«L’asta per la nuova questura apre la strada (se il Comune saprà coglierla) alla soluzione del problema»

«L’asta per la nuova questura apre la strada (se il Comune saprà coglierla) alla soluzione del problema»

No alla struttura commerciale. L'edificio di via Bassi ha una destinazione urbanistica per uffici con funzioni pubbliche e tale deve rimanere. Il prezzo d’asta è molto conveniente e consente, al lordo di una ristrutturazione dell’intero corpo di fabbrica, di determinare un investimento complessivo non superiore a 15 milioni di euro che quindi centrerebbe comodamente i parametri di redditività del mercato immobiliare già con un affitto lordo complessivo di 1 milione di euro. E' l'opportunità per sbloccare uno stallo ormai ventennale. L'opinione di Alessandro Ravaglioli.

L’ultimo capitolo della «nuova questura» spiazza chi stava dormendo sull’«ecomostro» (come lo definì l’ex questore di Rimini, Maurizio Improta) da Gabibbo. La notizia è che la cattedrale nel deserto, terminata da circa 17 anni e mai entrata in servizio, tanto da essere in totale abbandono e disfacimento, a marzo andrà all’asta per 2 milioni di euro (più altri 2,5 milioni se i terreni adiacenti potranno diventare a destinazione centro commerciale, e quindi servirebbe una variante al Rue, ma su questo palazzo Garampi spegne ogni speranza), un affarone se si pensa che nel 2003 fu valutata oltre 56 milioni di euro.
«La via non è certo quella del supermercato o di altre funzioni di carattere non pubblico» dice Alessandro Ravaglioli, in passato capogruppo di Forza Italia e del Pdl in consiglio comunale.

Cosa pensa dell’ultima puntata della storia infinita?
Anzitutto che l’ennesimo attacco di Gnassi alla Lega, e lo stesso Jacopo Morrone fu oggetto di ingiuste polemiche all’epoca in cui era sottosegretario, sul tema della questura è del tutto fuori luogo e demagogico, mirando più a confondere le acque piuttosto che a risolvere il problema, come dovrebbe fare chi amministra una città.

Perché?
La colpa della situazione che si è venuta a creare, paradossalmente, è da addebitare principalmente al Comune di Rimini, il quale stante il particolare soggetto privato in campo avrebbe dovuto meglio cautelarsi trattando la realizzazione della questura come un vero “standard urbanistico” e cioè come una qualsiasi opera pubblica e quindi con le dovute contro-garanzie fideiussorie e/o contrattuali, così come avvenuto in tutti i comparti del vecchio PRG Benevolo, laddove nel momento in cui al privato venivano riconosciuti dei diritti edificatori di compenso gli si chiedevano delle garanzie fideiussorie in modo che se fosse stato inadempiente la parte pubblica sarebbe subentrata escutendo il titolo a garanzia.

E invece le cose sono andate diversamente…
Certo. Infatti l’inghippo sta proprio qui: la questura fa parte di quell’infornata di Piani Integrati (Befane, Rimini Market, Isolabella, ecc.) della Giunta Chicchi che risalgono alla metà degli anni 90 e l’errore di fondo è stato quello di averla trattata non come “opera pubblica” ma come una mera superficie edificatoria.

Cioè?
Il Comune di Rimini ha normato quei 30.000 mq come una qualsiasi funzione di tipo privatistico (un supermercato, un centro direzionale, ecc.) senza curarsi della pubblica utilità e, ancora più grave, senza chiedere l’esibizione delle dovute garanzie tra privato e Ministero (come ad esempio fu fatto nel caso di Ikea, dove a fronte della variante era stata invece prodotta documentazione vincolante da parte del colosso svedese) nel momento in cui con l’approvazione del progetto consentiva la realizzazione di un enorme edificio (quasi 25mila mq) che per l’impatto avrebbe comunque compromesso il territorio e quindi contravvenendo ulteriormente al proprio ruolo di difensore dell’interesse pubblico.

