La curiosa “dispensa” che il papa concesse ai riminesi in epoca napoleonica

La curiosa “dispensa” che il papa concesse ai riminesi in epoca napoleonica

La richiesta, partita dal Podestà e rivolta a Pio VII, era quella di accordare a tutta la cittadinanza «l’Indulto delle Carni». Il motivo? Legato alla salute pubblica. Ci pensò il vescovo barone e cavaliere dell'Ordine istituito da Bonaparte, Gualfardo Ridolfi, a comunicare la notizia.

La Quaresima. In tale periodo si adoperano pratiche tipiche come il digiuno ecclesiastico e altre forme di penitenza, la preghiera più intensa e la pratica della carità. È un cammino che prepara alla celebrazione della Pasqua, che è il culmine delle festività cristiane. Oggi pochi osservano il precetto, sono cambiati i tempi e la vita si è ampiamente scissa dalla religione che in antichità faceva parte quasi integrante di essa. E a proposito di questa ricorrenza, oggi – credo – piuttosto desueta, non lo era assolutamente in passato tanto che nella Rimini del 1809 fu quasi un affare di stato, come risulta da un carteggio custodito presso l’Archivio di Stato di Rimini, riguardante l’Archivio Storico Comunale al Titolo XIII “Culto”.
In quell’anno, in pieno periodo di governo Napoleonico, il 3 gennaio il Podestà di allora a proprio nome e a quello dei Savi, scriveva al Vescovo della Città per chiedere di “far ottenere a questa Popolazione l’Indulto delle Carni nella prossima Quaresima”, intercedendo, ovviamente, nei confronti dell’allora Papa Pio VII.
Nell’istanza si adducevano varie motivazioni quali “la pubblica salute e lo stato nella generalità di miseria in cui trovasi questa Popolazione”, per “questo sollievo per l’umanità oltre alla utilità della pubblica salute” a causa della penuria del pescato a motivo di “perdita di non poche barche pescareccie”; e ad altre cause conseguenti ad una fredda – forse abbastanza insolita – invernata.
La risposta dell’allora Vescovo Gualfardo Ridolfi, che nella sua carta intestata ostentava il titolo di “Barone del Regno e Cavaliere dell’Ordine della Corona di Ferro”, non si fece attendere, tanto che giunse il giorno 7 successivo.
L’Ordine italiano della Corona di Ferro fu istituito il 5 giugno 1805 da Napoleone Bonaparte nella sua qualità di Re d’Italia (1805-1814), incoronato il precedente 26 maggio dello stesso anno, e quindi l’alto prelato doveva sicuramente essere legato in qualche modo all’istituzione del regno d’Italia dato che, si dice, nominato da Napoleone stesso.
Il Vescovo nella sua risposta, dopo un’introduzione di rito, assicurava il suo impegno a perorare la richiesta ricevuta presso la Santa Sede con “le mie più fervorose istanze, onde voglia degnarsi di accordare che anche nella prossima Quaresima si possa far uso delle carni, e dè latticini”.
Nel frattanto, il motivo è ignoto o comunque probabilmente Pesaro viveva analoga situazione, il Podestà di quella città scrive al suo pari riminese in proposito. Il giorno 11 gennaio 1809 nella corrispondenza inviata al collega di Rimini, chiede allo stesso di conoscere “quale metodo costì si tenga, onde ottenere la dispensa dai cibi di vigilia nell’immediata Quaresima, e quale sia il canale per cui se ne inoltrino le istanze opportune”. In allegato alla missiva, vi era uno scritto in cui, tra l’altro, si affermava“la dispensa de cibi di vigilia contrarij alla pubblica salute”. Nel carteggio non compare una risposta ma, sicuramente, vi sarà seguita.
L’affare è serio che a tal punto che il 19 gennaio, dopo avere avvertito pure il Ministro dell’Interno, il Vice Prefetto scrive al Podestà di Rimini e lo esorta a rivolgersi al Vescovo per sollecitare l’indulto ritenuto ormai necessario.
Dopo varie attese, finalmente il giorno 11 febbraio il Vescovo comunica di avere ottenuto l’indulto dalla Santa sede, e in allegato all’avviso unisce “alcuni esemplari (di manifesti) perché voglia qualora il creda conveniente, ordinare l’affissione né luoghi soliti di questa città”. Ed ecco il testo della stampa affissa da tale Luigi Nucci e datata 11 febbraio 1809.

GUALFARDO RIDOLFI
BARONE DEL REGNO E CAVALIERE DELL’ORDINE DELLA CORONA DI FERRO
PER GRAZIA DI DIO E DELLA S. SEDE APOSTOLICA
VESCOVO DI RIMINI

Stante la facoltà concessaci dal Sommo Pontefice Pio VII con suo Rescritto del dì 28. prossimo passato Gennajo, e dietro l’assenso riportato per la pubblicazione da S. E. il Sig. Conte Ministro per il Culto sotto il giorno 4. corrente, assicurati Noi del vero bisogno che emerge, accordiamo a tutti gli Abitanti di questa Città e Diocesi; compresi i Regolari dell’ uno, e dell’ altro sesso non astretti da voto speciale, che nella prossima ventura Quaresima possano cibarsi di ogni sorta dì Carni, eccettuati il Mercoledì delle Ceneri, i tre giorni de’ Quattro Tempi, la Vigilia della Santissima Annunziata, e gli ultimi due giorni della Settimana Santa, ne’ quali giorni tutti, come più specialmente dedicati alla Cristiana Mortificazione, dovranno usarsi esclusivamente i soli Cibi Quaresimali; negli altri Venerdì, e Sabbati si potrà far uso delle Uova, e de’ Latticinj.
Ricordiamo però a tutti l’indispensabile dovere dell’esatta osservanza del Digiuno, e l’espressa proibizione tanto della promiscuità de’ Cibi di Carne, e Pesce, quanto delle Bevande di Latte fuori del pranzo, per quelli che sono obbligati a digiunare, ed inculchiamo ad ognuno di compensare questa benigna condiscendenza con Orazioni, Limosine, ed Opere pie proporzionate alla rispettiva condizione, ed al proprio grado, e ci compiaciamo frattanto di compartire a tutti i Nostri Diocesani la Nostra Pastorale Benedizione.
Rimini dalla Cancelleria Vescovile li 10. Febbrajo 1809.

Oggi tutto ciò fa sorridere e appare impensabile, quasi assurdo; ma come abbiamo visto, e accennato in apertura, nella società di allora il fatto costituì un vero e proprio affare di Stato il cui esito favorevole è comunque costato in termini di “compensare questa benigna condiscendenza con Orazioni, Limosine, ed Opere pie proporzionate alla rispettiva condizione, ed aI proprio grado”.
Infine una domanda, ovvia: ma a quel tempo quanti potevano permettersi carne e latticini, e quanti osservavano il precetto per forza o per fede?

Immagine: Agostino Ugolini, “Ritratto del vescovo Gualfardo Ridolfi”, 1807 (fonte: www.beweb.chiesacattolica.it)

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