Il Festival di Gnassi. Il primo non-umano che canta ha fatto l’uovo

Il Festival di Gnassi. Il primo non-umano che canta ha fatto l’uovo

Il sindaco di Rimini difende il festival che finanzia come presidente della Provincia e sindaco del comune capoluogo. Ma i suoi conti sugli spettatori sono smentiti dai fatti.

Punto nel vivo dalla pioggia di critiche al festival della non-umanità di Santarcangelo, si è fatto vivo il suo vero artefice, rimasto finora nascosto nell’“imbosco” – questo il titolo dato alle dieci serate dei dj-set dopo gli spettacoli.
Parliamo di Andrea Gnassi, sindaco del Comune di Rimini ma appalesatosi ieri in qualità di presidente della Provincia di Rimini, ente che finanzia con soldi pubblici la manifestazione presieduta dalla sindaco Alice Parma.
La pioggia di critiche – riepiloghiamo le puntate precedenti – è cominciata con un primo articolo di Riminiduepuntozero che denunciava il rischio di trasformazione della kermesse teatrale in una ammucchiata tra umani, quattro gatti, alberi e funghi, e dove ci domandavamo se una mandria di bovini mossa a pietà nei confronti dei contribuenti romagnoli si sarebbe accollata il deficit (l’anno scorso di 35mila euro).
Articolo che non ha avuto risposta, e che ha avuto ben altro seguito: un pezzo al fulmicotone dell’ottimo Matteo Montevecchi sulle assurdità logiche dell’inaugurazione non-umana, la piccata replica della sindaco-impresario teatrale Parma, la controreplica di Montevecchi, un suo video virale da oltre 200mila visualizzazioni (ora salite a circa 400mila), infine lo scoppio del caso politico con interrogazione parlamentare dell’on. Fedriga al ministro Franceschini.
Deve essere stato proprio questo esito, l’interrogazione a Franceschini, a far saltare i nervi a Gnassi. Si ricorderà infatti lo strano tempismo del primo cittadino riminese, nel difendere il ministro sulle nomine “estere” dei musei rigettate dal TAR: nell’occasione Gnassi si affrettò a dichiarare “sosteniamo con forza l’iniziativa del ministro Franceschini, e confidiamo nel fatto che il Consiglio di Stato dia ragione al ministero e rovesci la sentenza del Tar contro le nomine dei direttori dei musei con bando internazionale”, spingendosi al punto di mettere i cavoli nella merenda: “siamo così convinti dell’utilità di questa procedura che auspichiamo che venga allargata a tutti i musei comunali”.
Sta il fatto che ieri il sindaco, evidentemente poco appassionato ai tanti altri problemi dei cittadini, ha trovato il tempo di attaccare l’interrogante Fedriga, accusandolo delle peggiori nefandezze come se il parlamentare leghista fosse un Hitler pericolosametne redivivo.
Gnassi gli ha scaraventato addosso le accuse di volere – citiamo nell’ordine:
“un controllo dello Stato sulla libera manifestazione del pensiero”;
di “pensare all’arte come strumento di educazione delle masse (e di costruzione del consenso) che ci rimanda a tempi e situazioni francamente ‘dimenticabili’ e spesso tragiche”;
di volere, in modo “ripugnante”, tornare alle condanne naziste dell’“arte degenerata”;
infine, citando “Oscar Wilde che pagò la sua diversità con la prigione” Gnassi si è domandato se Fedriga voglia “cacciare tutti in gattabuia”.

Noi non ricorderemo parola per parola l’arringa difensiva di Gnassi (anzi, auto-difensiva perché con l’amministrazione comunale del capoluogo Gnassi è socio e quindi co-imprenditore del festival di Santarcangelo), arringa che sarà devotamente ripresa da tutti gli organi di stampa.
Faremo solo un appunto su due fra le scombiccherate tesi da lui avanzate.

