L’ex oratorio di S. Nicola da Tolentino a Rimini: un dimenticato illustre

L’ex oratorio di S. Nicola da Tolentino a Rimini: un dimenticato illustre

La bella facciata settecentesca (anche se sottoposta a tutela) è lì, mesta, degradata, senza neppure un cartello che ne narri la storia. Ma una storia importante ce l'ha.

D(IVO).NICOLAO.TOLENTINI.SACRVM
FRANCISCO.DE COMIT(IBUS).CASTELLINO
ARIM(INENSE).E(PISCO)PO ADPROBANTE
ARERE.SODALITATIS
SACELLVM.A.FVN(DAMENTIS).REPAR(ANDVM).SOD(ALES).DEDERE
ANNO.MDCCLXXVI

CON L’APPROVAZIONE DI FRANCESCO DEI CONTI CASTELLINI VESCOVO DI RIMINI, COL DENARO DELLA CONGREGAZIONE, I CONFRATELLI DECISERO DI RINNOVARE IL SACELLO SACRO A SAN NICOLA DI TOLENTINO
ANNO 1776

Chi transita per la via Garibaldi uscendo dal Centro, ormai non fa più caso ad una bella testimonianza architettonica tramandataci da un passato in cui Rimini eccelleva in edifici nobili e religiosi, ormai purtroppo perlopiù scomparsi.
Il sobrio ma elegante scenario che oggi appare all’incrocio con la via Giovanni Venerucci, appartiene a ciò che resta dell’antico Oratorio dedicato a San Nicola da Tolentino, di cui il resto del volume originale è stato riedificato a scopo commerciale; uno dei tanti miracoli del dopoguerra locale, da annoverarsi a tutti gli effetti nel triste fenomeno di “riminizzazione”, termine di cui non andare assolutamente fieri, ma inserito nel lessico del dizionario della lingua italiana (qui).
La bella facciata settecentesca è lì, mesta, degradata, senza neppure un cartello che ne narri la storia e la provenienza e, quasi perennemente avvilita da parcheggi selvaggi di autoveicoli che ne sostano impropriamente dinnanzi, impedendo di ammirarla nella sua interezza. Poi il resto: parti lapidee mancanti o deteriorate, rivestimenti intonacali, laddove esistenti, degradati e ricoperti da un sudiciume composto da smog e altri aggredenti atmosferici.
Ma, purtroppo, il contesto certifica ancora una volta l’attenzione che una città candidata ad essere capitale della cultura dedica alle proprie evidenze culturali; anche se non si tratta di proprietà pubblica.
Non si hanno molte notizie di questo oratorio e, pertanto, cercheremo di rendere noto quel poco che si è trovato. Nella mappa del Catasto Gregoriano di Rimini, l’edificio religioso distinto con i mappali 700 e 701, doveva essere ritenuto di una certa importanza, tanto da dare il nome ad un’omonima Contrada che sorgeva nei suoi pressi. Nel relativo Brogliardo catastale, risulta che entrambi i fabbricati risultano di proprietà del Demanio, e per esso il Ministero del Culto, ove la chiesa viene definita aperta alle funzioni religiose, e l’attiguo corpo di fabbrica destinato a “Casa con bottega d’affitto”.

Il Tonini, nella sua “Guida del forestiere nella città di Rimini del 1864”, Tipografia Malavolti ed Ercolani, alla pagina 10 annovera S. Nicola da Tolentino tra i santi patroni della città, assieme a S. Gaudenzo, S. Giuliano ecc.
Poi però a pagina 58 liquida assai brevemente quel tempietto in tal modo: “Rinnovato in onore del Santo nel 1776 con disegno del riminese Architetto Gaetano Cupioli per cura della Confraternita di detto Santo, della quale trovo ricordo fin dal 1619”, senza peraltro fornire altre descrizioni della sua consistenza; decori, opere pittoriche e arredi in genere.
In un’altra guida di pari titolo, ma con l’aggiunta dell’aggettivo “Nuova”, dello stesso autore e del 1879, editrice Tipografia Albertini e C., a pagina 99 la descrizione della chiesa si amplia di poco con la presenza di una lapide sepolcrale nella parete interna di sinistra, di certo Carlo Camillo Torsani vissuto ben “anni 100, mesi 3, giorni 26”.
Ma ci viene in aiuto la scheda presente nel Catalogo Generale dei beni culturali (qui), che ci dice qualcosa in più, riportando pure la scritta dell’epigrafe, ormai illeggibile nella sua parte superiore per via del sudiciume che la ricopre. Nel predetto resoconto N°08/001163028 del 30/10/1980, si conferma l’autore del progetto Architetto Gaetano di Giuliano Cupioli, si indica l’appartenenza al Beneficio Parrocchiale di S. Agnese di Rimini, e la tutela a cui la facciata è sottoposta in base all’Art. 1 legge n°1089 del 1939 (sic!); figuriamoci se non fosse stata tutelata. Un po’ di storia.
La Confraternita di S. Nicola da Tolentino, alcuni anni antecedenti al primo settembre 1619, acquistò una casa nella parrocchia di S. Andrea da tale Ferrante Neri, nobile riminese, per il prezzo di scudi 500, il cui atto fu stipulato nella sagrestia della Confraternita di S. Girolamo. Non si conosce però con esattezza quando la chiesa fu costruita, ma certamente nel sec. XVII.
Nel 1776 fu ricostruita, come recita l’epigrafe a forma di stendardo, e un’altra descrizione la si trova nelle “Perizie dei danni causati dal Tremuoto nella notte delli 24 Decembre dell’Anno MDCCLXXXVI” (1786) redatta dall’Architetto Giuseppe Valadier, e conservata presso l’Archivio di Stato di Rimini segnatura AP619. A pagina 269 di quell’elaborato tecnico–economico, si legge in proposito: “Chiesa, o Confraternita di S. Nicola da Tolentino con tre altari, nella quale non vi è bisogno di alcun risarcimento; passandosi nella casa del Custode si vede il bisogno di diverse rinacciature, e di alcune chiavi di ferro, col rifare due camini caduti, ed altri rifacimenti pè quali [si stimano] S (scudi) 31”.
Evidentemente la chiesa aveva retto bene alle scosse telluriche, e solo la casa aveva accusato qualche dissesto. In un allegato alla anzidetta perizia, risultava che la confraternita constava di 72 fratelli, ed era soggetta alla parrocchia della Cattedrale S. Colomba.

