Lettera: i molti complici dello snaturamento di piazza Malatesta

Lettera: i molti complici dello snaturamento di piazza Malatesta

«Di fatto una responsabilità collettiva che ha visto da una parte i fautori del “sogno” - che come tale svanirà - e di cui vedremo in seguito l’amara realtà, e dei “sissignore” di cui si circondano, e dall’altra di coloro che, pur potendo, non sono stati in grado o non hanno avuto la volontà di creare un circolo virtuoso unendo movimenti politici, comitati e semplici cittadini; in sostanza incapaci ad organizzare i cittadini, e sono tanti, per manifestare pacificamente, ma incisivamente, uno sdegnoso dissenso come avvenne per il Teatro. Non capaci neppure di coinvolgere qualche esimio esponente nazionale della cultura e dell’arte, come si fece allora».

Lo scontato risultato dell’ultimo consiglio comunale avente per tema il destino di Piazza Malatesta, e dei suoi importanti ritrovamenti, ha sancito l’ultimo, in senso temporale, della serie di interventi che hanno devastato i monumenti cittadini, e le relative aree di pregio, ad opera della “macelleria della cultura”. Una bottega “storica” riminese che opera da sempre. Spaccia merce a tranci di pessima qualità, ad un solo e interessato squallido cliente: la banalità.
Forte della réclame fatta di tante chiacchiere, sempre le solite, monologhi, a fiumi, che dissertano sul nulla. E che rispetto alle altre botteghe che sono state chiuse, o destinate a tale sorte ha, al contrario, visto crescere la propria attività in modo esponenziale sotto l’ultima amministrazione garampiana.
Come poi si usa in questi casi, tra il ciarpame proposto ogni tanto a quell’offerta, si aggiunge qualche piccola cosa di maggiore qualità per tentare di dare lustro all’attività. Non si tratta di bipolarità quindi, ma di strategia commerciale.
Ed ecco, al proposito, l’annuncio gnassiano, che comunica l’avanzata fase della procedura per far riconoscere il Tempio Malatestiano tra i patrimoni mondiali dell’Unesco. Lungi da una sensibilità in proposito, ma frutto del fatto che in quel “contenitore” non si è potuto fare nulla, specie di felliniano, se non altro per il fatto di non avere la proprietà dell’”Immobile”.
Ora emerge che qualcuno non era al corrente di ciò che sta accadendo, chi lamenta di essere stato tenuto all’oscuro mentre gli abili “sognatori” operavano nelle sedi segrete e chi, forse, sperava che costoro ascoltassero qualche flebile sussurro di dissenso.
Vero o no è difficile dirsi. Ma quel che è certo è che era tutto facilmente immaginabile perché gli indicatori c’erano, ed erano tanti e tali da capire fin da subito quel che si andava a concretizzare in un progetto complessivo. Le caratteristiche degli attori indisponibili a qualsiasi dialogo e confronto; la loro presunzione di essere sempre e comunque nel giusto, e abili nel tacciare – strumentalmente – come disfattismo o attacco personale qualsiasi eventuale dissenso o critica costruttiva al loro operato; oltre alla palese sensazione di onnipotenza spinta all’eccesso.
Poi, per completare il quadro sintomatico, c’erano anche gli esempi. Sarebbe stato bastevole quello del Ponte Tiberio e del suo intorno. E l’amarezza di chi si rende conto solo oggi che comunque questa vicenda avrà un epilogo dal punto di vista giudiziale, semmai lo avrà, ormai le mura storiche sono irrimediabilmente compromesse, e l’inutile e deserta passerella inutilizzata, perfino dai gabbiani, è ancora al suo posto. Magra consolazione quindi, e soldi spesi malamente. Infine quello che era avvenuto alla Rocca Malatestiana, con pacchiani finti fossati, lapidi e arene fuori luogo, e con il culmine di un improprio museo al suo interno. Messaggi chiari, inequivocabili ma negligentemente sottovalutati da chi poteva e doveva capirli ed agire di conseguenza, e che quegli episodi, a tranci, sarebbero stati solo l’inizio della fine.
Ma tornando a Piazza Malatesta dove tutti sapevano, politici, progettisti, storici e gente comune, cosa potesse restituire il sottosuolo. Invece il progetto è stato redatto come se si fosse in un podere incolto, e privo di alberi secolari, a prescindere dall’averlo potuto visionare o meno preventivamente.
Rammento quando grazie a Rimini Città d’Arte ci si mobilitò per il Teatro Galli, raccogliendo un numero consistente di firme oltre le aspettative, e con manifestazioni di piazza abbracciando materialmente il monumento si inviò il vero e forte messaggio all’amministrazione comunale di allora, che la città non voleva quel teatro che si intendeva costruire; e successiva la gioia per il risultato ottenuto oggi sotto gli occhi di tutti, del quale poi qualcuno fu abile nel prendersi impropriamente il merito come di sua abitudine.
Ma oggi non è accaduto nulla; solo il silenzio delle opposizioni annichilite e pressoché inesistenti, e delle associazioni culturali e ambientaliste, rotto da qualche occasionale e tardivo intervento. Non si è sentita neppure la voce di coloro che si operarono per non fare abbattere i tanti alberi nel Parco Cervi segnati dal passaggio delle condutture del PSBO, quando tagliarono i platani secolari e del prossimo che seguirà lo stesso destino vicino all’altro umiliato e reso alla stregua di supporto per ridicole e perenni lucine natalizie fuori stagione.
Di fatto una responsabilità collettiva che ha visto da una parte i fautori del “sogno” – che come tale svanirà – e di cui vedremo in seguito l’amara realtà, e dei “sissignore” di cui si circondano, e dall’altra di coloro che, pur potendo, non sono stati in grado o non hanno avuto la volontà di creare un circolo virtuoso unendo movimenti politici, comitati e semplici cittadini; in sostanza incapaci ad organizzare coloro, e sono tanti, per manifestare pacificamente, ma incisivamente, uno sdegnoso dissenso come avvenne per il Teatro. Non capaci neppure di coinvolgere qualche esimio esponente nazionale della cultura e dell’arte, come si fece allora.
Siamo tutti complici quindi, sia in forma attiva che passiva. Si sarebbe potuto fare tanto avendone avuta la volontà, perché il tema era trasversale e non aveva colore partitico, ma politico nel vero e nobile significato di questa parola. Un bel regalo ai “sognatori”, che hanno avuto gioco facile di fronte a tanta inconcludenza. Sicuramente avevano sognato anche questo. Oggi quindi davanti a questi tristi risultati che segneranno in peggio Rimini per lungo tempo, ci si straccia le vesti e si rimane sgomenti; tardivo e inutile, i giochi sono fatti.
Quanto all’appello al ministro Dario Franceschini e alla Soprintendenza di Ravenna per bloccare l’installazione/fontana di mille metri quadrati davanti alla Rocca, che poi non è l’unico obbrobrio del circo gnassiano, lascia non privi di sconforto. Pensate davvero che, sia il Ministero che con grande entusiasmo ha elargito denari a profusione per lo scellerato progetto, che l’ente che lo ha approvato, tornino sui loro passi sconfessando di fatto se stessi ed il loro operato? Smettiamola di illuderci, è tardi. Sarebbe come sperare di vincere una lotteria, comperando un biglietto dopo l’avvenuta estrazione finale del montepremi.

Salvatore de Vita

COMMENTI

DISQUS: 0