Anfiteatro romano: il caso Vercelli ha molto da insegnare a Rimini

Anfiteatro romano: il caso Vercelli ha molto da insegnare a Rimini

Mentre sul nostro si continua ad attendere, e nulla si muove, la città piemontese grazie ad un comitato ha cominciato il recupero dell'importante monumento. Però è Rimini che si candida a capitale della cultura.

Tra le pene che hanno colpito i reduci monumenti cittadini, si inserisce anche l’ormai decotta storia dell’Anfiteatro riminese, percepita come una vera e propria fastidiosa eredità in una città che ambisce al ruolo di capitale della [q]ultura. La vicenda è lunga, nota e conosciuta e, pertanto, partiremo dagli ultimi eventi succedutisi in quest’anno. Come i precedenti sono fuochi fatui che appaiono e scompaiono anch’essi ciclicamente, ma che per buona memoria è bene metterli in fila per aggiornare la triste storia dello sfortunato monumento cittadino, che ha avuto la sventura di essere stato edificato in Ariminum. Repetita iuvant?

IL CASO
Dopo la pubblicazione di uno dei nostri articoli sul tema (qui), siamo stati contattati da una studentessa universitaria impegnata in una ricerca sugli anfiteatri riutilizzati in Italia. Pare che in quell’ambiente il caso riminese abbia destato sorpresa ed interesse, fenomeni abbastanza desueti in una città ormai avulsa da problematiche del genere, in quanto distratta e ben avvezza ad assistere al dileggio dei monumenti cittadini come un ineluttabile fatto normale. Sembra anche che un certo stupore abbia sollevato la situazione a cui è soggetto il monumento romano, per metà sovrastato da un asilo, impensabile e inconcepibile nel paese straniero sede dell’università in questione. Rimini, evidentemente, all’estero attira l’attenzione non solo per Fellini. Speriamo di poter tornare sul tema a ricerca conclusa.

NEL FRATTEMPO
Ma ecco che in quei giorni l’annuncio a mezzo stampa di un partito dell’opposizione, che ha consegnato all’attuale Ministro della Cultura un dossier sull’Anfiteatro, accompagnato da titoli altisonanti, tanto da ricevere replica dalla parte opposta e l’accusa di riproporre ciclicamente la questione come “un disco rotto”. La riposta era “corroborata” dall’affermazione dogmatica – senza tanti preamboli – che al di sotto del CEIS non vi è nulla, evitando peraltro accuratamente di rendere note ai “sudditi” le prove concrete di quelle presunte risultanze. Peccato però che autorevoli (guastafeste) personalità siano certe del contrario (qui) e (qui); ma nella nostra democrazia locale pare valga l’assioma “credere e obbedire”.
In seguito si svolse un Consiglio Comunale tematico abbastanza acceso, presente anche l’ottimo professor Giovanni Rimondini, dal quale scaturì una promessa del Sindaco di effettuare dei sondaggi archeologici, per capire se effettivamente vi sia o meno qualcosa al di sotto del CEIS. Interpretata da alcuni come un’apertura ed un prosieguo, ma da altri – avvezzi ai reiterati trascorsi colpi di scena – come la solita prassi dilatoria tanto per procrastinare “sine die” un problema di cui è palese la ferrea volontà di non risolverlo. Anche perché trattasi di accertamenti superflui, data l’ampia letteratura comprovante che al di sotto dell’attuale livello del terreno vi sono evidenze archeologiche.
Nonostante la vivacità di quel breve periodo, siamo giunti al solito oblio. Da allora ad oggi nessuno ha saputo più nulla del dossier, neppure dei promessi sondaggi, ma nemmeno è emersa prova alcuna che il sottosuolo non possa restituire nulla di interessante. A Rimini va così; grandi annunci di mirabolanti iniziative, che poi inesorabilmente finiscono nel nulla o, semmai, si perdono nell’interruzione della catena di un’informazione scomposta e precaria. Ed è per questo che chi governa, o regna che dir si voglia, ha mano libera di agire come meglio crede.

UN ESEMPIO EDIFICANTE
Ritornando al tema dei residui anfiteatri romani malamente utilizzati, ci ha colpito particolarmente il caso di Vercelli. La vicenda è lunga ma la sintetizzeremo, anche dopo avere avuto uno scambio di esperienze con un rappresentante del Centro Studi Vercellae.
Partendo da memorie scritte passate, questa associazione portò l’attenzione sul fatto che in un’area in cui doveva sorgere una delle solite lottizzazioni, esistevano i resti di un anfiteatro di cui si era persa la memoria ed anzi se ne negava l’esistenza. Di conseguenza chiese la revoca del progetto, la tutela del sito, lo scavo di indagine e la valorizzazione; trovando fin da subito un netto diniego da parte delle istituzioni locali e di quelle deputate alla tutela.
Dopo una lunga vicenda che ha visto coinvolgere vari organi dello Stato e fino al Ministero della Cultura, il Centro ha ottenuto il riconoscimento per la tutela del luogo in cui sorgeva l’anfiteatro, il ritiro del progetto e addirittura l’acquisto di due lotti, gli altri rimasti in mano ai privati, da parte dell’amministrazione comunale, nei quali si stanno compiendo delle indagini archeologiche.
Quando abbiamo fatto notare al nostro interlocutore che Rimini non è Vercelli per quanto riguarda il coinvolgimento in questi aspetti, la replica non si è fatta attendere. Inizialmente la città (Vercelli) era stata indifferente alla notizia del ritrovato anfiteatro, ma grazie ad una ben organizzata campagna di sensibilizzazione con articoli sui quotidiani, mostre e soprattutto fatti concreti, è maturata una coscienza cittadina volta alla salvaguardia del bene architettonico legato alle proprie radici. Vi è da dire che quella benemerita associazione si occupa anche di tutelare altri tesori del passato sia in città che nel territorio circostante.

UN IMPORTANTE INSEGNAMENTO
Cosa ci insegna tutto ciò? Molto, direi. Per giungere a difficili, ma nobili e importanti risultati occorrono caratteristiche peculiari importanti; il progetto, l’organizzazione, continuità, tenacia e, soprattutto, credere nella validità dell’obbiettivo da raggiungere; nonché avere la capacità di infondere dei – veri – valori nei propri concittadini. Questo è, ed il paragone con Rimini è presto fatto.
A Rimini, all’esatto contrario, manca tutto ciò. È assente un soggetto interlocutore attendibile come pure alcuna campagna di coinvolgimento ed erudizione in proposito, ed alcun serio e lineare progetto finalizzato ad ottenere concreti risultati. Solo interventi personali ed estemporanei finalizzati al lustro personale di un dato momento, annunciati e poi fatti sistematicamente decadere nel niente.
I resti vercellesi sono di minore consistenza rispetto ai nostri, ma comunque in quella città ci si è battuti affinché essi fossero resi all’importanza storica e sociale che meritavano. Vero è che a Rimini nell’area insiste una struttura educativa di tutto rispetto, ma non è quello il monumento. Ciò che oltre al resto manca, è la volontà di risolvere il problema nonostante le tante “intenzioni” e le occasioni perse. E forse la definizione di “disco rotto”, destinato alla mesta azione delle cosiddette “opposizioni” ha effettivamente un senso; ripetono le stesse parole o solo musica che sia, ma non arrivano mai alla fine del brano musicale. Ma come in altri casi, di cui questo è un importante esempio, grazie a ciò regnare a Rimini è fin troppo facile.

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