Carim contro il Comune per un’area diminuita di valore a Viserba a seguito di variante

Carim contro il Comune per un’area diminuita di valore a Viserba a seguito di variante

L'istituto di credito aveva erogato ad una società di costruzioni un mutuo di 10 milioni di euro a fronte di una garanzia ipotecaria concessa su alcune aree di proprietà e dotate di diritti edificatori, interessate dal piano particolareggiato di iniziativa privata "Sacramora". Ma ad insaputa della banca, l'amministrazione comunale ha destinato i mappali in questione ad urbanizzazione secondaria e ha trasferito i diritti edificatori su altri terreni, diminuendo il valore economico dei fondi. Il Tar ha però respinto il ricorso e ha dato ragione al Comune.

Banca Carim è defunta ormai da tempo, circa quattro anni fa è passata nelle mani di Crédit Agricole Cariparma, ma le vicende legali a volte la resuscitano come soggetto che ha ancora aperti alcuni contenziosi.
In questo caso, Carim ha chiamato davanti al Tar dell’Emilia Romagna il Comune di Rimini lamentando che su alcune aree di Viserba, interessate dal piano particolareggiato di iniziativa privata “Sacramora” (“Sacramora scheda progetto 4.8”), approvato con delibera di consiglio comunale nel 2006, la variante approvata dall’amministrazione comunale ha avuto l’effetto di diminuire «il valore economico dei fondi, con vanificazione della garanzia patrimoniale malgrado la persistenza dell’ipoteca».
La banca aveva infatti erogato ad una società di costruzioni un mutuo di 10 milioni di euro a fronte di una garanzia ipotecaria concessa su alcune aree di proprietà – dotate di diritti edificatori – localizzate, appunto, a Viserba.
Carim è venuta a sapere «in modo casuale» dell’approvazione di questa variante che «ha destinato i mappali sopra indicati ad urbanizzazione secondaria e ha trasferito i diritti edificatori su altri terreni».
Fra le altre cose, Carim reclama che «il diritto vantato dal terzo sul cespite va salvaguardato attraverso un coinvolgimento diretto nel procedimento amministrativo urbanistico suscettibile di incidere sulla sua consistenza» e quindi ha chiesto l’annullamento della delibera «in relazione alla cessione dei diritti edificatori pertinenti alle particelle sulle quali grava l’iscrizione ipotecaria a favore della ricorrente».
Ma il Tar, che si è espresso con una sentenza pubblicata oggi, dà ragione al Comune. Prima di tutto perché «l’Istituto di credito ricorrente non rientra nell’alveo dei destinatari di effetti diretti del procedimento di variante, che investe i soggetti attuatori del Piano ovvero i proprietari delle aree coinvolte» e «I terzi o coloro che vantano aspettative indirette possono intervenire nell’iter di formazione dello strumento urbanistico, attraverso la presentazione di osservazioni». Carim avrebbe dovuto «esercitare le proprie ragioni nell’ambito della relazione interprivatistica con la ditta», anche perché «non è richiesta all’amministrazione un’indagine sui pesi gravanti sui lotti, che riguardano rapporti negoziali privatistici». Non solo, sostiene il Tar che «la capacità edificatoria è rimasta immutata, con trasferimento da un’area all’altra del medesimo piano, per cui non è neppure tecnicamente configurabile una cessione di diritti edificatori».

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