L’organizzazione turistica emiliano-romagnola prova a svecchiarsi: luci, ombre e il punto di vista dell’assessore Corsini

L’organizzazione turistica emiliano-romagnola prova a svecchiarsi: luci, ombre e il punto di vista dell’assessore Corsini

Arriva in ritardo la nuova proposta di legge regionale in materia di turismo. Che sarà misurata soprattutto nella fase attuativa. Bene l'area vasta d

Arriva in ritardo la nuova proposta di legge regionale in materia di turismo. Che sarà misurata soprattutto nella fase attuativa. Bene l’area vasta della Romagna insieme a Ferrara per aggredire con efficacia i mercati internazionali. Ma restano alcuni punti deboli: dal rapporto pubblico-privato fino alla mancanza di investimenti strutturali per migliorare il prodotto, senza i quali la promo-commercializzazione inaridisce.

“Il 22 agosto 1925 si riuniscono a Rimini i sindaci dei comuni della Riviera di Romagna, sotto la presidenza dell’onorevole Italo Balbo, per compiere un atto che avrebbe dovuto segnare i destini della costa: la costituzione di un consorzio per la costruzione di una grande strada litoranea che avrebbe congiunto la pineta di Cervia col porto di Cattolica, ispirato dal sindaco di Rimini, Antonio Del Piano…” L’evento è ricordato da Ferruccio Farina nel suo “Una costa lunga due secoli”.
L’idea era quella di dar vita ad un’unica città delle vacanze “che il fascismo avrebbe reso grande e potente” perché si trattava di una grande area fatta di parti differenti ma accomunate in perfetta continuità territoriale dai medesimi caratteri: mare, panorama, storia, cultura, tempra e vocazione degli abitanti.
Quasi un secolo dopo, quella intuizione dei sindaci della costa, che all’epoca non si realizzò per le consuete rivalità di campanile, si avvia a realizzazione. Ripercorriamo le tappe salienti.
Da un lato, la costituzione qualche estate fa del Distretto Turistico Integrato della Costa, unità progettuale, organizzativa e finanziaria di un auspicato sviluppo della riviera romagnola basato su una ricerca comune di sviluppo turistico, infrastrutturale e socio-economico.  Distretto che ha visto il notevole apporto dell’ex prefetto Palomba, ma che ad oggi resta solo una “costruzione teorica” e non ancora un’alleanza strategica e operativa fra i Comuni costieri in materia di politiche condivise in campo turistico. Ad esempio, solo per citare gli ambiti di intervento più significativi, in materia di fiscalità di vantaggio e di incentivazione allo sviluppo imprenditoriale e del prodotto; di infrastrutture, ambiente e mobilità; di complessiva qualità urbana e sociale all’interno di un comune quadro di tutela di ordine e sicurezza pubblica, e così via. Ed ora, dopo un lungo periplo fatto di Aziende Autonome di Cura e di Soggiorno, Enti Provinciali del Turismo, Collettive, Agenzie Regionali, APT Plurali, APT uniche, Unioni di Prodotto… ecco la nascita delle Destinazioni turistiche, l’approdo finale di un percorso che perviene oggi al marketing delle destinazioni e dei territori dopo il ventennio a trazione marketing di prodotto.

Nel panorama della globalizzazione e della competizione feroce sui mercati, non può che essere sensata la chiamata a sistema di territori, fino ad oggi abituati ad andare spesso per conto proprio, al fine di costituire un aggregato di offerta formidabile, modernamente infrastrutturato ai fini turistici e adeguatamente promo-commercializzato in tutte le sue offerte con cospicue risorse di mezzi e, soprattutto, con una visione condivisa di sviluppo turistico. Così come corretta risulta la chiamata alle armi nella battaglia sui mercati turistici di quei settori come l’agricoltura, le altre attività produttive, l’ambiente, la cultura, lo sport, la mobilità e i trasporti che già tanto contribuiscono (ma ancora di più possono dare) ad un’offerta turistica più ricca, articolata e vincente.
Irrompe finalmente anche “un sorso di Romagna” che, almeno nell’impianto del nuovo disegno di legge che riforma l’organizzazione turistica emiliano-romagnola (che però deve adesso affrontare l’esame dell’Assemblea legislativa), torna al centro della scena, dimostrando che non era solo sterile utopia o rivendicazionismo da poveretti reclamare autonomia, protagonismo, uso diretto delle risorse prodotte da reinvestire sagacemente nel ciclo produttivo turistico. La forma sarà quella dell’area vasta, tre per la precisione (che nell’insieme devono ancora essere ben definite e bisognerà attendere gli atti ufficiali): la Romagna insieme a Ferrara, poi l’Emilia centrale (Bologna e Modena) e il territorio settentrionale (Parma, Reggio Emilia e Piacenza). Sui mercati internazionali la Romagna, insieme, può fare la differenza. L’avrebbe potuta fare da tempo se il dubbio amletico fra prodotto o destinazione (con tutto il dibattito che ne seguì) già ben presente alla nascita della legge 7, si fosse risolto prima.
Ma nella nuova legge regionale che manda in pensione con notevole ritardo (non solo perché avrebbe dovuto vedere la luce molto prima, ma anche perché la nuova impostazione era sostanzialmente pronta al momento della improvvisa uscita di scena della giunta Errani circa due anni fa) quella del 1998, si annidano alcune falle che rischiamo di pregiudicarne il successo. Vediamo.

