La soluzione per la Gambalunga senza più spazi è Palazzo Lettimi

La soluzione per la Gambalunga senza più spazi è Palazzo Lettimi

Chi frequenta la splendida Biblioteca sa bene quali siano i problemi che si trascinano: sale sempre più piene e la necessità di affidarsi a magazzini esterni per il deposito delle collezioni librarie e di numerose riviste. Tra l'altro con una spesa non indifferente. In passato la via d'uscita fu individuata nell'utilizzo di Palazzo Visconti. Ma oggi non occorre guardare lontano prevedendo un ulteriore sviluppo. Che forse è lì a portata di mano.

Frequentando la prestigiosa Biblioteca Gambalunga, vanto riminese e non solo, la cui importanza e storia travalica i confini cittadini, si provano alcune sensazioni meritevoli di essere approfondite anche con l’aiuto di qualche episodio avvenuto in passato. Ma vorrei partire dal principio, cioè da alcune domande poste il 7 febbraio scorso all’Ufficio Stampa del Comune di Rimini, che togliendo i preamboli, i ringraziamenti e i saluti finali, si riassumono in queste:

Quanti e quali sono i locali utilizzati dal Comune di Rimini per il deposito di libri e/o altro (riviste? eccetera) della biblioteca Gambalunga?
Quale la ragione di questa scelta?
Per i diversi locali utilizzati vorrei conoscere anche il canone corrisposto e la data di inizio del pagamento dello stesso, ovvero da quanto tempo i locali vengono utilizzati per i suddetti scopi.
Nel caso dei libri e/o altri materiali, quanti sono quelli che si trovano depositati all’esterno della biblioteca e che presumo l’utenza possa richiedere come prestito librario?
Questa situazione incide nei tempi di consegna dei libri prenotati per la consultazione esterna?

Il 27 febbraio dallo stesso Ufficio dell’Amministrazione comunale è pervenuta la seguente risposta:

“Gentile signor De Vita,
la Biblioteca Gambalunga, come avviene nella maggior parte delle biblioteche di medio-grandi dimensioni, utilizza alcuni magazzini esterni per il deposito delle collezioni librarie che non trovano più posto nei locali della sede storica. L’utilizzo di magazzini esterni è un fenomeno fisiologico conseguente a due aspetti: l’incremento delle collezioni per acquisti e lasciti; lo sviluppo degli spazi riservati ai servizi al pubblico che devono avere la prevalenza su quelli destinati ad archivio. Per motivi conservativi e di frequenza d’uso i materiali collocati nei depositi esterni corrispondono a due caratteristiche: sono poco utilizzati; sono esclusi da vincoli conservativi rilevanti.
Attualmente utilizziamo due magazzini esterni, uno di proprietà comunale all’interno dei fabbricati di via della Gazzella in cui sono conservate alcune collezioni di riviste; un secondo deposito si trova a Rimini in via IV Novembre nel palazzo della Curia Diocesana. Per l’uso di questo secondo magazzino è in essere un contratto d’affitto tra il Comune di Rimini e la Diocesi di Rimini, decorrente dal 22/10/2018, con un canone annuo rimasto invariato di 13.000 €. Nei tre locali di via IV Novembre sono conservate sia riviste che libri. Tutti i materiali conservati nei depositi esterni rientrano nella casistica dei tipi di materiali esclusi dal prestito diretto, sono però tutti consultabili in biblioteca a richiesta, prenotandoli con un giorno d’anticipo, come specificato sul sito internet della Biblioteca nella pagina dedicata al servizio di prestito.”

Il riscontro che attesta aspetti di “ordine fisiologico” per quanto riguarda la dimensione, e importanza aggiungo, di quell’Istituzione, evidenzia alcuni fattori considerevoli. Il primo, come ovvio, si riferisce alla mancanza di spazi per l’incremento di lasciti e acquisti di materiale librario; come peraltro fu il volere del fondatore Alessandro Gambalunga. Il secondo, concernente gli spazi da riservarsi al pubblico “che devono avere la prevalenza su quelli destinati ad archivio”. Facciamo un passo indietro nella storia, per ora, in un periodo in cui evidentemente erano insorte problematiche similari.

