Manovre intorno all’antica pescheria

Manovre intorno all’antica pescheria

E' in gestazione un "patto" fra amministrazione comunale e locali per la migliore “coabitazione tra valorizzazione degli spazi storici e promozione del tessuto commerciale e dei pubblici esercizi”. Speriamo che non venga oscurato l'imperativo che è alla base della salvaguardia dei beni culturali, che «non possono essere danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico».

La notizia che abbiamo potuto leggere su alcuni mezzi d’informazione locale attiene all’ennesima puntata della telenovela edita dalla Garampi’s Pruduction, con tema Antica Pescheria.
Siccome in passato ci siamo occupati di quel sito storico, per sua natura pubblico ma ora di fatto “privatizzato”, è opportuno seguirne gli accadimenti, sebbene essi siano scontati fin dall’inizio circa la loro sorte.
Sembra che sia argomento spinoso, difficile da gestire, perché coinvolge una categoria economica che ha ricevuto i migliori auspici in quest’ultimo decennio ed oltre, forse un importante bacino elettorale, quasi un partito dello spritz che non si può contraddire.
Ma entriamo nei dettagli. Sarà prossimo un confronto tra l’amministrazione cittadina e i gestori di attività di mescita e ristorazione. Mentre la pandemia rallenta ovunque con fatti concreti e il 31 marzo prossimo termina il periodo di proroga a titolo gratuito degli spazi pubblici, e altrove si ragiona già su un ridimensionamento del fenomeno (qui), ecco che qui a Rimini dal cilindro magico appare una nuova misura dell’ultim’ora, a sostegno della pandemia e, novità assoluta, del caro bollette. Quindi punto a capo, direi. Ormai la prassi riminese è nota, rendere definitivo tutto ciò che è provvisorio, e in questo caso ampliare le superfici adibite alla clientela a chi non ne ha all’interno.
Poi le regole per la migliore “coabitazione tra valorizzazione degli spazi storici e promozione del tessuto commerciale e dei pubblici esercizi”, peraltro sempre e solo gli stessi.
Sebbene il “patto” sia ancora in gestazione, trapelano i cosiddetti punti fondamentali da sottoporre ai gestori di quelle attività, che si elencano tanto per far comprendere il livello di severità a tutela di un monumento storico.

Nell’area della Vecchia Pescheria, ad esempio, esiste già una bozza di regole da sottoporre ai gestori:

– divieto di saltare o svolgere qualunque altro tipo di attività non appropriata sui banchi di marmo;

– divieto di introdurre nella Pescheria mezzi di qualsiasi natura, elettrici, bici, monopattini;

– divieto di sporcare o imbrattare in qualsiasi modo gli spazi e le strutture;

– divieto di utilizzare la Pescheria sia all’interno che all’esterno come deposito di bidoni, imballaggi e rifiuti.

Brrr, regole rigide e severe dunque! Peccato che l’ennesima sceneggiata sia viziata già in origine da due aspetti sostanziali e concreti.
Il primo riguarda l’attività “appropriata” di quel monumento che non è certo quello di essere adibito a tavolate più o meno conviviali. Dato che il Codice dei Beni Culturali all’art. 20 recita quanto segue: “I beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione”. Data la sua caratteristica primigenia destinata al commercio, quella struttura è e deve essere solo a ciò dedicata.
Il secondo è costituito dal fatto che questi cosiddetti principi di geniale concezione, in realtà reiterano il dettame di leggi già esistenti, ma soprattutto di quelle norme comportamentali che fanno la differenza tra una società civile e una che civile non è, e parimenti di chi controlla il territorio o meno.
Inoltre: chi appurerà il rispetto del cosiddetto patto dato che la “dolce vita riminese” si protrae fino all’alba? E da qui, conoscendo ormai il tradizionale andazzo, si perpetueranno i poco edificanti episodi che vanno in scena nell’area di quel monumento, e lo scadimento dello stesso con tutti i costi relativi a carico dell’intera comunità.
Quindi di cosa stiamo parlando? Sembra la solita letterina di Natale, che in tempi passati quel giorno si metteva sotto il piatto del padre per annunciare i buoni intenti per l’anno a venire; molti della mia età se la ricorderanno, oggi non è più in uso ma la vicenda ha lo stesso significato; passato Natale, tutto torna come prima. In questo caso, forse, anche peggio.

Salvatore de Vita

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