità, rapporti con il consiglio comunale.

Francesca Mattei avrà un pacchetto di deleghe che comprendono patto per il clima e il lavoro, agricoltura, politiche giovanili, diritti e benessere degli animali, cooperazione internazionale, trasparenza e semplificazione, politiche per la pace.

Juri Magrini. Per lui bilancio e risorse finanziarie, polizia locale, attività economiche, politiche per la sicurezza urbana, protezione civile. Su di lui ci saranno molti occhi puntati e dovrà dimostrare di saper navigare fra la sponda della continuità e quella della discontinuità reclamata dalla sua scuderia di riferimento. Si consiglia l’iscrizione ad un corso di arti circensi (e parte avvantaggiato, troverà già una bella palestra in piazza Malatesta).

Io t’incorono. Il difficile compito della successione.

Infine il sindaco. Si tiene per sé il turismo, così come fece Gnassi (che aveva anche internazionalizzazione, Europa, università, piano strategico), e promozione della città, piano strategico, relazioni europee e internazionali, ma pure la cultura. Il messaggio è chiaro: il museo Fellini non si tocca. Ma dovrà comunque vedersela con alcuni fattori esterni (l’esposto di Italia Nostra su piazza Malatesta e l’incidente mortale avvenuto nello stesso luogo) assai insidiosi per chi dovrà dimostrare eterna fedeltà ad Andrea Gnassi.

La giunta arriva tardi, anche rispetto alla stragrande maggioranza dei sindaci eletti al primo turno (Ravenna, Cesenatico, eccetera), che si sono mossi molto più rapidamente, evidentemente perché corazzati di una maggiore autonomia e piglio decisionale. Sì, perché questa sarà l’altra grande incognita: quale sarà l’arte del comando di Jamil? Non è Gnassi, dice chi lo conosce bene. Vorrà metterci del suo ma disponendo di una capacità di narrazione un po’ deboluccia, non si potrà nemmeno misurare con quella “faccia di bronzo” – politicamente parlando – del suo predecessore. Che le rogne faceva finta di non vederle mentre Jamil correrà il rischio di impantanarsi per mettere una parola su tutto. Andrea si è insediato a palazzo Garampi avendo un tesoretto di opere importanti ereditato da Ravaioli e Melucci che ha dovuto solo completare e inaugurare. Ma i nastri li ha tagliati tutti Andrea e Jamil dovrà cominciare da poco o nulla. Avrà il parco del mare, certo, ma nei tratti più difficili anche per via delle negoziazioni coi privati. Per contro si troverà sul groppone opere da mantenere in vita a suon di soldoni, manutenzioni e sacrifici.
Per affrontare tutto questo lavoro si è contornato di assessori rodati ma di numerosi altri alle prime armi. E anche in consiglio comunale sui banchi della maggioranza dovrà vedersela con new entry che impiegheranno del tempo per capire in che luogo sono finiti.

Una giunta che non brilla, dunque, che dovrà sbucciare cinque anni impegnativi, che dovrà tenere a bada alleati che non hanno ricevuto nulla, come i Verdi. E con candidati dal bottino elettorale robusto che restano a becco asciutto: da Edoardo Carminucci, il più votato fra le fila del Pd, al presidente di Arcigay Rimini Marco Tonti, re delle preferenze per Rimini Coraggiosa. Dimostrando così ancora una volta che certi temi cari alla sinistra vengono buoni per raccogliere consensi ma chi li incarna non riesce ad andare più in là dei banchi consiliari. «Vogliamo un comune che torni a essere presente», ha detto oggi il sindaco presentando la giunta, ma il sacrificio massimo che faranno i neoassessori sarà quello di garantire il ricevimento del pubblico «almeno una volta alla settimana». Due sarebbe stato troppo.

A occhio e croce verrebbe da dire che una opposizione con gli attributi, capace di giocarsela con lo stile e i contenuti di una credibilità da forza di governo, cioè dotata di ingegno e cultura dell’alternanza declinata in positivo, potrebbe dare del filo da torcere a Jamil I.

Qui il comunicato dell’amministrazione comunale.

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