La sottile differenza fra «festa dell’albero» e «fare la festa» all’albero

La sottile differenza fra «festa dell’albero» e «fare la festa» all’albero

Oggi tutti celebrano il verde in città. Perché è la Giornata nazionale (o Festa) degli alberi. Ma quotidianamente assistiamo ad interpretazioni molto "creative" sulle loro funzioni. Eccone una serie, documentate fotograficamente. E, per contro, gli otto articoli fondamentali sulla "nazione delle piante" di Stefano Mancuso.

Dal 2013 la Giornata nazionale degli alberi si celebra ogni 21 novembre. È stata istituita per diffondere il rispetto, l’amore per la natura e la difesa delle piante. Proprio oggi, in contemporanea all’evento, il comune di Rimini inizierà a mettere a dimora tremila alberi. Bel colpo. Molto bene, logicamente. In occasione di questa ricorrenza non è certo il caso di rispolverare vecchie diatribe e sostenere che la Pubblica Amministrazione di Rimini (ma non solo: è di oggi la notizia del «premio Attila» che il Wwf ha assegnato alla sindaca di Riccione) è piuttosto distratta riguardo al verde. Tuttavia, va da sé che se si volesse veramente smentire questa critica bisognerebbe aver reso operativo un piano ben “radicato”, la “linfa” gagliarda di un progetto, una “ramificazione” di propositi, una visione a lungo termine per programmare adeguatamente una “chioma” rigogliosa di interventi per organizzare una parte consistente del futuro ambientale della città. Forse, grazie a questo spettro ciclicamente evocato e spesso annunciato “a breve”, ma mai realmente planato sul tavolo finale, si sarebbe potuto amministrare meglio un patrimonio importante (ma si potrebbe dire, vitale) per la nostra città. Le associazioni ambientaliste chiedono da anni, ma invano, che si licenzi il Piano del Verde. Siamo quasi arrivati all’elezione del nuovo sindaco: ancora nisba. Il compito sarà demandato alla giunta-decalcomania che verrà?

Una delle tante funzioni alle quali gli alberi, se potessero, si sottrarrebbero molto volentieri

Nella giornata dedicata agli alberi, bisogna rilevare che alcuni nostri concittadini non hanno sempre ben chiare le vere funzioni degli alberi. Diciamo che capita di notare interpretazioni molto creative della presenza verde in città. Come anticipato, nelle foto a seguire il campionario di utilizzi è quantomeno estroso e, valutazioni antropologico-culturali da considerare in separate sede, se visto con gli occhi delle piante, il quadro è piuttosto spaventevole. A questo punto, lungi l’idea di voler in alcun modo riattizzare il braciere delle polemiche, non sarà che i “sudditi”, diciamo meno accorti, si sentano legittimati a seguire gli esempi che vengono dall’alto? Vedi “rasature” indiscriminate, piantumazioni fatte a caso (di cane), tagli al plat… ah no, per carità, la promessa era di non polemizzare. Oggi non si parla di promesse. E neppure di nasi lunghi e puntuti e di voltafaccia e… chiudiamola qui. E apriamo un capitolo molto interessante e utile.

Nessuno vuole dare lezioni a chicchessia, ma se c’è una persona che può farlo è Stefano Mancuso.
Professore ordinario presso l’Università di Firenze, membro dell’International Society for Plant Signaling & Behavior, autore di varie pubblicazioni scientifiche e libri nonché fondatore (nel 2005) della neurobiologia vegetale e presidente del relativo Laboratorio internazionale. Queste le credenziali.

Egli sostiene che “tutti gli animali (uomini, mammiferi, pesci, uccelli, insetti) che popolano la terra rappresentano lo 0,3% appena di tutto ciò che è vivo. Per contro, le piante ne rappresentano l’85%. E nonostante questa differenza abissale, l’uomo pretende di dominare il pianeta. L’unico vero, enorme problema di questo e del prossimo secolo è e sarà l’ambiente. L’uomo è sulla terra da 300mila anni. La vita media di una specie vegetale conta una presenza che oscilla tra i 2 e i 5 milioni di anni”.

