Cosa prevedono gli strumenti urbanistici su anfiteatro romano e trasferimento del Ceis

Cosa prevedono gli strumenti urbanistici su anfiteatro romano e trasferimento del Ceis

Che ne è stato della promessa fatta nel 1991 dal Comune di Rimini alla Soprintendenza e al ministero di inserire nel piano regolatore l'area sulla quale posizionare l'asilo italo-svizzero liberando il sito vincolato? La previsione era quella di dar vita ad un «piano preventivo di iniziativa pubblica che preveda la demolizione di tutti gli edifici compresi all'interno del comparto in modo da consentire lo scavo archeologico». Ma ecco cos'è, anzi non è, successo negli ultimi trent'anni.

C’è un aspetto assai curioso che è emerso nella ricostruzione della telenovela nostrana relativa alle vicende che hanno riguardato il Ceis e in particolare la volontà dichiarata (qui) da parte dell’amministrazione comunale di trasferire il centro educativo dall’area archeologica dell’Anfiteatro romano.
Nel carteggio epistolare intercorso tra il Comune di Rimini e la Soprintendenza, in merito agli impegni da assumersi a fronte delle richieste del CEIS per interventi di manutenzione ordinaria e di consolidamento strutturale per dei padiglioni scolastici, ad un certo punto compare una missiva dei Musei Comunali del 19 giugno 1991 a firma dell’allora direttore.
Strano, come accennavo, perché trattasi di una questione afferente a ben altre competenze, segnatamente urbanistiche, e non ad una struttura museale che non ha in ciò alcun potere decisionale. Però essa è comunque interessante, perché riporta la volontà e l’impegno dell’Amministrazione in carica al tempo per risolvere il problema del trasferimento del CEIS.

Nella sua sostanza, la stessa recitava a chiare lettere che: «Nel nuovo strumento urbanistico sarà anche indicata l’area prevista per il trasferimento del Ceis» facendo riferimento al PRG in fase di ultimazione, e di cui la presentazione era prevista per l’estate del ‘91. Un impegno formale, quindi, chiaro, preciso ed inequivocabile. Ma vediamo cosa è successo in seguito.
Sarebbe complicato accedere a quella documentazione, oggetto di richieste presso i competenti uffici tecnici comunali, e dei conseguenti lunghi tempi di attesa, quindi partiremo dal Piano Regolatore Generale adottato nel 1994.

In detto strumento a pagina 89 si individuano i Comparti da assoggettare a piano urbanistico preventivo. L’area dell’Anfiteatro Romano, unitamente a quella ex Padane, è connotata come “Comparto 5”, trattato al punto 5 della pag. 91, in cui si legge testualmente:
«5. Anfiteatro
La sistemazione si attua attraverso un piano urbanistico preventivo di iniziativa pubblica che preveda la demolizione di tutti gli edifici compresi all’interno del comparto in modo da consentire lo scavo archeologico. A seguito dei risultati dell’indagine, l’area andrà sistemata a verde pubblico in maniera da consentire la conservazione e/o la visita dei reperti.»
Quindi, l’Amministrazione comunale non ha indicato l’area prevista per il trasferimento del Ceis, ma comunque ha previsto la demolizione di tutte le baracche per permettere l’intera valorizzazione dell’Anfiteatro, cosa che non è mai avvenuta.

Ma proseguiamo. Nel RUE (Regolamento Urbanistico Edilizio) adottato con Delibera di C.C. n.66 del 29/03/2011, la situazione non cambia affatto. Mentre l’area ex Padane viene disgiunta da quella dell’Anfiteatro, il monumento mantiene lo stesso numero di comparto precedente.

A pag. 22 della parte descrittiva dello strumento urbanistico, nel capitolo riguardante i comparti da trattarsi si ribadisce: «Sottocategoria D4: riguarda corpi di fabbrica o manufatti incongrui, di norma di epoca recente, la cui permanenza impedisce la valorizzazione di risorse storiche o archeologiche primarie. Interventi ammessi: MO, MS, demolizione»; quindi manutenzione ordinaria, straordinaria o demolizione.

