“Dall’intrattenimento all’industria dell’ospitalità”: intervista al prof. Cappiello

“Dall’intrattenimento all’industria dell’ospitalità”: intervista al prof. Cappiello

Il turismo riminese colpito al cuore quando già versava in uno stato di salute precaria. E ancora "non è chiaro a tanti che cosa l'abbia debilitato", dice Giuseppe Cappiello, docente di economia e gestione delle imprese all'Università di Bologna. Che giudica opportuno raccogliere la sollecitazione posta dal presidente della Fiera in direzione di un adeguamento rigoroso delle strutture ricettive. Ma richiama anche all'importanza della formazione. E propone: "In maniera sicura e controllata occorre far lavorare alcune imprese e tenere il ritmo".

Dopo gli interventi di Stefano Zamagni e Attilio Gardini, pubblichiamo il punto di vista del prof. Giuseppe Cappiello sulle ripercussioni del coronavirus sulla economia riminese ed in particolare sul turismo. Anche Cappiello è docente dell’Università di Bologna, dipartimento di Scienze aziendali, dove insegna economia e gestione delle imprese. Segnaliamo anche la precedente conversazione con Cappiello, per la continuità con alcuni temi che già poneva circa due anni fa.

Il coronavirus coglie il turismo riminese in uno stato di salute precaria, l’organismo appariva già debilitato: molti alberghi sono già fuori mercato, tanti sono chiusi e in vendita ma nessuno li considera appetibili: cosa significa per questo territorio fare i conti con una “batosta” pesante e improvvisa come quella che si è abbattuta sul sistema ricettivo ed economico in generale?
Purtroppo il grido di allarme che veniva da più parti è rimasto inascoltato. Era evidente che l’organismo era debilitato, per usare la sua espressione, e che ora rischia grosso, ma il dramma maggiore è che non è chiaro a tanti cosa ha debilitato il turismo riminese. Senza dilungarmi troppo io partirei dall’idea stessa di turismo che c’è dalle nostre parti: il turismo qua sembra essere sinonimo solo di intrattenimento per un tempo vuoto, in realtà il tempo libero da altri impegni è un tempo per dedicare al riposo fisico, alla salute, agli interessi culturali e anche al divertimento. Non deve essere l’industria dell’intrattenimento ma quella dell’ospitalità. La distinzione non è lessicale perché cambiano radicalmente i competitor ed i modelli di business. L’intrattenimento lo offre anche un canale televisivo digitale, l’ospitalità no. Inoltre se siamo d’accordo che questa è l’industria dell’ospitalità allora non è rivolta solo ai vacanzieri. Occorre aiutare il settore dell’industria che a Rimini non è secondario, anzi sul territorio abbiamo imprese importanti e possiamo attrarne altre, perché se le medie e grandi imprese crescono e vanno bene avremo tante persone da ospitare. Due esempi: quando Philip Morris ha scelto di aprire un nuovo stabilimento a Bologna ne ha risentito anche il mercato immobiliare perché personale qualificato cercava case di qualità e servizi per le famiglie. Quando mi sono trovato a lavorare a L’Aquila per la ricostruzione post terremoto, le persone che contattavo per investire a l’Aquila mi rispondevano di avanzare loro delle proposte su Rimini perché qua si vive bene mentre là non sarebbero riuscite a portare le famiglie. Occorre ragionare in maniera sistemica.

