Il problema consiste nell’incapacità di capire la situazione da parte degli attori delle dinamiche amministrative, politiche, imprenditoriali riminesi. Ma dopo l'estate 2023 un cambio di rotta è necessario. Chi dovrà farsene carico?
È sotto gli occhi di tutti che l’estate 2023 è nata abortita ma, come ogni attore sa, si va in scena a qualunque costo e nonostante tutto o per orgoglio o per necessità, a prescindere.
La Crisi delle crisi riminesi, A.D. 2023, non è paragonabile all’anno delle Mucillagini (1989), che è invece simile all’alluvione della Romagna del 16 maggio di quest’anno. Gli eventi occasionali non sono uguali a quelli che si ripetono a scadenza annuale!
Durante una malattia, cronica come in questo caso, l’approccio medico migliore sarebbe circoscrivere i punti essenziali del problema e cercare di farli migliorare per quanto possibile, ma nel caso di specie è addirittura il medico a non capire come stia l’ammalato ritenendolo vispo e vegeto come un primatista olimpico!
Quello che è da evidenziare è proprio questo punto: che la Crisi delle crisi consiste nell’incapacità di capire la situazione, come ad esempio quel pugile suonato che barcolla prima del ko definitivo. Esiste una precisa linea di demarcazione tra non poter prevedere gli imprevisti e l’incapacità di comprendere le leggi e le dinamiche che regolano questi mutamenti imprevedibili.
A mio parere abbiamo oltrepassato definitivamente questa linea e indietro non si torna!
Questa tara nel non comprendere i mutamenti non può che dipendere dal Dna specifico degli attori delle dinamiche amministrative, politiche, imprenditoriali e sociali operanti nel riminese e non in indeterminate situazioni extra locali: se non si sa capire la complessità della malattia in toto e si adottano brodini caldi, ben difficilmente si può stilare una diagnosi veritiera, figuriamoci una terapia!
Le prova di queste affermazioni possono essere facilmente desunte da quanto sponsorizza la regione Emilia Romagna da alcuni anni per i nostri territori: una serie di divertenti sketch del comico Paolo Cevoli in cui il messaggio pubblicitario ribadisce, papale papale, che noi siamo pataca, con una invidiabile ignorantezza unita ad una piacevole socievolezza (vestirsi da Babbo Natale con neve artificiale in spiaggia a Ferragosto esemplifica il concetto in maniera plastica e plateale).
Quindi? I problemi diventano sempre più insormontabili mentre aumenta un’oggettiva incapacità strutturale ad essere soggetto capace di gestire le crisi.
Lo spettacolo a consuntivo è simile ogni anno per cui i megafoni del sistema turistico si inventano deduzioni (che la stampa ripete a pappagallo), ponendo cifre e statistiche a mo’ di scusa per giustificare la zoppìa sempre più evidente del sistema turistico, ma le scuse sono come le bugie, hanno le gambe corte: se gli altri vanno bene si può capire l’invidia ma non la dabbenaggine di fare come lo struzzo.
È pur vero che ogni teoria economica va calata nella realtà specifica ma la famosa legge della domanda e dell’offerta ha valore ancora oggi e il confronto con le mete e i territori antagonisti denota come Rimini sia totalmente disallineata con le traiettorie turistiche e economiche, politiche e sociali locali, nazionali e internazionali.
È totalmente incomprensibile la reiterazione continua dell’errore soprattutto se controproducente!
È ancora tollerabile delegare, tramite il voto, a degli amministratori il territorio Riminese quando palesano insofferenza per ogni critica ed evidenti preferenze per scelte non coerenti con il bene cittadino?
Parrebbe che i riminesi appaltino il loro destino al partito azienda come se per la proprietà transitiva un figlio sia eccezionale perché il padre lo fu (indubbiamente sono molto bravi a far credere che nulla sia cambiato o cambiabile senza il loro apporto).
A mio parere non hanno più il tocco magico dei loro predecessori. Il motivo può essere nella loro cultura di riferimento? Oppure in un mal inteso senso dell’amministrare? O infine in una ineludibile perdita di slancio vitale quando non si attuano quelle benefiche ventate di ossigeno che si chiamano alternanza, basilare fondamento della democrazia?
Sono ipotesi da controllare, verificare e porre a tema senza censure nel pubblico dibattito per essere confutate, esplicitate, rimosse e migliorate ma comunque poste come ipotesi di comprensione per uscire dal coma.
Nei bar, nei discorsi in famiglia, sui mass media traspare un’affermazione di principio che parte da un assioma menzognero che viene messo in giro per giustificare tali scelte: “Eh ma gli altri sono totalmente incapaci, meglio l’usato sicuro!”.
Per quale motivo un cambio di amministratori sarebbe totalmente inadeguato?
Forse abbiamo personaggi usciti da qualche prestigiosa università con incarichi pregressi da primato? O ex manager di affermate aziende? O personalità dalle capacità di chiara fama?
Chiunque abbia un minimo di intelligenza comprende che solo dopo un’alternativa politico-amministrativa si può valutare l’assioma essendo gli assiomi, principio evidente per sé che non ha bisogno di esser dimostrato, posto a fondamento di una teoria deduttiva. In parole sintetiche è così secondo certi giudizi a priori che non si possono discutere, l’esatto opposto di una dimostrazione scientifica di fenomeni già di per sé molto complicati da decifrare.
Oltre a questo si denota uno sprezzo viscerale per la capacità altrui, uno schiaffo alla democrazia in senso lato ed una innata, volgare e palese autoreferenzialità che non aiuta ad uscire dal coma agonico di oggi.
Certo che tre generazioni di cittadini tagliati fuori da ogni stanza dei bottoni solo perché figli di genitori o culture o posizioni differenti paiono una scelta mortale per la città. Per una città che si candida a capitale della cultura, vivere solo di monocultura senza se e senza ma non depone a suo favore.
Ma al di là di tutto, ai più sfugge un dato: i partiti non esistono più e quindi le risorse non vanno ricercate all’interno di questi contenitori, più simili a comitati elettorali che a comunità politica, ma tra coloro che condividono i contenuti di quei partiti!
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