Proseguendo nella lettura della predetta pagina si giunge al punto 6 in cui le unità di intervento speciali sono attuabili tramite POC (Piano Operativo Comunale), ossia mediante un accordo tra Amministrazione ed Ente privato. E siccome nella Tavola 2 – 3 allegata, la zona monumentale è compresa tra le “unità di intervento speciali”, la stessa è soggetta a questa casistica, e per spostare la sede scolastica altrove si sarebbe dovuta indicarne, appunto, la nuova area; e qui l’inghippo.

Pagina 22 del RUE del 29/03/2011.

Il Comune di Rimini non ha mai attuato nessun POC, tantomeno con quella struttura educativa, di fatto consentendo alla stessa la possibilità di effettuare sull’esistente la manutenzione ordinaria e straordinaria ma non più di questo.
Arriviamo infine al PSC approvato con Delibera del C.C. n.15 del 15/03/2016, sindaco Andrea Gnassi, in cui si conferma sostanzialmente quanto deciso in precedenza.
In questo caso nella Tavola Grafica VIN 2.1a la sagoma del nostro povero Anfiteatro è retinata quale “Bene culturale a tutela indiretta”. Cosa significa? L’area è tutelata ma non i fabbricati che insistono in quel sedime, a cui sono ancora destinate le solite tre possibilità: manutenzione ordinaria, straordinaria o demolizione.

Come peraltro si conferma nella relazione allegata, alle pagine 50 e 51. E l’inghippo continua.

Sebbene, come già detto, il Comune di Rimini non abbia mai adottato ed attuato il POC, è però certo ed indubbio che l’area in questione sia di alto valore storico, monumentale ed archeologico, oltreché pubblica e di pubblica utilità; di tutti quindi. Nonché gravata da diversi stringenti vincoli di inedificabilità, e potrebbe essere forzatamente liberata su intervento dell’Amministrazione stessa al pari dei vari esempi già occorsi a Rimini. L’ex Tricheco, tanto per citarne uno dei tanti ma di assai minore rilevanza dell’Anfiteatro.
Arriviamo ai giorni nostri ed alla “meravigliosa” sortita sindacale che “il CEIS vale un anfiteatro”. Un pessimo episodio…, che dire?
Si potrebbe pensare che i sindaci locali non conoscano gli strumenti urbanistici che vengono via via approvati, nonostante rechino il loro nome apposto sui cartigli e sulle copertine degli elaborati tecnici. Oppure che non sappiano cosa sia un Anfiteatro Romano, e quale sia l’importanza storica di quello che indegnamente Rimini ha ricevuto. Ma anche che si eserciti appieno l’arroganza del potere, autoreferenziale a tal punto di spargere esempi non proprio edificanti in tema di ottemperanza alle norme in materia di salvaguardia dei beni archeologici, e si permette pure di bearsene pubblicamente quasi fossero un vanto. E questo, proprio perché ad opera di rappresentanti delle Istituzioni che dovrebbero, per ruolo rivestito, essere d’esempio, lascia un po’ di sgomento, oltreché tanta tristezza.
Si pensa di continuare con la stessa modalità adottata dagli anni 60, ovvero continuando ad autorizzare interventi di manutenzione e consolidamento, anziché prendere il toro per le corna e provvedere finalmente – come richiesto da numerosi soprintendenti e ministri – al trasferimento del Ceis?

Gli articoli precedenti:

Ecco il solenne impegno, clamorosamente disatteso, di Margherita Zoebeli e del sindaco a trasferire il Ceis

Quando il Comune prometteva: «nel Prg ci sarà la nuova collocazione per il trasferimento del Ceis»

«Anfiteatro romano: provvisorio collocamento di asilo infantile»: correva l’anno 1946

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