Le Destinazioni turistiche di nuovo conio sono a trazione fortemente pubblica. Possono essere, infatti, istituite motu proprio dai soli enti locali in quanto, lo dice chiaramente il nuovo articolato, sono “enti pubblici strumentali degli enti locali”. Ciò significa che, a differenza delle archiviate Unioni di Prodotto, piene di limiti (come documentò l’inchiesta di Rimini 2.0 e, nel caso della Costa, nemmeno il nuovo corso brilla per trasparenza) ma che prevedevano di fatto una cogestione pubblico-privato di programmi, iniziative ed investimenti, oggi i nuovi organismi (assemblea, consiglio, direttore, revisore) saranno tutti di emanazione pubblica (anche per evitare la mannaia europea degli “aiuti di stato” che scatterebbe in caso di finanziamenti a soggetti privati). Scompaiono, dunque, le passate figure del presidente e del coordinatore di programma, la cui istituzione e selezione risultava orientata alla ricerca di un equilibrio fra pubblico e privato, con il presidente normalmente scelto dal pubblico fra gli assessori provinciali al turismo e il coordinatore indicato dalle associazioni regionali di categoria maggiormente rappresentative in campo turistico (e in quest’ultimo campo garantendo altresì un peso diverso fra le stesse associazioni, con Confcommercio che indicava tre coordinatori su quattro – uno residuava per Confesercenti – così come nel consiglio di Apt la Regione nominava il presidente, Confcommercio indicava l’amministratore delegato e il consiglio della medesima si componeva dei primi due con l’aggiunta di un terzo consigliere nominato da Confesercenti. Unioncamere regionale, che pure era socia di Apt Servizi ed apportava importanti risorse, non aveva rappresentanti se non nel comitato di concertazione regionale, oggi sostituito con la nuova legge dalla cosiddetta “cabina di regia”).
Coi Comuni nel ruolo di veri drivers delle nuove “destinazioni turistiche”, come si bilanceranno le iniziative di quest’ultima con quelle dei comuni, che hanno istituto l’imposta di soggiorno e che si sono abituati negli ultimi anni ad andare parecchio per conto proprio, stimolando vere e proprie rivalità fra territori (come insegnano le polemiche su previsioni meteo, notti rosa, capodanni più lunghi del mondo, ponti e feste comandate o missioni individuali sui vari mercati internazionali in barba ai compiti di sovraordinazione del soggetto competente, cioè l’Apt)? C’è un serio rischio di solipsismi e di un “rompete le righe” dopo la prima adunata.

I privati risultano, nell’impianto della legge, più marginali del passato sia nelle politiche programmatorie che in quelle di gestione diretta delle azioni delle “destinazioni turistiche”. Spetterà a loro dimostrare capacità di organizzarsi e progettare nella nuova dimensione di area vasta e soprattutto di innovare veramente, soprattutto nei progetti, nel recente passato spesso e volentieri ripetitivi, reiterati all’infinito e mai veramente sottoposti ad una seria e sistematica valutazione dei risultati conseguiti. D’altra parte, se vogliamo guardare alla Riviera, ad esempio, i consulenti e redattori dei progetti dei privati che l’hanno fatta da padrone nel ventennio di legge Errani, sono stati sempre gli stessi: tre o quattro, più tre che quattro. Sempre quelli, non stimolati dalla concorrenza di altri colleghi o gruppi emergenti, tranne rare eccezioni in cui sono stati severamente stimolati dai loro stessi clienti, i quali hanno compreso quanto decisivo fosse migliorare il prodotto per avere una migliore promozione e commercializzazione del medesimo. Le Unioni di Prodotto non erano nate anche, e soprattutto, per questo? Avvantaggiati da un quasi monopolio si sono un poco seduti insieme agli stessi privati che, fra un’A.T.I. e l’altra, non li hanno tanto stimolati, convinti che progetti, consulenti e Coop/Consorzi/A.t.i. che vincono non si cambiano, soprattutto se i progetti, in un modo o in un altro, vengono sempre finanziati dalla mano pubblica.
Una tranquillità e un quieto vivere un po’ consociativo che sono nemici dell’innovazione e che la nuova legge dovrà dimostrare sul campo di voler scalfire.
Ma perché cambiare, se ci sono consulenti che, da quasi vent’anni, svolgono lo stesso ruolo per il piano regionale, per quello dell’Unione di Prodotto Costa e dei privati e che – particolare non indifferente – vedranno premiati, in base alla legge Errani, alle direttive operative e ai piani medesimi, i propri progetti proprio se sono coerenti a quanto previsto nei piani annuali di Regione e Udp di competenza?

