Il Comune di Rimini si è appellato al Consiglio di Stato per cercare di ottenere i 10 milioni di euro di risarcimento che reclama dalla società costruttrice della nuova questura. Ma il giudice di secondo grado della giustizia amministrativa si trova a fare i conti con un numero di appelli quattro volte superiori a quelli che potrà esaminare il prossimo 21 luglio. E chiede alle parti: c'è ancora interesse a proseguire questa querelle?
Esattamente dieci giorni dopo che la giunta del Comune di Rimini ha approvato la delibera relativa al Programma integrato di edilizia residenziale sociale (per partecipare al bando della Regione Emilia Romagna), ovvero il progetto delle case popolari al posto della “nuova questura”, il Consiglio di Stato ha emesso una ordinanza che ricorda a tutti quanto sia problematica, anche dal punto di vista “legale”, l’operazione avviata da palazzo Garampi sull’area che avrebbe dovuto ospitare la “cittadella della sicurezza”.
E’ in ballo davanti al Consiglio di Stato un ricorso del Comune di Rimini che risale al 2014, contro la società Da.Ma., il fallimento Da.Ma srl in liquidazione, e nei confronti del ministero dell’Interno. Chiede la riforma della sentenza del Tar Emilia Romagna che risale all’anno prima, ovvero il 2013. L’amministrazione comunale reclamava 10 milioni di euro di risarcimento per i danni subiti: “necessità di riprogrammare l’area, disagi conseguenti alla mancata localizzazione della Questura, deterioramento dell’immagine del comune a causa dell’inadempimento della DA.MA”, così elencava il giudice di primo grado. Che però rispondeva picche davanti alla pretesa risarcitoria: “Ritiene il collegio che nella prospettazione del comune manchino concreti elementi di prova del danno subito, in quanto le proposizioni formulate non sono tali da configurare un danno diverso da quello della necessità di ripianificare l’area, aspetto in ordine al quale mancano circostaziati elementi di fatto costitutivi di danno (si veda per la necessità di fornire elementi circostanziati di prova del danno C. St. VI n. 5864/2009; V n. 5585/2008). In conclusione la richiesta di risarcimento danni deve essere respinta”.
Quindi il Comune di Rimini si è appellato al Consiglio di Stato. Arriviamo così all’ordinanza di una decina di giorni fa. Cosa dice in sostanza? Che il 21 luglio prossimo è in programma una udienza straordinaria che dovrà trattare ben 75 appelli pendenti presso la sezione quarta del Consiglio di Stato e proposti nell’anno 2014, in aggiunta agli appelli da definire sulla base dei ruoli ordinari d’udienza. Quelli ancora pendenti e da decidere sono 280, sempre del 2014. Una mole di lavoro gigantesca, tenuto conto del numero dei magistrati assegnati alla sezione, per cui occorre valutare quali debbano essere i 75 appelli da fissare, su 280, per il 21 luglio. Per farlo il Consiglio di Stato vuole acquisire tutta una serie di elementi di valutazione, a partire da uno basilare: c’è ancora interesse a proseguire questa querelle, oppure le parti in causa rinunciano alla materia del contendere? Entro il termine di 30 giorni le parti dovranno rispondere a questo ed altri quesiti e depositare la relativa documentazione.
E’ una delle tante incertezze che gravano sulla nuova questura, che il progetto delle case popolari non sembra però considerare, visto che ipotizza un Programma integrato di edilizia residenziale sociale che si sviluppa come se “planasse” su un’area vergine. Non è l’unica stranezza di quel Programma, che va a mettere le mani in zona stadio, oppure colloca un palazzo di 12 piani per uffici comunali, un centro commerciale e una quantità di alloggi, prevedendo in tutto appena 356 posti auto più altri 200 in zona stadio. E’ vero che 20 alloggi Erp su 24 avrebbero il box auto (quindi nemmeno tutti), ma 356 non sarebbero nemmeno sufficienti per rispondere alla richiesta di stalli legata agli uffici comunali. Per non parlare dei 200 per uno stadio di quasi 10mila posti. Da ultimo, su questa operazione legata alla delibera di giunta del 17 febbraio scorso non è stato previsto nulla in bilancio. Chi espropria, con quali soldi, chi fa cosa? Non a caso qualcuno ha già sentenziato: “non è fattibile“.
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