San Marino SpA

San Marino SpA

"Nel libro facciamo nomi e cognomi, anche di qualche politico, portando a galla attraverso gli atti processuali il problema delle infiltrazioni mafiose nella Repubblica di San Marino e a Rimini. Ci sono anche alcune informazioni che escono per la prima volta...". Davide Grassi, riminese, è l'autore, insieme a Davide De Luca, giornalista de “Il Post”, di un libro che è atteso nelle librerie a luglio, editore Rubbettino.

Il titolo è diretto come un pugno nello stomaco. Il contenuto farà discutere. Inserendo ulteriori tasselli ad un puzzle che va sempre meglio delineando una presenza ingombrante e inquietante. Un fenomeno lavico che per molti anni le istituzioni, la politica, i media, hanno cercato di spegnere con qualche palettata di cenere, soprattutto per allontanare l’onta, sperando così di tenere alla larga le ripercussioni sul turismo e sull’isola felice, che felice ormai non è più.

“A mio parere viene fuori un quadro interessante, nel senso che permettere di capire la situazione, anche perché partiamo da lontano, da quando sono scoppiati i primi casi di riciclaggio nel nostro territorio”, spiega Davide, avvocato penalista, blogger del Fatto quotidiano, da anni impegnato a capire e a far luce su ‘ndrine, camorra e cosche impegnate in diversi loschi traffici.

Davide Grassi e Davide De Luca mettono in fila le grandi inchieste che hanno interessato il Titano e la Riviera, e il risultato è questo: più che infiltrazioni sembrano allagamenti. “C’è stato un momento in cui a San Marino entrava moltissimo denaro e molto di questo non era pulito. Perché non si è vigilato? Io non parlerei di una complicità delle istituzioni sammarinesi, ma sicuramente dal momento in cui non si sono chieste da dove potesse derivare questo denaro, evitando di fare controlli e di prendere provvedimenti, hanno di fatto consentito che il fenomeno assumesse contorni preoccupanti, come dimostrano le diverse inchieste che lambiscono anche banche e centri di potere”.

Nomi e cognomi? “Certo”, si stupisce Davide Grassi, “è un libro di inchiesta, al quale abbiamo dato uno stile romanzato ma riportando fatti accaduti e contenuti di atti processuali, dunque non ci siamo inventati nulla, anche i nomi risultano dagli atti”.

Ci sono riferimenti a Rimini? “Si, un po’ tutta questa zona è al centro di San Marino SpA“. Che i due autori hanno voluto aggiornare fino all’ultimo, inserendo gli sviluppi dell’operazione “Titano” quando il libro era già stato chiuso.

Per Davide Grassi è il primo impegno editoriale, ma di mafia si occupa dal 2005, dopo aver conosciuto il prof. Enzo Ciconte (che ha scritto la prefazione di San Marino SpA) ed avendo con lui cominciato ad esplorare i tentacoli delle organizzazioni criminali. Poi è venuto l’incontro con Tano Grasso, quindi l’ingresso in SOS Impresa nel 2007 e un primo obiettivo concretizzato: l’avvio dell’osservatorio riminese insieme ad alcuni colleghi.
Oggi Davide Grassi è una figura di riferimento in SOS Impresa non solo a Rimini ma anche per il centro Nord, segue processi penali come parte civile a Rimini, Milano, Padova…

Processi del calibro di “Infinito” a Milano, sulla ndrangheta lombarda, o che coinvolgono il clan Crisci a Padova. “Da questo secondo processo emerge che gli appartenenti al clan del boss Mario Crisi hanno fatto tappa anche a Rimini, arrivati su richiesta di alcuni imprenditori in difficoltà economica. L’imprenditore edile, assistito da SOS Impresa, testimone di giustizia che ha permesso di scoperchiare la rete usuraia messa in piedi dai Casalesi nel Nord Italia, ha raccontato anche del coinvolgimento di un imprenditore alberghiero di Rimini che si è rivolto alla finanziaria Aspide”.

Una società finanziaria, certo, colletti bianchi, anzi bianchissimi, che si muovono sinuosi come serpenti. “Molto spesso queste persone agiscono attraverso la copertura di società di finanziamento e recupero crediti, com’è accaduto anche nelle ultime vicende che riguardano San Marino e che vedono protagonista il clan Vallefuoco, riferimento della Camorra in Emilia Romagna e San Marino”. Una grande “lavatrice” di denaro. Il patrimonio sequestrato dai Ros fra le province di Rimini, Napoli e Caserta, ha un valore stimato di circa 8 milioni di euro e annovera anche una struttura ricettiva e di ristorazione di Rimini, un’agenzia investigativa, due società di recupero crediti riconducibili al boss Francesco Vallefuoco, oltre a undici immobili, dodici beni mobili, più di sessanta rapporti bancari e contratti assicurativi.

