E' il terzo monumento romano di Ariminum con il Ponte di Augusto e Tiberio e l'Arco di Augusto. Se fosse scavato e messo a posto attirerebbe i turisti nazionali, europei e degli States. Risposta competente a chi parla di "impostura".
Caro Luigi Franchini,
da come scrive lei mi sembra avere la mia età – vado per gli 80 – e, non si offenda per favore, lo dico senza cattiveria, appare proprio senza competenze di archeologia o di storia, ma giustamente preoccupato per eventuali spese che ritiene straordinarie ed eccessive che il nostro povero comune dovrebbe affrontare per restaurare l’Anfiteatro e ricostruire altrove il Ceis.
Sono uno dei suoi “appassionati di archeologia” e la sua lettera mi ha stimolato tanto da volerle rispondere in amicizia, perché no? Si possono avere pareri discordi, siamo in democrazia, almeno crediamo di esserlo, no?
Sono preoccupato anch’io perché purtroppo è vero che il nostro povero comune buttava i miliardi di lire e adesso butta i milioni di euro dalla finestra. Ma come fa lei a sostenere che l’Anfiteatro di Ariminum – il nome romano della nostra Città – sia stato “costruito alla meglio” e sia risultato “circo di modesto valore”? Non basta mica dirlo, o scriverlo due volte, aggiungendo anche che è stato restaurato “con mattoncini stuccati a vista” – bisogna dimostrarlo con argomenti generali e dettagli critici precisi. Su quei “mattoncini stuccati a vista” lei ci rivela un’attenzione e una competenza da muratore, sbaglio? Nè ha senso che lei citi il parere di un muratore, quel tale Stefano Innocenti, che sarà stato anche un ottimo muratore, ma che competenze aveva in archeologia per affermare di voler liberare “La Città da un impostura che corre su questo Anfiteatro”?
Ci dica la verità signor Franchini, lei sa bene che quel muratore non aveva nessuna competenza di cultura archeologica, e che non si chiedono pareri archeologici a un muratore e nemmeno ci si fa operare a cuore aperto da un ingegnere elettronico, anche se bravo, per dire. Bisogna rispettare le competenze, non è d’accordo?
Ma dopo le dirò da dove mi sembra provenire nella bocca del suo muratore il termine impostura.
Sembra un termine usato popolarmente nei primi del ‘900.
Adesso mi proverò a dimostrarle con argomenti precisi che l’Anfiteatro di Rimini ha un grande valore non solo per gli appassionati ma soprattutto per la Città, per la Regione, per la Cultura e per il Turismo, e che la spesa per scavarlo e metterlo in vista non deve necessariamente uscire dalle casse comunali, ci sono fondi regionali ed europei su cui contare, e che la spesa per il trasloco e la ricostruzione del Ceis spetta interamente al Ceis non al Comune.
Per cominciare è un grande monumento romano unico. E’ un’Anfiteatro, un monumento assai più importante di una domus. Lei avrà visto quanta gente va a vedere la domus del chirurgo. Il nostro è l’unico Anfiteatro della Romagna. Ce n’erano altri tre, uno a Imola distrutto all’inizio del secolo passato proprio per farci sopra delle case “operaie” per la piccola e media borghesia, uno a Ravenna e uno a Classe che sono scomparsi. Nemmeno Bologna ha un anfiteatro romano. L’Anfiteatro è il terzo monumento romano di Ariminum con il Ponte di Augusto e Tiberio e l’Arco di Augusto, se fosse scavato e messo a posto attirerebbe i turisti nazionali, europei e degli States.
Adesso le racconto la storia dell’Anfiteatro nel ‘900 e aggiungerò altre caratteristiche apprezzabili perché è giusto far conoscere le ragioni per le quali si valorizza la archeologia e la storia. All’inizio del ‘900 un bravo uomo politico ed esperto di economia, Riccardo Ravegnani, aveva lottizzato l’area dell’Anfiteatro per farvi costruire villini. Purtroppo il Ravegnani non conosceva il valore della storia e dell’archeologia, come molti della Rimini di allora e di adesso purtroppo. Fecero subito resistenza Vittorio Belli e Augusto Tosi. Due personaggi importanti del mondo culturale cittadino. Il primo, al quale dobbiamo la scoperta della grande scuola riminese dei pittori del ‘300, e altre cose con la fondazione di Igea Marina, chiamò a Rimini il Soprintendente ai Monumenti di Ravenna Giuseppe Gerola, un personaggio della cultura nazionale assai importante, che provocò il decreto di salvaguardia dell’Anfiteatro. Non per questo il Ravegnani cessò di brigare per avere il terreno dell’Anfiteatro. A quei momenti, e a quei protagonisti mi pare spettare l’espressione impostura. I muratori vedevano compromesso il loro lavoro e protestavano. Si possono capire, ma non avevano ragione.
Poi negli anni ’30, l’Anfiteatro venne regalato dal Ravegnani al Comune. Il podestà Pietro Palloni lo destinò a giardino, provvisoriamente. Fece mettere intorno al perimetro ovale una fila di pini e disegnare con le aiuole la struttura sotterranea dell’Anfiteatro, spine e arena. Intanto ogni anno si apriva una stagione di scavi per mettere alla luce le strutture ancora interrate. E’ stato proprio esaminando le fotografie degli scavi del 1935, se ricordo bene, che mi sono accorto – sono un appassionato non addetto ai lavori, ma utile credo alla cultura locale, come il povero Zanza lo era, gratuitamente, al turismo erotico – che avevano scoperto l’impianto idraulico dell’Anfiteatro, ancora funzionante. Una fogna praticabile, entro la quale poteva camminare un uomo, mostrava nelle foto di essere ancora piena d’acqua. Da dove veniva quell’acqua, e dove usciva? Si renderà conto signor Franchini che sotto Rimini corrono acquedotti romani funzionanti di cui non sappiamo ancora niente. Ma anche nel ‘700, il dottor Giovanni Bianchi, che aveva fatto fare piccoli scavi per capire di che resti antichi si trattava, aveva scoperto una sorgente d’acqua potabile che sgorgava dalle rovine dell’Anfiteatro e l’aveva assaggiata trovandola pura e fresca.
Eppure gli “appassionati” del Comune e del Ceis continuano a dirci che sotto non c’è niente. Non bisogna farci caso. Lei è un vecchio comunista vero? In questo momento in cui la sinistra sta sparendo nel caos e si preparano amministrazioni di destra, noi vecchi “di sinistra” siamo angosciati nel vedere questa trasformazione politica. Ma la ‘sinistra’ a Rimini, caro Franchini, non era più da un pezzo progressista e onesta e merita di finire. Certo io sono tra gli “ostili al sindaco” e non solo per l’Anfiteatro, perché si è messo in testa di amministrare la cultura senza avere né la competenza personale né gli yes man competenti per farlo. Non dico che abbia fatto tutto male nell’amministrare Rimini, ma la nostra storia e la nostra archeologia le ha tartassate. Stia sereno.
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