«Le norme ultimamente disposte appaiono in contrasto con la Direttiva UE 1023/2019 (Insolvency), in relazione alla fattibilità del concordato ed alla migliore soddisfazione dei creditori, compresi i creditori tributari e previdenziali». Mario Ferri e Luca Giannini sollevano un tema importante e chiedono ai parlamentari eletti in Romagna di farsene carico.
Il tema è emerso nel corso della presentazione del libro di Mario Ferri e Luca Giannini, “Crisi di impresa e insolvenza-le procedure della crisi di impresa. Novità, funzioni e responsabilità”, che si è tenuta mercoledì 12 ottobre alle ore 15,30 a Palazzo Buonadrata. Ora i due autori formalizzano la loro proposta ai parlamentari eletti in Emilia Romagna affinché vogliano farsene carico arrivando ad una modifica legislativa.
Ai Signori parlamentari
«La presente comunicazione intende rendere edotti i parlamentari eletti in Romagna delle norme che pregiudicano, in una delicata fase economica, il successo del concordato preventivo in continuità aziendale», spiegano Ferri e Giannini.
L’esame critico del volume “Crisi di impresa e insolvenza” Editore Maggioli, di Ferri Mario e Giannini Luca, consente di rilevare una significativa anomalia, introdotta con il D.Lgs.n.83 del 14/06/2022 nel mese precedente l’entrata in vigore della riforma che ha abrogato la legge fallimentare del 1942.
«Le norme ultimamente disposte appaiono in contrasto con la Direttiva UE 1023/2019 (Insolvency), in relazione alla fattibilità del concordato ed alla migliore soddisfazione dei creditori, compresi i creditori tributari e previdenziali.
Alla presente comunicazione è allegata una breve illustrazione delle conseguenze derivanti dalle norme introdotte dal D.Lgs. n.83/2022 che modificano l’originaria formulazione del D.Lgs. 14/2019.
Gli autori sono a disposizione per ogni eventuale incontro a chiarimento di quanto esposto».
CRISI DI IMPRESA E INSOLVENZA – PROPOSTA MODIFICA LEGISLATIVA
Il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, entrato in vigore il 15 luglio scorso al termine di un lungo percorso avviato con la legge delega n. 155/2017 e concluso con il decreto attuativo n. 14/2019, è conseguente all’elaborazione della Commissione di studio della riforma, presieduta dal Prof. Renato Rordof.
La riforma presenta l’obiettivo essenziale di risolvere positivamente la crisi di impresa onde evitare la chiusura di aziende che procura un danno sociale per la perdita di posti di lavoro e di competenze.
Il D.Lgs. 14/2019 è stato successivamente modificato e integrato da altri decreti legislativi, fino all’ultimo D.Lgs. n.83 del 14/06/2022. Quest’ultimo decreto legislativo, oltre ad introdurre positivamente il diritto societario nella crisi di impresa, modifica l’articolo 109 (maggioranza per l’approvazione del concordato) e l’articolo 112 (giudizio di omologazione).
Gli effetti delle suddette norme penalizzano il sistema economico, in quanto l’attuale articolo 109 rende di fatto inattuabile la transazione fiscale e contributiva, quindi la soddisfazione non integrale dei relativi crediti, già indicata come un’innovazione di particolare rilevanza in aderenza alla Direttiva UE 1023/2019 (direttiva insolvency). La transazione fiscale e contributiva, ai sensi dell’articolo 88, può essere conseguita su proposta del debitore, previo controllo del Tribunale alle condizioni previste dalla normativa. Di conseguenza, come da ordinanza della Corte di Cassazione Sezione Unite Civili, la posizione dell’Ente impositore non è più espressa con un atto autonomo, di accettazione o di rigetto della proposta, bensì con il voto dell’Ufficio territoriale, al pari di un creditore privato.
La normativa prevede opportunamente la suddivisione dei creditori in classi, ai sensi dell’articolo 85, che diviene obbligatoria per i creditori titolari di crediti tributari o previdenziali dei quali non sia previsto l’integrale pagamento, la cui soddisfazione, a seguito di degradazione per incapienza, richiede un trattamento più favorevole rispetto agli altri creditori chirografari.
La soddisfazione dei suddetti crediti tributari e previdenziali diviene condizione essenziale per l’approvazione del concordato, in quanto l’articolo 109 prevede che il concordato in continuità aziendale è approvato se
tutte le classi votano a favore, ivi compresa la classe costituita a seguito della soddisfazione non integrale dei crediti tributari o previdenziali.
Un’altra disposizione che contrasta con la procedura diretta, per espressa disposizione di legge, alla tutela prioritaria dei creditori è rappresentata dall’articolo 112 che consente al Tribunale il rigetto dell’omologazione in caso di concordato in continuità aziendale anche quando tutte le classi abbiano votato favorevolmente, qualora il piano sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza e eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l’attuazione del piano e non pregiudichino ingiustamente gli interessi dei creditori.
In proposito, si osserva che la fattibilità economica della proposta di concordato è oggetto di esame da parte del commissario giudiziale e del Tribunale fin dal decreto di ammissione alla procedura, con un controllo successivo che può comportare, se in qualunque momento risulta che manchino le condizioni prescritte per l’apertura del concordato, la dichiarazione di liquidazione giudiziale. Se i creditori, in base alle risultanze della relazione esposta dal commissario giudiziale, esprimono il voto positivo in tutte le classi, non appare comprensibile un ulteriore e definitivo esame giudiziale della proposta, il cui esito negativo, dopo una procedura della durata massima di dodici mesi, rende vano il consenso di tutte le classi dei creditori.
La previsione dell’articolo 112 potrebbe riferirsi, in ipotesi di ragionevole interpretazione, a situazioni, non ancora emerse all’atto della votazione dei creditori, che potrebbero causare l’annullamento del concordato, in caso di dolosa esagerazione del passivo ovvero di sottrazione o dissimulazione di una parte rilevante dell’attivo ovvero la risoluzione a causa di un prospettico inadempimento, dovuto, ad esempio, alla sopraggiunta revoca della concessione di un servizio pubblico ad un concessionario, proponente il concordato.
Il rimedio per ovviare alle situazioni esposte che non appaiono coerenti con la Direttiva UE 1023/2019, consisterebbe nell’adozione di un nuovo decreto legislativo che recuperi gli originali articoli 109 e 112, come previsti dal D.Lgs. 14/2019 del 12/01/2019, in sostituzione delle norme inserite dal D.Lgs. n.83 del 17/06/2022.
L’articolo 109 dell’originario D.Lgs. 14/2019 richiede la maggioranza dei crediti ammessi al voto e, ove siano previste diverse classi di creditori, anche che sia raggiunta la maggioranza nel maggior numero di classi.
Nel giudizio di omologazione, l’originario articolo 112, prevede un’ulteriore tutela ai creditori dissenzienti, rappresentanti il venti per cento dei crediti ammessi al voto, che contestano la convenienza della proposta. In tal caso, il Tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale, nel rispetto del principio comunitario della migliore soddisfazione dei creditori.
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