Se dobbiamo fronteggiare una guerra, come in molti ripetono, occorre anche un “gabinetto di guerra” ben attrezzato in termini di competenze, mentre si ha l’impressione che nessuno, nemmeno a livello locale, abbia davvero il polso della situazione e sia in grado di guidare un percorso di uscita da una crisi di questa portata. Sono sufficienti i “tavoli” attivati anche a livello riminese, o la “task force in remoto” del Piano Strategico? Cosa bisogna fare? Come reagire?
Qui bisogna essere leali. I benpensanti si sono scandalizzati quando qualcuno, italiano o straniero, chiedeva pieni poteri, poi ci troviamo un Governo, dei Sindaci o tavoli tecnici che si sono presi autonomamente pieni poteri e neanche li sanno usare. Parlamento e consigli regionali e comunali sono azzerati. Mi pare il momento adatto per far tornare in campo la discussione politica. Certamente la situazione è complicata anche perché il virus ha corso veloce, però stupisce che non ci fossero procedure e disciplina professionale pronte per le emergenze. Potrebbe succedere in un momento qualsiasi dell’estate, durante un concerto ad esempio, che un numero elevato di persone ha bisogno di aiuto. Devono funzionare le istituzioni e così i cittadini capiranno anche che devono votare o nominare le persone che sono in grado di prendere le decisioni anche in momenti molto difficili. E questo vale anche per le imprese private; alcune banche locali sembrano del tutto incapaci di attuare le direttive nazionali. Sicuramente non è facile se esce un decreto al giorno ma oggi si vede ad occhio nudo chi è capace e chi no. L’Università di Bologna, grazie ad una leadership autorevole, in una settimana tra il 24 febbraio ed il 2 marzo, ha attivato tutti i corsi online. Pochissimi atenei ci sono riusciti. Tutti abbiamo dovuto cambiare qualcosa ma è stato un grande aiuto anche per la tenuta sociale.

Di recente il presidente di Ieg, Lorenzo Cagnoni, ha detto: «Da anni parliamo di ambiente e turismo come direttrici dello sviluppo. Ora siamo di fronte a uno snodo, dove l’adeguamento rigoroso delle strutture diventa una necessità. Le nostre sono nuove ma non basta. La politica delle sale e dei corridoi zeppi di gente va rivista». Si potrebbe aggiungere che anche la politica dei grandi eventi è destinata a subire un ridimensionamento quasi totale. Cosa pensa della sollecitazione di Cagnoni?
Cagnoni è un manager molto capace quindi se dice questo è opportuno raccogliere la sollecitazione. Tratterrei soprattutto la visione e cioè un modo nuovo di concepire gli eventi e l’incontro tra le persone, poi i dettagli si capiranno. Tornando a quanto dicevo dell’università, qualcuno dei colleghi reagisce dicendo che quella online non è didattica, che serve un rapporto personale tra allievo e maestro. Tutto vero ma l’innovazione non è mai nemica della tradizione. Useremo tutti i nuovi strumenti a disposizione per rendere ancora più interessante e ricca la tradizione e più intensi i rapporti personali.

In non pochi albergatori sta maturando l’idea di “saltare un turno”, ovvero di rimanere chiusi. Perché i rischi sono alti nell’aprire una struttura in questo contesto, soprattutto per i tanti che gestiscono hotel in affitto. Ma oltre ai conti economici che faranno fatica a tornare alla fine di una stagione molto “ristretta”, ci sono tutte le questioni sanitarie, dalle linee guida Oms alle conseguenze in termini di responsabilità penali e civili in caso di contagi che dovessero verificarsi. Che fare?
E’ inevitabile un certo scoramento. Non ci sono leader che danno la prospettiva e molte decisioni sono ingiustificate. Se un idraulico da solo aggiusta i bagni di un albergo ed inizia a preparare la struttura non contagia nessuno. In maniera sicura e controllata occorre far lavorare alcune imprese e tenere il ritmo. Sicuramente ci saranno meno viaggiatori e meno eventi ma, per contro, ci sono anche meno competitor perché tutto l’estero è chiuso. Ora servono poche regole e molto chiare per svolgere l’attività in sicurezza per i lavoratori e senza il rischio di incorrere in sanzioni per la violazione di regole immaginarie. Altra cosa: uno dei problemi principali per le imprese dell’ospitalità è il personale, ce lo diciamo tutti gli anni. E’ un periodo perfetto per fare formazione. Non ci capiterà più, per certi aspetti lo speriamo, di avere tanto tempo a disposizione. Ora tutti dovrebbero essere in una stanza online ad aggiornarsi. Gli strumenti che abbiamo imparato ad usare anche per fare degli aperitivi online devono essere usati per avere docenti che in altri momenti non riusciremmo ad ascoltare. In conclusione, ha ragione il prof. Zamagni quando dalle vostre colonne diceva che è una occasione per ripensare tutto. Altrimenti resta solo la batosta.

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