Caro Nando (Piccari), ho sempre apprezzato quell’arte dello sfottò in cui eri maestro e che trovava il suo fondamento nell’indefettibile sicurezza, da parte tua e dei tuoi, di essere sempre “dalla parte giusta”. Ma adesso la tua prosa sa solo di epitaffio funebre.
Caro Nando,
ho sempre apprezzato quell’arte dello sfottò in cui eri maestro e che trovava il suo fondamento nell’indefettibile sicurezza, da parte tua e dei tuoi, di essere sempre “dalla parte giusta”.
In quanto difensori del popolo e delle masse lavoratrici, come si diceva ai tempi d’un Pci sostituito oggi da quel gracidio radical chic che ne ha stravolto il codice genetico.
Senza da parte vostra mai un dubbio, una domanda, un’autocritica, solo la sferza del sarcasmo verso chi voi additavate come nemico del popolo.
Poi è cambiato tutto.
Il tuo partito, l’ex Pci, trasformato in quel pallido e Zingarettiano ectoplasma chiamato Pd, ha abbandonato la difesa degli ultimi (leggi: lotta per i diritti sociali) per abbracciare la causa dei diritti civili, quella confusa accozzaglia di salotti romani e gay pride sul lungomare d’una riviera Gnassianamente e Arlecchinamente verniciata a festa.
Che è il motivo per cui non esistete più, caro Nando, non solo dal punto di vista numerico, ma anche e soprattutto dal punto di vista culturale.
Costretti a rifugiarvi in quella ridotta della Valtellina d’un clientelismo municipale che dispensa incarichi di prestigio e posti in consiglio d’amministrazione a chi non ne ha le competenze.
Come capitò a te quando fosti nominato nel Cda della Fondazione della Grancassa di Risparmio in forza d’una carriere da banchiere e finanziere internazionale che dir fulgida è poco.
Il risultato essendo la rovina non solo di quella banca, non solo dell’aeroporto, ma anche d’una fiera (tutto minuscolo, per carità) che solo le facilities del socio pubblico, pagate coi soldi di noi contribuenti, riescono a tenere in piedi.
Nascosto tutto dal luccichio d’un Gnassismo di festa e di governo che solo l’aumento dell’IRPEF (per dirne una) riesce a sua volta ad alimentare.
In questo gozzaniano crepuscolo degli Dei il tuo attacco al candidato sindaco di Santarcangelo Domenico Samorani, pubblicato su Chiamamicittà, suona come una nota talmente stonata da raggiungere lo stridio del gesso sulle lavagne delle scuole d’una volta.
Quando il partito era partito e la lotta di classe lotta di classe, mentre qui ormai non c’è più niente.
Niente se non un sistema di potere terrorizzato dal destino di morte che gli incombe addosso, niente se non l’agonia d’una nomenclatura che vorrebbe irridere i suoi avversari e neanche si accorge della puzza di cadavere che emana.
Come la tua prosa, Nando, che sa solo di epitaffio funebre e mortuaria lapide Foscoliana.
Requiescat.
Con affetto,
Bruno Sacchini
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