Ma chi era S. Nicola da Tolentino? (fonte wikipedia)

Ritratto di San Nicola da Tolentino, di autore di ambito bolognese.

Nacque nel 1245 a Sant’Angelo in Pontano (Macerata) nella Diocesi di Fermo. I suoi genitori, Compagnone de Guarutti e Amata de Guidiani, erano persone pie. La leggenda narra come i genitori, ormai anziani, si fossero recati a Bari su consiglio di un angelo in pellegrinaggio alla tomba di san Nicola di Bari, per avere la grazia di un figlio. Ritornati a Sant’Angelo ebbero il figlio desiderato e, ritenendo di aver ricevuto la grazia richiesta, lo chiamarono Nicola.
Ascoltando una predica di un eremita agostiniano sulla frase latina Nolite diligere mundum, nec ea quae sunt in mundo, quia mundus transit et concupiscentia ejus (“Non amate il mondo, né le cose che sono del mondo, perché il mondo passa e passa la sua concupiscenza”), Nicola avvertì la chiamata alla vita religiosa. Implorò allora l’eremita di ammetterlo nel proprio ordine, e i suoi genitori acconsentirono con gioia. Il giovane Nicola entrò così nell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino. Trascorse gli ultimi trent’anni della sua vita, predicando quasi ogni giorno. Sebbene negli ultimi anni la malattia mise alla prova la sua sopportazione, continuò le sue mortificazioni quasi fino al momento della morte. È il protettore delle anime purganti.

Il Vescovo Francesco Castellini (qui).
Nato a Forlì intorno al 1707 da Bartolomeo, discendenti di antica famiglia per nobiltà. Morì a Rimini il 11 maggio 1777, dove fu Vescovo dal 1763 fino al suo decesso. Precedentemente si trovava in Tivoli con lo stesso incarico, 1758-1763 e prima ancora fu allievo del Collegio Nazareno. In sostanza il Vescovo approvò quella ricostruzione – beau geste -, ma non ci mise i denari; una sorta di “patrocinio gratuito ante litteram” che molti enti pubblici oggi dispensano per eventi più o meno culturali.

L’architetto Gaetano Cupioli
Anche in questo caso le notizie scarseggiano ma sia Gaetano che il Padre Giuliano, furono architetti molto attivi nel riminese e non solo. A Giuliano si devono, per esempio, la costruzione della Chiesa di S. Giovanni Evangelista a Rimini (1767 -1762) e la fabbrica dell’antico Seminario a fianco del tempio Malatestiano. Ma anche la chiesa di S. Agostino di Cesena, su disegno di Vanvitelli, quella di S. Francesco sempre in Cesena, e la ricostruzione della chiesa del Crocifisso a Longiano.
A Gaetano invece, è attribuita la ricostruzione dell’Oratorio intitolato a S. Nicola da Tolentino e la Chiesa s. Apollinare in Cattolica.

Le fotografie allegate alla scheda del Catalogo Generale dei beni culturali risalente al 1980, mostrano una situazione pressoché immutata fino ad oggi. Stessa incuria, parcheggi selvaggi sebbene allora vigesse un divieto di sosta oggi – ahimè – addirittura scomparso. Poi però attualmente si nota la mancanza di alcune parti lapidee della base di una delle due semicolonne della facciata; in sostanza uno stato deplorevole.

La facciata dell’oratorio come si presenta oggi.

Spiace, come sempre, assistere alla mancanza di riguardo per ciò che è stato risparmiato dalla guerra e dalla successiva riminizzazione, tanto da pensare che, per assurdo, sarebbe stato meglio perderle subito piuttosto che assistere a questa squallida agonia, e nella fattispecie la trasformazione di una larga porzione di edificio storico a destinazione residenziale e commerciale.
Poi, nei pressi della facciata, una delle ormai solite onnipresenti plance che prometterebbero una “Rimini città d’arte”, in cui si mostrano le foto di alcuni monumenti danneggiati dalla guerra. Una sorta di “zappa sui piedi” in verità, perché involontari testimoni dell’incapacità e insensatezza a valorizzare ciò che era rimasto, in modo poi da consegnarlo degnamente ai posteri.

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