Prove di «Rimini città d’arte»

Prove di «Rimini città d’arte»

Tra le vie Garibaldi e Bertola è spuntato il "totemino" che pubblicizza i percorsi artistici. "Collegati per vederli", si legge. Ma per ora c'è solo un sito in costruzione.

Rimini, una città per buona parte distrutta dagli ultimi eventi bellici, e per il resto dalla politica che l’ha amministrata dal dopoguerra in poi. È questo che ho sempre pensato, a ragion veduta, interessandomi della nostra storia locale. Ma non si dica che allora erano altri tempi, che le necessità erano altre, perché ciò non solo non è avvenuto in altre città, ma è il puro frutto di una mancanza di sensibilità per certi temi da parte degli amministratori pubblici: dapprima incoraggianti la dissacrazione edilizia e in seguito, fino ai giorni nostri, operanti in spregio alla storia e ai luoghi più identitari.
Guardando il passato in verità abbiamo avuto assessori alla cultura potenzialmente validi ed in grado di rimettere il tema sul giusto binario ma, ahimè, spesso tarpati da quella politica di cui accennavo in precedenza. Anche se mai alcuno se ne andò via sbattendo la porta perché la conservazione del potere è il potere; volere e potere come recita il detto, o «volare e potare» come invece affermava il grande Antonio de Curtis parafrasando a suo modo quel pensiero.
Di conseguenza la città non ha mai avuto una sua identità, non ha inventato nulla, e ha sempre rincorso affannosamente modelli estranei a sé stessa, sempre in cerca di una connotazione con l’ossessione dell’internazionalità. Dalla capitale del divertimentificio fino alla wedding destination, siamo passati per vari epiteti di vacua sostanza, puntualmente decaduti e sostituiti con altri sempre più nuovi e fantasiosi. Ma, esposta questa doverosa premessa, arriviamo al dunque.
Dopo il fiorire di alcuni allestimenti Riminicult in vari luoghi del Centro, ecco spuntare un “totemino”, non saprei come definirlo, tra le Vie Garibaldi e Bertola pubblicizzante R(imini) Città d’Arte, indicante alcuni luoghi da visitare e percorsi tematici.

Peccato che il codice QR ancora non funzioni, ma il manufatto reca ancora la scritta “PROVA” e quindi ciò è plausibile.
Siccome agnostici alla catechesi garampiana, abbiamo visitato quei siti indicati e che i turisti nostrani, nonché quei milioni di esteri sognati e sempre assicurati dal cessato sindaco, per toccare con mano; non a caso la traduzione City of art. Non è stato possibile individuare quelli sotto il cartello posticcio, ma gli altri sì.

Canevone dei Veneziani
Vive grazie a privati che lo hanno ristrutturato in maniera egregia e trasformato in una struttura ristorantizia, ma niente più. Osservabile solo dall’esterno e senza un’indicazione che ne racconti la storia.

Museo della Città
Bello, non c’è che dire, ma statico. Senza un’idea di ampliarlo con le tante ricchezze storiche e culturali che albergano nei magazzini. In sostanza, visto una volta… Anche se personalmente visito la stessa struttura periodicamente. All’ingresso vi attende un cippo marmoreo, una volta parte del sostegno di una plancia indicante la storia del Collegio dei Gesuiti che ospita quella struttura culturale.

Mura Malatestiane
E qui le note cominciano a farsi più dolenti; ci vuole coraggio per indicarle. Di quali mura Malatestiane se ne induce la visita, quelle irrimediabilmente rovinate da un centinaio di buchi per alloggiare i sostegni di una ridicola, inutile e pacchiana passerella nell’intorno del Ponte Tiberio, o le altre superstiti che versano in uno stato di manutenzione vergognoso?
C’è solo l’imbarazzo della scelta, che lascio al [dis]gusto personale.

Chiesa di San Nicolò
Ecco ciò che si può vedere, ma solo dall’esterno ovviamente, perché quell’edificio è chiuso da lungo tempo per problemi strutturali. Ma anche quando era aperto al culto, non era chissachè date le sue forme estetiche pure interne non proprio apprezzabili.
Forse si tratta del residuo antico campanile e della modestissima pari parte laterale annessa dell’antica chiesa che prospettava sulla strada laterale come in origine, ma anche in questo caso nulla di visitabile. Quindi perché spingersi fin qui passando per la tristezza del perduto Borgo Marina?

