Sull'utilizzo degli spazi pubblici all’aperto Andrea Gnassi dice una cosa, gli uffici un'altra. Su tutto dominano la Soprintendenza e la burocrazia. "Quando si riaprirà non ci sarà gente che entra nei locali, ma più facilmente si rischieranno ammende e in qualche caso anche la chiusura dell'attività". Loris Cerbara della Antica Cafetteria mette in fila tutti i problemi aperti. E annuncia un incontro col primo cittadino. Ma avanza critiche anche nei confronti delle associazioni di categoria: "ci vogliamo tutelare da soli".
Gli esercenti di Rimini non se la passavano troppo bene già prima dell’irruzione del coronavirus. Pare che (incrociamo le dita e calziamo bene la mascherina), il Covid–19 stia arretrando facendo intravvedere uno scorcio di ripresa della vita normale, quella vita così normale che quasi non ci ricordiamo neppure troppo bene come fosse. È necessario ricominciare a vivere. Ma per vivere si deve lavorare. Alcuni settori hanno già ripreso l’attività, altri si aggiungeranno a breve. Piano piano, anche se l’urgenza di normalità (economica) è pressante. Quindi, arriverà la quiete dopo la tempesta del Covid? Niente affatto. Dopo la tempesta, per qualcuno si prospetta l’uragano, stando alle reazioni scatenate in loco dalla comunicazione trasmessa dalla Soprintendenza di Ravenna a sindaci e prefetture delle province romagnole. Ecco cosa ne pensa un gestore di esercizio pubblico in piazza Tre Martiri, Loris Cerbara dell’Antica Cafeteria (nella foto).
Qual è la sua percezione riguardo il ritorno alla vita lavorativa locale, nello specifico del suo settore? Avrete detrazioni fiscali, agevolazioni? Poi c’è quella circolare da Ravenna, mal digerita…
«In genere mi baso su ciò che sento dai media. In aprile il presidente del Consiglio ci dice che non avremo problemi, che avremo un “bazooka” da 750 miliardi (in totale) per le imprese ecc. ecc. La faccio breve: ci ha tranquillizzati. Poi però le cose sono andate diversamente. Non credo che la colpa sia tutta di Conte, ma di uno Stato che se non è fallito è pericolosamente molto vicino dall’esserlo. Quindi mi sarebbe parso più saggio ed evidente dire la verità agli italiani e spiegare loro che di soldi non ce ne sono perciò facciamo quel che possiamo. Ma a parte questo, vorrei venire ai problemi locali, a quelli che riguardano da vicino Rimini. Ho ascoltato anche le parole del nostro primo cittadino Andrea Gnassi che sinceramente ammiro. Come detto in altre occasioni, da me non sentirete mai parole scaturite da politica di parte. Sia che faccia critiche che elogi. È un mio modo di essere. Dico ciò che penso prescindendo dalle ideologie. Spero che questo sia chiaro. Nel caso specifico di cui sto per parlare, troverei particolarmente fuori luogo basarmi su politica di parte, ma mi regolo su ciò che ascolto. Da parte del nostro sindaco, ho sentito che potremmo usufruire gratuitamente degli spazi pubblici al di fuori di ciò che ci è normalmente consentito. Ciò significa che si potrà riprendere a lavorare e soprattutto che avremo la possibilità di resistere. Questa è la prima cosa».
Avrete accesso a finanziamenti pubblici, pare. Non senza difficoltà e molte scartoffie. È la regola.