Infine i finanziamenti. Milioni e milioni di euro, negli anni piovuti su progetti a volte “fotocopia”, faranno la stessa fine con la nuova legge regionale? E’ il vero scoglio che la politica regionale difficilmente vorrà scalfire. Per ragioni politico-elettorali e di consociativismo (che hanno attecchito anche nel privato e che sono favorite dal proliferare delle associazioni di categoria: a quando, ad esempio, una sola Associazione Italiana Albergatori sulla costa romagnola?), ovviamente, non turistiche. E aumentare la qualità della promo-commercializzazione con logiche consociative è una impresa ardua. Quasi una mission impossible. Se il rapporto pubblico-privato è virtuoso il turismo ne guadagna, altrimenti no.
Ma c’è anche un altro grosso capitolo non affrontato: il prodotto. Ovvero la riqualificazione delle strutture ricettive e un territorio attrattivo e ben organizzato. E dove sono gli investimenti strutturali, le risorse per andare in questa direzione?

Il testo del progetto di legge che ora passa all’esame della Assemblea legislativa.

 

Corsini: “Co-finanziamenti triennali per favorire i Club di Prodotto strutturati e innovativi”

Andrea Corsini

Andrea Corsini

Assessore, cominciamo dalle tre macro destinazioni.
La nuova legge regionale delinea una architettura “leggera” ed essenziale, anche perché vogliamo che siano i territori a riempire di sostanza il nuovo impianto legislativo. Questo vale anche per le tre macro aree, nel senso che la loro definizione sarà il frutto delle proposte del territori. Quello che posso dire è che il confronto che ho intessuto in questi mesi con tutti i soggetti pubblici e privati – un percorso molto partecipato fatto di decine e decine di incontri -, ha permesso di fare emergere tre destinazioni su scala regionale, quella della Romagna insieme a Ferrara, e poi l’Emilia centrale e quella settentrionale. L’ultima parola, ripeto, spetta adesso ai territori.

La nuova organizzazione regionale ridimensiona i privati?
Assolutamente no. Salvaguarda e rafforza il principio sussidiario della legge 7, ovvero la concertazione fra pubblico e privato. Le Destinazioni turistiche nomineranno una cabina di regia che, sulla base delle risorse che la Regione metterà a disposizione, concerteranno i piani di promozione, mentre la commercializzazione sarà sempre in capo ai Club di Prodotto.

Non c’è il rischio che i campanilismi inceppino il meccanismo?
I rischi ci sono sempre, ma il ruolo di Regione e Apt da una parte, e la volontà dei Comuni a tenere dritta la barra sul fatto che a fare la differenza saranno i territori come prodotto, dovrebbero farci camminare sulla strada giusta. Guai se i Comuni pensassero di poter fare da soli, uscendo dalla logica della Destinazione turistica, che non a caso ingloba anche i Comuni. Compito dei Comuni dovrà essere quello di privilegiare il territorio, ovvero la destinazione turistica, non la singola località. La promozione è affidata alle Destinazioni, per quanto riguarda i mercati interni, e all’Apt sui mercati esteri. Penso che spetti ai Comuni principalmente l’impegno a rendere le città più belle, accoglienti e attrattive. Soprattutto se ci dobbiamo rivolgere ai mercati internazionali, non ha senso guardare ai confini amministrativi che separano la provincia di Forlì-Cesena da quella di Rimini.

La malattia che ha colpito il rapporto pubblico-privato si chiama consociativismo, che ha prodotto anche molti progetti fotocopia in questi anni fra i club di prodotto. Come pensate di porre rimedio a queste storture?
Inserendo nuovi criteri di valutazione e facendo in modo che i Club di Prodotto si costituiscano sempre di più in reti d’impresa strutturate, anche dal punto di vista societario. Un percorso per alzare l’asticella della qualità potrebbe essere quello del co-finanziamento regionale triennale.

Ovvero?
Il Club di Prodotto che decide di strutturarsi realmente come rete d’impresa, che punta sull’innovazione e dimostra di voler fare sul serio, la Regione potrebbe sostenerlo con un co-finanziamento di durata triennale, anziché annuale, come accade adesso. Rispetto agli attuali Club di Prodotto si avrebbe una riduzione numerica? Non credo sia tanto importante, quanto l’incremento della qualità. E’ questo il salto da fare.

La fase più impegnativa è forse quella che si apre subito dopo l’approvazione della nuova legge, quando si passerà alla attuazione.
In effetti è così. L’approvazione dovrebbe arrivare entro marzo, poi buona parte del 2016 sarà occupata dalla fase attuativa, cioè dalla definizione delle tre Destinazioni, dalla composizione delle cabine di regia (una regionale ed una per ogni singola Destinazione turistica) insieme alle componenti pubbliche e alle associazioni di categoria, e infine dalla messa a punto dei criteri attraverso i quali co-finanziare i piani di marketing delle Destinazioni e i progetti di promo-commercializzazione dei privati. E’ una bella sfida, che come tutte le sfide deve essere fatta propria da tutti gli attori coinvolti. Solo così potremo vincere e continuare ad essere competitivi. (c.m.)

Foto copertina: copyright Regione EmiliaRomagna A.I.U.S.G.

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