Nuovi ritrovamenti archeologici in via Melozzo da Forlì

Nuovi ritrovamenti archeologici in via Melozzo da Forlì

Lo scavo è stato ampliato e stanno emergendo anche frammenti in terracotta di oggetti d'uso quotidiano.

Gli scavi in Via Melozzo da Forlì, che hanno permesso di scoprire evidenze archeologiche, non cessano di stupire e restituire nuovi elementi. Dopo la scoperta del grande edificio absidato, evidentemente si è intuito che la zona fosse meritevole di ulteriori ed approfondite indagini, tanto da estendere lo scavo ad un’area più vasta.

E da qui il ritrovamento di una trincea riempita di ciottoli tondeggianti, forse di natura fluviale, di varie dimensioni, che probabilmente attengono ad una fondazione “a secco” di un edificio, come la si usava in sostituzione dell’impiego di conglomerati.
Questa struttura, di forma regolare e curata, è visibilmente ad una quota altimetrica superiore al primitivo ritrovamento, il che fa ipotizzare una stratificazione di costruzioni sia nella stessa zona che nel tempo. E la raccolta dei molti frammenti di terracotta a quella stessa quota appartenenti ad oggetti di uso quotidiano, di cui si riporta uno solo dei diversi tavolati di deposito in attesa di essere imbustati, corrobora quella che è solo un’ipotesi del sottoscritto.

Non sono in grado di formulare supposizioni su ciò che si stia trovando poiché oltre che prematuro, è compito dei qualificati storici riminesi, spesso ostracizzati e sostituiti dai tuttologi di corte. Ma, a mio modesto parere, l’evento merita attenzione. Anche perché al di fuori sia delle mura romane che medievali, in una zona in cui si conosce solo per certa l’esistenza del Foro Boario ottocentesco.
Mi auguro che una volta conclusa la campagna di scavo, quale ne sia il risultato, il competente assessorato comunale rechi un bel dono al Borgo Sant’Andrea. Magari una mostra, con tanto di spiegazione della storia dello scavo, di cosa sia stato in ogni caso trovato, e delle conseguenti ipotesi in mancanza di certezze.

Un evento che fosse anche coincidente con quella festa biennale che si teneva in quel luogo, peraltro cessata nel 2019, oppure a sé stante, ma utile a riscoprire le radici storiche e sociali di un’antica parte della città e di rinsaldare lo spirito di appartenenza dei suoi abitanti alla stessa.
Sono comunque conscio che questo desiderio è utopistico, perché chi gestisce la cultura locale spesso ha dato prova di non comprende che la storia di una città passa anche da piccoli frammenti di essa, e non serve ricercare cose astruse o reinventare il passato. Ma gli esempi sparsi per Rimini, non lasciano spazio a troppe illusioni.
Non mi resta che, nel mio piccolo, e da borghigiano, continuare nel limite del possibile a dare conto degli sviluppi di quest’evento, sperando che qualcuno si appassioni a questa, per me, bella sorpresa che la storia ci ha riservato.
Perché nulla è niente, se realizzato da qualcuno uno scopo ce l’aveva sicuramente.

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