L’albero degli annunci, la specie più diffusa in riviera

Come dire che non c’è gara. Tra le riflessioni che il professore è solito fare, ne cito una breve, incompleta, ma significativa sintesi. Per chi volesse, sul web si trovano molte sue interessanti conferenze.
“Il problema assoluto è l’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera che provoca il riscaldamento globale. È molto difficile chiedere un enorme cambiamento di stile di vita del tipo: non mangiamo più carne, non prendiamo più l’aereo, non usiamo più l’automobile, andiamo tutti in bicicletta e così via. Cose sante, che andrebbero fatte, ma che sono solo buoni propositi. Non ci sarebbe neppure il tempo necessario per avviare radicali cambiamenti del genere. Dobbiamo assolutamente risolvere il problema del riscaldamento globale al più tardi entro i prossimi cinquant’anni. Limitando aerei, auto, eccetera, lo diminuiremmo in percentuale del 30-40% al massimo. L’anidride carbonica bisogna invece eliminarla dall’atmosfera. Dunque, non ci sono soluzioni? Sì, dovremmo piantare mille miliardi di alberi. Il progetto è stato studiato e pubblicato su “Nature” (con “Science” è considerata una delle più autorevoli riviste dalla comunità scientifica internazionale; ndr). Non è un giochetto, ma si può fare. È molto impegnativo, ma non ci sono altre soluzioni. Realizzandolo, riusciremmo a riassorbire i due terzi della CO2 formatasi dopo la rivoluzione industriale. Questo sarebbe il rimedio pratico più attuabile e oltretutto avrebbe costi irrisori rispetto a qualunque altra alternativa. I vantaggi si avrebbero non solo per l’ambiente, ma per tutti noi. Per esempio, per quale motivo le nostre città sono completamente prive di piante? Certo, abbiamo i parchi, abbiamo i giardini, ma questo è niente. Non c’è un motivo reale e serio per cui le nostre città non siano completamente coperte di piante. La nostra vita migliorerebbe in maniera straordinaria. L’80% dell’anidride carbonica è prodotto nelle città, spazi che rappresentano solo l’1,8% delle terre emerse. Quindi, dove mai andrà bloccata la CO2? Laddove viene prodotta: nelle città. Questa è l’unica, vera soluzione del problema perché non sarà mai la tecnologia a farlo”.

Speriamo che le indicazioni dello scienziato vengano raccolte. Anche a livello locale, naturalmente, dato che a quanto pare, continueremo a vivere solo se lo faranno le piante. Dipende solo da noi.
Mancuso, in un “pamphlet” dal titolo “La nazione delle piante” (2019; Laterza) ha redatto una Carta dei diritti dei viventi incentrata sul gruppo più abbondante, cioè le piante. Nel volume si trovano gli otto articoli fondamentali, come i dodici della Costituzione italiana. Questi:

art. 1: La Terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene ad ogni essere vivente.

art. 2: La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni fra gli organismi che le compongono.

art. 3: La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate.

art. 4: La Nazione delle Piante rispetta universalmente i diritti dei viventi attuali e di quelli delle prossime generazioni.

art. 5: La Nazione delle Piante garantisce il diritto all’acqua, al suolo e all’atmosfera puliti.

art. 6: Il consumo di qualsiasi risorsa non ricostituibile per le generazioni future dei viventi è vietato.

art. 7: La Nazione delle Piante non ha confini. Ogni essere vivente è libero di transitarvi, trasferirsi, vivervi senza alcuna limitazione.

art. 8: La Nazione delle Piante riconosce e favorisce il mutuo appoggio fra le comunità naturali di esseri viventi come strumento di convivenza e di progresso.

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