In provincia di Rimini c’è un’altissima percentuale di alberghi passati da mani riminesi a conduzioni “esterne”. Su un totale di 2.326 strutture ricettive alberghiere, 1.224 sono in affitto (52,6%). A Rimini quelle in affitto superano le proprietà abbondantemente: 690 (quasi il 60%) contro 466. A Riccione pure: 243 contro 166. Sono tante anche a Bellaria Igea Marina ma comunque poco più della metà: 133 contro 224 (proprietà). Un fenomeno in continua crescita: erano 1.193 nel 2010, sono salite a 1.208 nel 2011 fino a 1.224. Più 31 in tre anni. Chi sta guardando dentro questo dato per capire cosa sta accadendo? Grazie al prefetto di Rimini, Claudio Palomba, è stato appena firmato un protocollo per la legalità nel settore ricettivo, che prevede anche una banca dati e verifiche sui cambi di gestione e a seguito di segnalazioni di inizio attività. Meglio tardi che mai, ma si parte con almeno 20 anni di ritardo.

C’è un legame fra i soldi “ripuliti” a San Marino e una serie di operazioni immobiliari fatte a Rimini?
“Molto probabilmente si, chi ha riciclato in Riviera si è appoggiato a San Marino, magari attraverso fiduciarie nate ad hoc. I primi segnali di riciclaggio risalgono agli anni 90 e l’onda non si è fermata, ma purtroppo ci sono categorie che preferiscono non parlarne”, chiarisce Davide Grassi.
Del problema infiltrazioni mafiose si discute da decenni, ondeggiando fra il silenzio e l’allarmismo, ma quali reazioni sono state prodotte? “Poco o nulla e soprattutto si è lasciato passare troppo tempo. Poi sono arrivate le iniziative più recenti, come l’Osservatorio provinciale …”
Qualcuno le ha chiesto di mettere a disposizione le sue competenze? “Assolutamente no”.
E si è dato una spiegazione di questo? “Nel 2008-9, Sos Impresa e “Avviso pubblico” fecero un accordo con gli enti pubblici territoriali per creare degli sportelli locali. A me chiesero di interessarmi con la provincia di Rimini, quindi presi contatto, ci fu una disponibilità iniziale da parte dell’ente, lo sportello provinciale doveva essere avviato a breve e mettere a disposizione un numero verde, ma non se ne fece nulla. A quel punto ho cominciato ad essere un po’ critico, insieme ad altre persone che avevano voglia di fare qualcosa sull’antimafia, ho iniziato ad organizzare eventi, a criticare le istituzioni locali che chiudevano gli occhi… sostenevano che c’erano gli anticorpi e non c’era nulla da temere, territorio sano. Io dissi che c’era la volontà di mettere la testa sotto la sabbia perché qualcuno aveva paura di sporcare l’immagine della riviera turistica, e questa chiarezza probabilmente mi ha tagliato le gambe. Nel momento in cui si è insediato il presidente Stefano Vitali non ha aderito nemmeno ad Avviso pubblico.” (qui si può vedere quali enti in Emilia Romagna hanno aderito)

Dispiaciuto? “Non faccio il presuntuoso ma penso che avrei potuto essere di qualche aiuto nell’Osservatorio provinciale. Così come ritengo che SOS Impresa, che è stata la prima realtà a fare qualcosa sul territorio, meritasse di essere coinvolta. Io comunque continuo a lavorare, sono un referente per molte vittime di criminalità organizzata, di usura e di estorsione”.

Ci sono molti struzzi anche oggi? “Mi sembra proprio di si, anche se la situazione è molto preoccupante. Ho letto ultimamente anche le esternazioni di chi qualche anno fa diceva che non c’era nulla da temere, mentre oggi, con qualche capriola, riconosce il problema”.

Perché molto preoccupante? “Perché anche le operazioni recenti hanno fatto venire a galla delle situazioni pericolose. Una volta le estorsioni di campani, siciliani, calabresi legati alla criminalità organizzata, avvenivano nei confronti dei paesani, ora non è più così. Nell’operazione “Vulcano” ci sono imprenditori di San Marino e riminesi, in “Vulcano 2″ i riminesi non mancano. E l’altro aspetto grave, che dovrebbe fare riflettere, è che il 99% di questi imprenditori non ha mai denunciato, le vittime sono state scoperte grazie alle intercettazioni telefoniche, oppure perché la moglie di un imprenditore deceduto ha consegnato dei documenti alle forze dell’ordine. Addirittura alcune vittime sono state indagate insieme agli estorsori, erano consapevoli che il recupero crediti veniva fatto attraverso l’estorsione e dunque sono indagati per estorsione in concorso. E dalle intercettazioni si comprende che nella nostra zona le vittime sono parecchie”.

San Marino è il baco che ha rovinato anche la mela Rimini o viceversa? “Secondo me si sono autoalimentate. Dove circola molto denaro c’è la possibilità di fare affari e in Riviera non è che, soprattutto anni addietro, non si facesse il nero e non circolassero fiumi di denaro. La ricchezza fa gola alla criminalità organizzata e l’interesse su questa zona c’era e c’è. Accanto a questo abbiamo San Marino, dove c’è sempre stata la possibilità di parcheggiare il nero e di riciclare: questo binomio ha prodotto quel che vediamo. Negli ultimi tempi le imprese locali hanno subito la crisi e quella è stata un’altra possibilità per i mafiosi per inserirsi ancora di più, entrando a far parte delle compagini societarie: spesso chi presta i soldi finisce per entrare nella società e far fuori il titolare”.

Andrea Vitante

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