«Sì, inoltre bisogna considerare il fatto che i soldi ce li prestano e che prima o poi vanno restituiti. Per restituire del denaro bisogna lavorare, giusto? Fin qui è tutto chiaro. Sentiamo parlare di questa opportunità da Gnassi. Ci illudiamo di poter fare alcune cose, di poter dire: bene non perderò tutti i coperti che avevo a disposizione, mi posso allargare e recuperare almeno parte delle persone che non riuscirei a tenere nello stato in cui sono ora per le nuove disposizioni contro il virus. Tra noi esercenti c’è subito grande euforia, “grazie, è fantastico!”, ci diciamo l’un l’altro, “meno male che qualcuno pensa a noi e ci aiuta”. Sembra addirittura che il COSAP – (Canone per l’occupazione permanente di spazi e aree pubbliche) venga ridotto al 50% e in qualche caso possa essere perfino gratuito. Ma comunque ci sarà uno sconto sul COSAP. L’occupazione spazio, per i giorni in cui non hai lavorato e quello di cui usufruirai in più, non dovrai pagarlo. Tutto questo a detta del sindaco. Nonostante le sue buone intenzioni, a cui credo, alcuni personaggi pagati dallo Stato, vale a dire da noi, con le nostre tasse, mi fanno venire strani pensieri. Faccio fatica a credere a questi soggetti per cui, per documentarmi, chiamo la dottoressa Caprili dell’ufficio COSAP e le chiedo se veramente ci sono nuove disposizioni in merito all’occupazione aree pubbliche. Risponde che sì, ci sono direttive al riguardo, ma si affretta a mettermi in guardia: “attenzione, non è che voi di piazza Tre Martiri la possiate occupare tutta. Ci sono delle regole, c’è la Soprintendenza di Ravenna… . Lei deve fare un disegno che illustri dove mette i tavolini, quindi è necessario che si avvalga di un tecnico”. Davanti agli occhi, come su uno schermo di “realtà aumentata” (ha presente?) ho visto comparire la cifra di 5/600 euro. E prosegue: “Poi lo deve presentare al Comune che a sua volta lo gira alla Soprintendenza, la quale ha centottanta giorni per rispondere”. Quindi, in linea teorica, ma anche in pratica, potrebbe dare il proprio parere allo scadere del centosettantanovesimo giorno, come è sua facoltà».
Arrivereste dritti dritti, giusto in tempo per entrare allegramente nel mese dei morti… a novembre.
«Come no, di sicuro l’estate me la posso scordare. Come se non bastasse, il dottor Cozzolino (architetto, dirige la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini; ndr) mette dei paletti molto seri: i pubblici esercizi che vogliono ampliarsi devono acquistare sedie in metallo di un colore che decide lui, gli ombrelloni che dice lui e tenerli ben a distanza. Tutto questo, tra l’altro, vale solo fino al 31 di novembre dopo di che tutto decade. Allora mi domando: come mai Andrea Gnassi, sempre puntuale nelle cose che fa, non si è confrontato prima, con la Soprintendenza? Perché non ha chiesto informazioni? Sono convinto e come me la stragrande maggioranza di gestori dei pubblici esercizi, che la nostra Amministrazione Comunale sia con i commercianti perché si rende conto che se gli esercizi non lavorano e non pagano le tasse, il Comune non può fare certi investimenti e pagare i dipendenti pubblici. Questo lo capisce, pertanto fa un ragionamento da imprenditore. Però mi chiedo: perché gli uomini dello Stato di cui si parlava poc’anzi, sempre pagati con le nostre tasse, invece di occuparsi di monumenti, si stanno appropriando in libertà di tutti i poteri che qualcuno a Roma ha detto che vorrebbe evitare che si dessero? Sempre gli stessi signori stanno entrando nella vita quotidiana dei pubblici esercizi».
In che senso? Intende dire che la Soprintendenza ha un peso troppo rilevante?
«Non danno certezze, ma solo incertezze e noi che dobbiamo pagare i soldi che abbiamo chiesto alle banche per ripartire con le nostre attività, non vorrei ci ritrovassimo nella situazione in cui, magari tra due o tre anni il signor “Soprintendenza” di turno dicesse: “adesso i gazebo li togliamo. Vi diamo la possibilità di lavorare solo con sedie, tavoli e ombrelloni”. Così quando tira il vento, cadono o volano via con il rischio di far male alla gente. Quando piove non si lavora, per cui il profitto si riduce del 30/40%. Perché nessuno fa nulla? Perché mai dobbiamo accettare e ingoiare tutto questo? Queste cose non le sopportiamo più».
Possibile che non tengano in nessun conto il particolare momento di enorme crisi economica?
«È pronta a scattare una sommossa senza precedenti verso la Soprintendenza, da parte degli esercizi pubblici. Mi permetto di dare un suggerimento all’architetto Cozzolino: per un certo periodo di tempo, cerchi di rivedere le sue posizioni e ci lasci lavorare. Guardi che non andiamo a distruggere i monumenti. Se la gente si siede all’esterno è bello anche per i monumenti che si sentono osservati e, avendo anche loro un’anima, sono sicuro che siano soddisfatti di questo. Non so se esista una branca della filosofia al riguardo, ma io la penso così. Chiedo scusa se i miei toni sono un po’ esasperati, ma facciamo veramente fatica, siamo in grande difficoltà, direi quasi alla disperazione. Se poi ci si mette anche lo Stato, beh, allora stiamo proprio messi male. Vorrei fare ancora una considerazione».