Già nel 1953 l’allora Direttore Reggente della Biblioteca scriveva al Soprintendente Bibliografico per esprimergli “…tutta la mia profonda riconoscenza per avere entusiasticamente lavorato per la realizzazione di un progetto che porterà Rimini all’altezza che gli spetta per tradizione e merito…”. Evidentemente si riferiva al progetto di ricostruzione del Palazzo Visconti, attiguo a quello della Biblioteca, per ampliare quella struttura.
In seguito, in data 21 aprile 1955, il Direttore scriveva al Commissario Straordinario del Comune di Rimini significando le gravi criticità a cui la Biblioteca era soggetta che rendevano “ormai quasi impossibili la collocazione di libri di recente ingresso”, e una razionale organizzazione dei servizi, proseguendo con la richiesta di conoscere a che punto fossero le trattative per la ricostruzione di palazzo Visconti, di cui era già stato approvato il finanziamento di ricostruzione per danni di guerra subiti. Concludendo, infine, affermando che “tale ricostruzione risolverebbe per almeno mezzo secolo il problema di un razionale funzionamento dell’Istituto”. Ne seguiva una risposta con la quale si ragguagliava che la pratica era in corso, ma con modifiche richieste dal Provveditorato delle OO.PP.. Per completezza d’informazione, il nuovo fabbricato si sarebbe dovuto dividere con l’Istituto Tecnico R. Valturio, ma prima ancora fu sede della Scuola di avviamento professionale “A Bertola”.

PALAZZO VISCONTI
Presso l’Archivio di Sato di Rimini nel fondo del Genio Civile nella cartella N° 310, la storia recente di palazzo Visconti. La perizia di stima prevedeva un importo di Lire 45.000.000, di cui realmente Lire 27.500.000 per danni di guarra, ed il rimanente importo a completamento di Lire 17.500.000 surrogato da quelli di edifici danneggiati e più ricostruiti, quali “casa comunale prospicente le vie Savonarola, Mameli e Cogullo”, e “palazzine comunali ex sede Croce Verde in Corso Umberto I”. La costruzione prevista con telaio in cemento armato, e solai in latero cemento calcolati appositamente per edificio scolastico e biblioteca, fu eseguita dall’Impresa Silvestroni Marino di S. Pancrazio di Lugo, allora molto attiva in Rimini per la ricostruzione postbellica.

Successivamente alla costruzione del nuovo plesso scolastico Istituto Tecnico per Ragionieri e Geometri “R. Valturio” in località Colonnella, sul finire degli anni ’60, Palazzo Visconti rimase a totale uso della Gambalunga come lo è anche oggi.

LA SITUAZIONE ODIERNA
Mentre allora fu trovata una degna soluzione al problema, oggi la situazione non sembra intravvedere grandi prospettive. La dislocazione in varie parti di fondi librari genera evidentemente disfunzioni; quanto poi agli spazi per la consultazione, vi è da dire che ormai essi sono quasi totalmente e quotidianamente occupati dagli studenti universitari, specie quando la loro Biblioteca didattica chiude per vacanze di calendario.
Inoltre si consideri che il Comune di Rimini dal 2018 fino ad oggi, ha speso un importo pari a oltre 70.000,00 Euro per affitti del magazzino di Via IV Novembre; in sostanza poco spazio per consultazione, disagi e costi, che chiederebbero una risoluzione ormai non più rimandabile.

LA SOLUZIONE
La soluzione al problema ci sarebbe. È presente, visibile a tutti fuorché a coloro a cui manca una visione culturale che esuli dai falsi modelli di cui essi stessi sono fautori o conservatori: Palazzo Lettimi.
La vergogna cittadina ha visto la sua storia, tra gli anni ’50 e ’60, tormentata da insensate demolizioni in nome di una “pelosa” incolumità pubblica (qui), che ne ha via via distrutto quel molto che le bombe avevano risparmiato. Ci sarebbero molti elementi per narrare questa storia di distruzione postbellica, maggiore di quella inflitta dai bombardamenti.

Palazzo Maschi poi Lettimi, immagine anteguerra (Biblioteca Gambalunga Rimini)

La miopia amministrativa non riesce probabilmente a vedere la strategicità del monumento negato, e della sua naturale vocazione ad essere organico alla Biblioteca poiché prossimo alla stessa. Si restituirebbe così alla città un importante gioiello storico e lo si renderebbe fruibile alla collettività e alla – vera – cultura. Solo per questi motivi, ogni altra diversa soluzione sarebbe uno snaturare un’Istituzione nata nel centro cittadino, il suo contesto e la sua peculiarità che da ciò ne consegue.
Invece di comprendere che la vera destinazione d’uso di Palazzo Lettimi è legata alla cultura, e quale mai più di una Biblioteca, lo si tenta di “appioppare” per improbabili fini. Non è un segreto che a Rimini in un recente passato siano stati indirizzati notevoli fondi economici, spesi poi in modo discutibile quando non bizzarro, con parte dei quali si sarebbe concretizzato il progetto di restauro del predetto monumento; sono certo però che si sia ancora in tempo, basterebbe volerlo; l’operazione di Palazzo Valloni insegna.
Però, per contro, oggi la politica locale riguardo a Palazzo Lettimi, sa esprimere solo annunci di spettacolini estivi. Magari mutuando alcuni versi di un brano di un noto cantautore, il titolo della serie è palese: “stiamo ballando tra le rovine sulle macerie”. Perché così è in un ridotto paesone di provincia che ambisce ad essere Capitale della Cultura, senza neppure avere …un Assessore alla Cultura.

COMMENTI

DISQUS: 0