Ma siccome la parola “Prova” qui a Rimini è sempre stata sinonimo di definitivo, specie per iniziative sperimentali bislacche, siamo andati oltre, anticipando gli altri “totemini” che verranno posti in opera.

Ex Convento San Francesco
Lo stato di degrado si commenta da sé; ruderi dal dopoguerra, sporcizia, decadimento e tutto quel mondo faunistico e vegetale che ci ruota intorno. Uno dei buchi neri e vergogna della nostra città, non nascosto, ma in posizione preminente di cui ormai i riminesi ne percepiscono il senso di un’ordinaria normalità.

Tempietto di Sant’Antonio
Si dice di proprietà comunale, versa anch’esso in uno stato di degrado soprattutto strutturale date le infiltrazioni meteoriche e la corrosione degli elementi lapidei di origine arenaria. Un’altra vergogna al centro della piazza principale.

Palazzo Lettimi
Un altro esempio di sciatteria culturale lasciato nel completo abbandono e degrado, nonostante la valanga di denari piovuti a Rimini per i beni culturali e dissipati assai malamente in squallidi progetti.

Teatro Galli
Una delle rare operazioni culturali centrate, anche se alcune scelte progettuali in variante, non hanno permesso di rendere visitabili gli importanti resti archeologici rinvenuti, e resi “visibili” solo virtualmente in un angusto museo al di sotto dell’edificio, peraltro quasi sempre chiuso. Nessuna targa ricorda i veri personaggi a cui dobbiamo quel bel restauro. Un’ingratitudine istituzionale non da poco.
Poi una chicca.

La Lavanderia
Nel retro del Museo la ex Lavanderia dell’antico ospedale cittadino. Un cartello recita “Ristorante Lavanderia di cervelli”. In passato con grandi ambizioni, tanto da risultare nella Strada dei vini e dei sapori dei Colli di Rimini, è chiuso da tempo immemore. All’interno solito degrado ed altro, immagino. Anche questo sito, di proprietà comunale, potrebbe essere inserito nel triste itinerario anche per far conoscere come a Rimini non si utilizzino al meglio i beni pubblici. O forse sono esauriti i cervelli da lavare, chissà…

Ma per completare il nostro itinerario resta infine la piazza degli incubi®. Triste, squallida, senz’anima e di notte tetra, ha seppellito secoli di storia riminese, ed annichilito la splendida fabbrica di Castel Sismondo ora umiliato da un museo fuori da ogni contesto logico.
Questo potrà vedere il visitatore in cerca di arte e cultura a Rimini, dove tante testimonianze emerse in questi ultimi anni non sono state valorizzate come accade altrove, ma tombate sotto coltri di calcestruzzo e altri insensati orpelli; penso alla Piazzetta San Martino, all’edificio termale di epoca romana di Via Melozzo da Forlì e ad altre situazioni analoghe.
Un resoconto gestito da personaggi di poca cultura, presuntuosi ed anche ostili a coloro che avrebbero potuto essere di grande e fattivo aiuto nel recuperare un vero spessore culturale della città.
Tornando al nostro “totemino”, attenti a fermarvi a leggere o inquadrare il codice QR, dato lo sfrecciare di monopattini, bici ed auto; perché siamo nell’isola pedonale (che non c’è), immaginaria come quella di Peter Pan. Però poi se il codice è inattivo, potrete sempre visitare il sito indicato ed eccovi accontentati.

riminicultura.it … in costruzione. Il dominio è stato registrato a nome del Comune da Lepida.

È questa dunque la città da affiancare alle innumerevoli vere città d’arte che il nostro Paese vanta? Credo invece che se ne sminuirebbe quel significato; lasciamo l’arte a chi la sa veramente coltivare, far crescere e valorizzare.
Voliamo basso, non siamo all’altezza, facciamocene una ragione, è un tema troppo specifico in cui non ci si può improvvisare dalla sera alla mattina; perché abbiamo perso tante, troppe, occasioni per recuperare gli strappi del passato. Accontentiamoci quindi di vivacchiare come possiamo tra qualche dozzinale evento e una politica turistica asfittica. Questo ci tocca in mancanza di soggetti all’altezza di progettare il futuro di una città, ed in presenza di quelli costantemente alla ricerca di titoli altisonanti, per iniziative scompaginate che sono meri infruttuosi tentativi, di cui il cartello «PROVA» appiccicato al nostro “totemino” ne è l’estrema sintesi.

COMMENTI

DISQUS: 0