Dismissioni e privatizzazioni, caro Brasini, altroché lamenti

Dismissioni e privatizzazioni, caro Brasini, altroché lamenti

Pur contribuendo anche lui alla geremiade contro i tagli alle partecipate comunali (geremiade capitanata da Carta Velina Fassino, sindaco di Torino),

Pur contribuendo anche lui alla geremiade contro i tagli alle partecipate comunali (geremiade capitanata da Carta Velina Fassino, sindaco di Torino), il nostro benamato assessore al bilancio dott. Brasini una cosa giusta la dice.
Laddove osserva che “…il debito dello Stato (intorno al 130% del Pil) non è mai calato, mentre la spesa continua a crescere. Non solo, il debito pubblico è contratto dallo Stato principalmente per finanziare la spesa corrente, non per investimenti strategici come invece costantemente fanno i comuni (sic!)”.
Accusa pesante, che l’assessore Brasini forse non si rende conto di rivolgere al suo stesso Presidente del Consiglio e al suo partito di crozza e di governo, il Pd Matteorenziano.
O l’assessore Brasini pensa che al governo ci sia ancora l’infame d’Arcore con la sua corte dei miracoli?
Come dire che il medesimo assessore ne dice sì una giusta (per quanto autolesionista), ma subito dopo torna ad essere improbabile quando si profonde nella solita piula contro tagli governativi che metterebbero a rischio, nei comuni, i servizi essenziali.
Ma mi scusi, assessore Brasini, non s’è accorto che il tempo ormai è breve e i giochini scoperti?
Lei teme che i tagli del governo alle partecipate municipali (cioè ai carrozzoni burocratico-clientelari del consenso organizzato) compromettano servizi essenziali come asili nido, trasporti ecc.?
La soluzione è semplice: dismissioni dismissioni dismissioni!
Privatizzando tutto ciò che si può privatizzare (a cominciare da Fiera e Palas) non solo per realizzare un amount di almeno un centinaio di milioni di Euro che permetterebbe di abbattere il deficit comunale, ma soprattutto per efficientare un apparato pubblico che, in mani seriamente professionali (magari estere), potrebbe moltiplicare la sua produttività ben oltre gli interessi di bottega della classe politica locale.
Classe politica interessata solo, da vent’anni a questa parte, a gonfiare paurosamente un poltronificio di tipo consociativo e cattocomunista che, altrettanto paurosamente, ha portato alle stelle il “nostro” debito pubblico, signor assessore al bilancio.
Come vede, la soluzione è a portata di mano: basta che il comune la smetta di fare l’imprenditore (non ne ha né le capacità né le competenze) per attenersi al suo ruolo istituzionale di controllore e regolatore del tutto.
Ma avrà Ella, insieme al suo compagno di cordata Andrea Gnassi detto Friburgo, sindaco di Rimini, la volontà politica di far saltare una baracca autoreferenziale e trasversalmente partecipata cui la classe di governo deve tutto, ma proprio tutto?
Mi permetto di dubitarne.
Almeno però evitateci le solite lagne, il solito stracciar di vesti da sinedrio politicamente corretto con cui periodicamente minacciate di far pagare ai sudditi lo sperpero di denaro pubblico di cui voi, e solo voi, siete responsabili.
Non noi.

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