Sul porto di Rimini torna l’ammaliante sirena

Sul porto di Rimini torna l’ammaliante sirena

Il presidente della Consulta degli Operatori del Porto di Rimini, Gianfranco Santolini, mercoledì 3 aprile consegna il nautofono al sindaco come dono alla città. Rino Ghirardelli: "Chi andava per mare sapeva di potersi orientare grazie alla sirena. Attendo la prima nottata di nebbia per riascoltarla". Ma per chi volesse farlo subito sarà sufficiente andare alla fine di questo articolo.

Finalmente ci siamo! La sirena torna a casa. La sua voce contrasterà nebbie e tempeste dal nuovo molo, vicino al faro di destra del porto. Dopo circa sei anni di assenza, Rimini si abbandona nuovamente tra le spire ammalianti del lamentoso suono della sirena. Preferiamo usare “sirena” piuttosto che “nautòfono”, termine tecnico-burocratico forse più acconcio, ma meno fascinoso. Soppresso per obsolescenza, l’apparecchio è rimasto nel cuore di molti riminesi che per pura affezione ne hanno chiesto a gran voce il ritorno in servizio.

Il punto in cui sarà collocata la “sirena”

Il difficoltoso recupero dell’avvisatore nautico si è perfezionato grazie a complessi accordi intercorsi tra più soggetti. Tra questi, oltre alla Capitaneria di Porto, campeggia la Consulta degli Operatori del Porto di Rimini che fin da principio governa meritoriamente il timone dell’iniziativa, peraltro appoggiata anche da Palazzo Garampi.
Mercoledì 3 aprile, alle ore 10 e 30, dopo che Marina Militare Comando Zona dei Fari e dei Segnalamenti Marittimi di Venezia ha dato parere favorevole all’intervento di riattivazione, Gianfranco Santolini (che è anche presidente del Club Nautico), consegnerà il nautòfono, costato alla Consulta circa seimila euro, al sindaco di Rimini Andrea Gnassi come dono alla città. L’apparecchio che negli anni di “letargo” è stato premurosamente custodito dal farista Vincenzo Colaci, dopo le prove di collaudo, dovrebbe tornare in attività entro la seconda decade di aprile.

L’iter della vicenda è stato divulgato più volte anche da Rimini 2.0. Ora vorremmo parlare della sirena con chi ha avuto modo di apprezzarne l’utilità sul campo. Rino Ghirardelli, classe ’41, nato nella storica borgata a vocazione marinara, ha vissuto gran parte della propria vita tra il Borgo San Giuliano e il Mare. Figlio e nipote di navigatori, tra i 18 e i 19 anni comincia la propria avventura sull’Adriatico: cavalca le onde in groppa a un mitico motoveliero: sulla tòlda di Mamma Rosa apprende i primi rudimenti e i trucchi del mestiere, indispensabili per chiunque intenda navigare.

E’ corretto affermare che per voi Ghirardelli il mare sia una sorta di vocazione?
Sicuramente sì. E dirò di più, il soprannome di famiglia è “Barche”. Le spiego perché. La mia bisnonna era madre di quattro figli; tutti marinai. Un proverbio genovese dice che “le mogli dei marinai non sono né vedove né maritate”. Quando faceva burrasca, i pericoli non mancavano. Trafelata e in apprensione, nonna Adalgisa andava a chiedere notizie ai lavoratori del porto. Faceva invariabilmente la stessa domanda (in portolotto; ndr): “l’è arivat al mi’ barche, l’è arivat al mi’ barche?”. Ecco da dove deriva il soprannome. Ora fa parte di quei trecento e più che abbiamo censito con mio padre, raccogliendo nomi e soprannomi dei pescatori di Rimini. Alcuni sono veramente estrosi. Ma a parte questo, è una memoria storica che volevamo conservare.

Che ne pensa del ritorno della sirena sul molo del porto? Le piace quel romantico richiamo alla terraferma?
Quando ho cominciato a navigare, il vecchio di bordo, grazie all’esperienza, mi indicava i porti attraverso le differenti segnalazioni visive e acustiche. Un tempo di lampo, una durata di eclissi diversa o un suono più prolungato, ti facevano capire verso quale porto ti trovavi. Con i sofisticati strumenti di oggi è tutto molto più facile e preciso. Ma anche una volta, quando i marinai erano in mezzo al mare avvolti dalla nebbia, riuscivano ugualmente a capire all’altezza di quale città si trovassero. Sa come? Con lo scandaglio.

Rino Ghirardelli sull’Amerigo Vespucci e durante il servizio militare in Marina

Serviva per conoscere la profondità del mare in modo da evitare secche e scogli, giusto?
Certo, ma faceva molto di più. La sagola veniva calata grazie a un pesante piombo di forma allungata. All’estremità superiore del peso si trovava un anello di ferro a cui era legata la cima. L’estremità inferiore, leggermente scavata a forma di coppa, conteneva uno strato di sego molle per facilitare la raccolta di un campione del fondo; da questo se ne stabiliva la natura: melmoso, sabbioso grossolano o fine, ghiaioso, roccioso e così via. E capivano se erano davanti a Cesenatico, Rimini oppure Cattolica, Fano…

Molto bene, ma ancora non mi ha detto se la sirena fosse indispensabile per il rientro.
La bussola era fondamentale, ma serviva avere precise conoscenze tecniche per entrare in porto. Quando la nebbia copriva tutto e non vedevi fanali, non vedevi la costa, non riuscivi a scorgere nulla e non avevi altro che la bussola, anche la sirena, attraverso la direzione del suono, ti dava la via giusta. La sirena era importantissima. Chi andava per mare sapeva di potersi orientare grazie a lei. Attendo la prima nottata di nebbia per riascoltarla. Da casa mia la si sente chiaramente. Ha un suono così particolare, conciliante e malinconico.

E sognerà il mare?
I marinai lo sognano sempre, il mare. E le sirene…

Ascolta la sirena

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