1) Gnassi afferma che “il Festival di Santarcangelo è un Patrimonio del nostro territorio, è un evento di portata internazionale che fa sold out”.
Sold out”? Tradotto dall’inglese vuol dire “tutto esaurito”. Vediamo allora se le cose stanno così.
Alla fine dell’edizione 2016 gli organizzatori hanno dichiarato pubblicamente di aver staccato 7.682 biglietti con incasso totale di 39.328 euro (in media 5 euro a biglietto). Hanno inoltre dichiarato che gli appuntamenti complessivi sono stati 196, di cui 134 a pagamento e 62 gratuiti. In mancanza di altri dati, si può affermare che gli spettatori siano stati meno di 40 per ogni appuntamento.
Quindi non si tratta, come sostiene Gnassi nel suo comunicato, di “migliaia di persone attratte dall’atmosfera di festa che unisce tutti nell’allegria”, ma solo di 7-8mila biglietti staccati in una maratona di 10 giorni, cioè una media di 768 biglietti al giorno.
Questi 40mila euro di incasso vanno poi analizzati nel contesto del bilancio consuntivo 2016, dove le entrate totali sono di 902mila euro. Nel complesso delle entrate, i contributi derivanti da Stato, Regione, enti pubblici soci ed altri enti costituiscono il 75,8%. La bigliettazione fornisce solo il 4,3% dei ricavi, riuscendo a coprire giusto la metà dei soli costi amministrativi.
Per non parlare degli altri costi, totale 938mila euro, ragion per cui la manifestazione è strutturalmente in perdita, cioè sostanzialmente mantenuta in piedi e in vita dalle continue iniezioni di soldi pubblici, alias contribuenti.
Se questi sono i concetti di “patrimonio del territorio” e di “sold out” che frullano in testa al presidente della Provincia Gnassi, i cittadini da lui amministrati non se la passano certo bene.
Urge il dono al sindaco di un pallottoliere vintage, forse più efficiente delle calcolatrici dei suoi smart-phone.
Comunque non ci sottrarremo al calcolo della resa dei 250 appuntamenti dell’edizione 2017, ed attendiamo con fiducia la pubblicazione del bilancio. Nell’occasione rifaremo i conti del “sold out” gnassiano.

2) Gnassi si scaglia contro Fedriga sostenendo che la sua interrogazione lo riporta “con la mente e con la memoria al contesto proprio dei regimi”.
Regime”? Fare una domanda al ministro è da regime? Vediamo anche qui come stanno le cose.
Il vero regime sembra essere quello che sostiene il festival clementino. Infatti basta sfogliare la brochure di presentazione ed ecco scodellati:
5 enti locali soci dell’ente promotore e quindi imprenditori in proprio del festival, fra cui lo stesso sindaco del Comune di Rimini;
5 partner istituzionali, e sottolineiamo i nomi: la Commissione Europea, il MIBAC (Ministero beni e attività culturali), la Regione Emilia-Romagna, due enti finlandesi;
10 main sponsor, fra i quali svettano due multiutility partecipate dagli enti locali, come Hera e Amir funeral service;
fra i sostenitori, 3 fra le più grosse banche locali e regionali;
tra gli altri sostenitori, “amici del festival” e fornitori vari, ecco altre multiutility o aziende quasi completamente pubbliche (vedi Start Romagna, Amir, Caar, Romagna Acque- Società delle Fonti);
fra le collaborazioni di cui gode il festival, numerose altre realtà pubbliche (vedi Apt Servizi, ATER, Cineteca Bologna, Università di Urbino, La Notte Rosa, addirittura il Ministero dell’Interno con il programma SPRAR il cui nesso con le manifestazioni ecosessuali santarcangiolesi sinceramente sfugge a noi trogloditi di Riminiduepuntozero);
infine, con il marchio della Parrocchia di San Michele Arcangelo fra le collaborazioni, il festival gnassiano può contare sul patrocinio spirituale di uno dei più muscolari esseri celesti, il massimo difensore della fede in Dio contro le orde di Satana, l’Arcangelo Michele appunto, il che non guasta mai.

Su di una cosa è giusto dare ragione a Gnassi, quando afferma nel suo lungo comunicato che “l’arte nei paesi liberi può essere provocatoria, persino disturbante, può essere infine perfettamente inutile”. “Disturbante e persino inutile”? Beh, ai fantasiosi “atti di immaginazione” di Alice Parma e Andrea Gnassi davanti alle piante, noi sinceramente preferiamo Shakespeare e/o Michelangelo Buonarroti. Però glielo concediamo: arte inutile, perché no?
Ma per favore: non confondiamo l’arte, disturbante quanto si vuole, con le masturbazioni santarcangiolesi sugli alberi.
Almeno non con i (nostri) soldi pubblici.

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