Ne ha facoltà.
«Sto notando che in tutta Italia si stanno facendo molte contravvenzioni agli esercizi pubblici e alle persone, spesso per delle virgole, talvolta anche per nulla. Sono abituato a pensarla male e spesso ci prendo: non è che per caso lo Stato ha necessità di incassare e comincia a multare a tappeto per incamerare soldi che non ha per poi distribuirli alle aziende sotto forma di prestito o magheggio affine? Mi viene da fare questa osservazione. Mi sbaglierò, ma qui c’è la caccia al verbale. E io che devo aprire il 18 di maggio e non so come aprire, nel senso che non so come devo fare, rischio le sanzioni. Questo, per dire che siamo di fronte a una situazione tale per cui tutti i miei colleghi, quando riapriranno non avranno gente che entra nel loro locale, ma più facilmente rischieranno ammende e in qualche caso anche la chiusura dell’attività. Questo non è affatto il modo di procedere di un paese democratico, ma quello di un paese autoritario. Invito tutte le persone, compresi i dipendenti pubblici (pagati dalle partite I.V.A.) a ribellarsi contro questo sistema, ad unirsi con la loro solidarietà agli esercenti perché diversamente non ce ne sarà più nemmeno per loro. Per alcuni non ci sono problemi. Il 27 arriva lo stipendio e ciao, ma non è detto che sarà sempre così».
La gente non è così sprovveduta. Sa bene che se il treno dell’economia non cammina più, ognuno ne rimane coinvolto. Piuttosto, le associazioni di categoria come commentano le richieste di Ravenna?
«Sentendo i miei colleghi, assicuro che moltissimi di loro hanno espresso giudizi negativi: dicono di essere stati abbandonati dalle loro associazioni e che per questo devono fare da soli. Ci sarebbe un progetto che ritengo possa andare a buon fine. C’è l’idea di formare una sorta di comitato, di sodalizio tra di noi, un organo indipendente da tutte le confederazioni dove si eleggono dei responsabili da mettere alla guida. Abbiamo realizzato che non siamo per nulla protetti da chi dovrebbe farlo. Quindi ci vogliamo tutelare da soli. Per farsi ascoltare bisogna essere in tanti, per cui sicuramente ci sarà una fuga di associati a meno che le associazioni di categoria non comincino a fare il loro lavoro… ».
Ci risulta che presto avrete un incontro con il sindaco. È così?
«In sette, siamo stati incaricati per fungere da portavoce di 3/400 esercenti per incontrare, la prossima settimana, Andrea Gnassi. Abbiamo scritto un manifesto di legittime richieste per avere le opportunità di ricominciare, per rimetterci in pista. Sentiamo la necessità di fare alcune richieste. Abbiamo compilato un elenco, condiviso da tutti. Intendiamo coinvolgere il presidente della Regione Emilia Romagna Bonaccini. La sua partecipazione è estremamente importante e se il Sindaco è d’accordo (crediamo che lo sia al cento per cento) dovrà incontrarsi con Bonaccini il quale, con una disposizione in deroga, ci consenta di ottenere ciò che chiediamo. Analogamente a quanto accadde quando ci fu il fenomeno delle mucillagini e furono fatte particolari concessioni in via straordinaria agli operatori turistici locali. La situazione emergenziale ebbe un’onda lunga di agevolazioni che si protrassero nel tempo. Chiederemo sostanzialmente un trattamento analogo. Se il presidente della Regione dovesse rispondere positivamente, a quel punto ci potremmo dire a cavallo: in tal caso infatti, la Soprintendenza perderebbe il proprio potere».
Siete decisamente in rotta di collisione con “Ravenna”.
«Quello che deve fare quell’organismo è tutelare i monumenti, non auto legittimarsi a fare qualsiasi cosa trincerandosi dietro la parola “paesaggistico/a”. Questo termine dice tutto e niente. Verso marzo o aprile di tutti gli anni (tranne questo, per ovvie ragioni) normalmente c’è una maratona che si corre a Rimini. Si faccia dire dall’organizzatore le peripezie a cui è stato costretto per farsi concedere l’autorizzazione a mettere il traguardo all’arco d’Augusto. Ha dovuto sudare sette camicie. Mi viene da pensare che il dottor Cozzolino sia un nemico degli esercizi pubblici. Faccio fatica a pensarla diversamente e come è mio costume, se lo penso, lo dico. Temo che a Rimini, se dovremo rispettare quella circolare, avremo vita molto dura».
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