Se invece la convenzione urbanistica avesse disciplinato correttamente l’operazione?
Il Comune avrebbe potuto facilmente surrogare l’inadempiente Damerini espropriando il terreno, escutendo la fidejussione e realizzando autonomamente la questura. E’ una vicenda ancora inspiegabile quella che ha visto l’ex sindaco Alberto Ravaioli, fresco Renziano, totalmente inattivo nel momento dello stallo. Perché non ha proceduto all’esproprio della struttura già realizzata che si stava progressivamente deteriorando?
Faccio notare che la pratica amministrativa era talmente mal fatta che il privato avrebbe potuto anche costruire 15.000 mq di residenziale e riceverne l’abitabilità senza dover aspettare la consegna della questura, il che sarebbe stata l’ulteriore beffa per la città.

Quindi alla fine è andata anche bene, sta dicendo questo?
Paradossalmente il Comune di Rimini è stato pure fortunato a trovarsi davanti un interlocutore, non so se ingenuo o altro, come Damerini, in quanto un vero speculatore avrebbe prima incassato la partita residenziale e poi semmai avrebbe realizzato la questura alle proprie condizioni commerciali. Di certo negli ultimi 25 anni il timone del Comune di Rimini, così come la relativa pianificazione urbanistica e il rapporto con le istituzioni e l’imprenditoria locale, è sempre stato in mano alla sinistra e tirando le somme è evidente che non ha mai fatto arrivare una proposta fattibile al Ministero degli Interni su come riorganizzare la cittadella della sicurezza in maniera rispettosa di una gestione finanziariamente coerente e sostenibile per l’amministrazione dello stato.

Veniamo al fulmine a ciel sereno, ovvero l’asta di cui si parla.
Il prezzo d’asta attuale è molto conveniente e consente, al lordo di una ristrutturazione dell’intero corpo di fabbrica, di determinare un investimento complessivo non superiore a 15 milioni di euro che quindi centrerebbe comodamente i parametri di redditività del mercato immobiliare già con un affitto lordo complessivo di 1 milione di euro. Quindi nella speranza che qualche imprenditore avveduto possa partecipare all’asta del 25 marzo ritengo che a quel punto il Comune avrebbe tutte le carte per sbloccare facilmente la situazione…

In che modo?
Partendo da una ricognizione degli affitti di tutte le sedi delle pubbliche istituzioni sul territorio, a cominciare dall’attuale questura in piazzale Bornaccini. Il Comune di Rimini spende quasi 1 milione di euro l’anno solo per il canone degli uffici di via Rosaspina. Altri 180mila euro li spende la Regione. Mettendo insieme i costi per canoni corrisposti dagli enti pubblici locali e dallo Stato a Rimini si ottiene una cifra mastodontica.
Nell’ipotesi che l’immobile di via Ugo Bassi possa risultare sovradimensionato per la questura riminese ritengo che comunque ad oggi vi siano svariati uffici sul territorio sparsi in maniera frammentaria con affitti non certo convenienti e peraltro dotazioni non funzionali e quindi tale immobile potrebbe anche andare oltre il progetto di cittadella della sicurezza razionalizzando altri uffici e/o sportelli pubblici. E va sottolineato che quella che viene chiamata, un po’ impropriamente, sede della questura, in effetti ha una destinazione urbanistica per uffici con funzioni pubbliche.

Un tassello strategico della massima importanza destinato a non trovare soluzione entro la fine dell’attuale amministrazione «in scadenza».
Il tema della Questura dovrà essere al centro del programma di riqualificazioni urbana e dei servizi del centrodestra e cioè laddove l’amministrazione uscente ha fallito clamorosamente, al massimo ha cercato di sfruttare lo stallo con qualche foto strumentale di propaganda sulla stampa che si limitava a denunciare lo scandalo senza fare delle proposte.

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