“Il nefasto connubio fra Fondazione Carim e poteri locali”

“Il nefasto connubio fra Fondazione Carim e poteri locali”

Dopo numerosi interventi che criticano la conduzione della Fondazione Carim e sollecitano i suoi vertici ad un cambio di rotta (come quella di Giusep

Dopo numerosi interventi che criticano la conduzione della Fondazione Carim e sollecitano i suoi vertici ad un cambio di rotta (come quella di Giuseppe Pecci e Pietro Palloni, ma in altro modo anche di Unindustria e in precedenza dei soci Alfonso Vasini, Giuseppe Pecci e Pietro Palloni) ecco una nuova presa di posizione firmata dall’Avvocato Ettore Beraudi e da Paolo Conti, membri di lunga data dell’assemblea della Fondazione. Per dirla con Lucio Dalla, “l’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va”. Speriamo nel 2016.

Fino a pochi anni fa la qualità di socio della Fondazione Cassa di Risparmio era una gratificazione, in quanto avveniva per cooptazione dai soci precedenti – eredi morali dei fondatori della Cassa – fra le persone che per serietà, onestà, professionalità, cultura imprenditoriale, avevano avuto modo di eccellere nel nostro territorio.
Ora i soci della Fondazione ne vivono con preoccupazione le sofferte vicende delle quali, tra l’altro, non vengono informati se non leggendo sulla stampa le cronache cittadine.
Nel frattempo è accaduto quello che tutta la città ed il nostro territorio sanno: la costituzione di un gruppo di potere che ha impedito ad altri soci di promuovere accurati controlli, li ha esclusi da ruoli strategici ed ha nominato sodali obbedienti.
Successivamente, dopo una prima ispezione, è intervenuto un commissariamento da parte di Bankitalia, le azioni hanno visto precipitare il loro valore con danni gravissimi – oltreché per i soci della controllata CARIM – per la Fondazione medesima che svolgeva una importantissima funzione sul territorio nel campo della solidarietà, della cultura, dell’arte, dell’assistenza e dello sviluppo economico, quasi azzerata perché basata sui dividendi della CARIM di cui deteneva un cospicuo pacchetto di maggioranza.
Ora tutto ciò non corrisponde più alla realtà ed i soci della Fondazione sono disorientati e addirittura imbarazzati davanti ai cittadini che chiedono loro notizie ed informazioni sullo stato della Fondazione e della CARIM, anche perché leggono sulla stampa notizie sempre più negative, addirittura di procedimenti penali a carico di amministratori e dirigenti della Fondazione e della Banca.
Va fatto presente del resto che lo stesso Presidente della Carim ha dichiarato alla stampa la necessità di un aumento di capitale di 100 milioni di euro “per rispettare i parametri e continuare a fare credito”: tale affermazione non merita commenti vista la sua gravità.
Va ribadito che un certo modus operandi, rilevato dalla stampa cittadina relativamente alle nomine degli organi, non è cambiato, tant’è che si è letto – ma si sapeva già – con quali criteri alcuni amministratori transitano dal Consiglio della Fondazione a quello della Carim e viceversa, nonostante non abbiano profili qualificati di professionalità.
Seguendo questa falsariga, ad esempio, nella Carim non si è riconfermato un Professore di Economia nel C.d.A., si è arrivati alle dimissioni di un altro Professore di Economia dal Collegio dei Revisori, si è dimesso il Direttore Generale: si è inoltre entrati in rotta di collisione con l’Associazione degli Industriali, non concedendole di poter nominare nemmeno un membro del C.d.A. della Carim: mossa quest’ultima assai poco strategica, nel momento in cui ci vorrebbe la solidarietà da tutto il nostro territorio e si parla di una ricapitalizzazione di 100 milioni di euro.
Alla luce di quanto sopra, appare sempre più difficile vedere un criterio logico e di valida competenza, tenendo conto che la Fondazione Carim è stata sempre considerata di proprietà della società civile riminese, dalla quale ha tratto origine e attraverso la quale ha attinto forze e finanze per sviluppare la sua riconosciuta e rilevante capacità d’intervento. La Fondazione per queste sue origini deve essere una casa di vetro, nella quale deve essere possibile conoscere ogni recondita decisione, mentre non è tale nemmeno per i soci ai quali vengono presentati bilanci che, per la loro genericità, possono essere definiti dei veri “atti di fede” che si chiedono ai soci: la Fondazione è di tutti e dunque non può essere monopolizzata da alcuni.
Siamo pertanto critici nei confronti di chi in questi anni ha portato l’ente ad un innegabile impoverimento sia economico-patrimoniale, sia di autorevolezza assoluta. Ciò è avvenuto anche per un connubio pasticciato tra Fondazione e rappresentanti delle istituzioni locali che, per loro natura, non dovrebbero influenzarne l’attività pur essendo nominati in parte in un organo di indirizzo della Fondazione. La nostra è una Fondazione privata di natura “associativa” che va tenuta distinta da quelle di natura “istituzionale”, originate invece da Enti locali: i rapporti inappropriati che di fatto si sono instaurati con gli enti locali, per interessi personali, hanno tradito l’origine privatistica del nostro ente. Vi è stato infatti un ex esponente politico locale che ha addirittura auspicato il rientro della politica nella Fondazione: si ritornerebbe così ai tempi in cui il Ministero del Tesoro, sulla base del “Manuale Cencelli”, nominava Presidenti e Vice Presidenti della Fondazione, norma che tra l’altro dovrebbe essere stata cassata da un referendum.
Vorremmo comunque non passare sotto silenzio che rapporti più stretti con strutture pubbliche locali vanno evitati alla luce del Fallimento Aeradria, con perdita di 8,5 milioni a cui si deve aggiungere una richiesta di risarcimento di 18 milioni da parte del Curatore del Fallimento con potenziali ricadute sulla Banca conferitaria.
Nel ribadire quanto sopra ed alla luce delle predette considerazioni, chiediamo che l’attività della Fondazione sia riportata nell’alveo della sua tradizione e della sua origine statutaria.
Sarà doveroso pertanto che nella prospettiva imminente dei rinnovi delle cariche statutarie i candidati rispondano in primis a questi doveri di appartenenza, a criteri di professionalità e competenza e non a logiche di potere.

Avv. Ettore Beraudi
Dott. Paolo Conti

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