Prima dell’avvento della holding HERA, le municipalizzate perdevano “solo” il 15% dell’acqua distribuita. Oggi siamo al 31,6%.
Nel giro di tre lustri, la gestione politico-industriale dell’acqua in Emilia-Romagna è arrivata fino a raddoppiare la percentuale delle perdite di rete.
La notizia è scioccante, e perciò si comprende come mai in questi anni sia sempre stata debitamente nascosta all’opinione pubblica. Riminiduepuntozero, dopo gli ultimi recenti approfondimenti sui servizi ambientali (il primo, il secondo e il terzo), la rivela dopo aver comparato tra loro i dati autocertificati e resi pubblici dalla stessa Hera, società che gestisce il ciclo idrico per conto dei comuni.
Il confronto storico, come dicevamo, è impressionante: nel 2001 – ultimo anno a completa gestione delle municipalizzate, prima della creazione di Hera nel corso del 2002 – le “piccole” aziende di scala cittadina o provinciale erano in grado infatti di contenere le perdite totali al 15,1%. Il dato è dichiarato da Hera nel suo Bilancio di Sostenibilità (d’ora in avanti sigla BS) del 2003. Documento dove si certifica che nel primo esercizio intero della nuova gestione di Hera, appunto il 2003, incredibilmente le perdite totali arrivarono al 19,35%, fra perdite fisiche (11,35%) e perdite amministrative (8%). Un aumento di oltre il 4%, solo nel ristretto periodo del passaggio.
Come a significare che all’aumento del perimetro e delle dimensioni gestionali (che erano la ragione politico-industriale della creazione del “colosso” multiservizi), è corrisposto un aumento e non una diminuzione dell’inefficienza. Almeno relativamente all’indicatore delle perdite di acqua.
Un indicatore, del resto, non certo l’ultimo da tenere in considerazione, se pensiamo che l’acqua è nominata “oro blu” sia dai cittadini che dalle amministrazioni pubbliche. Infatti gli enti locali partecipano alla compagine azionaria di Hera, che dalla distribuzione di 300 milioni di metri cubi di acqua in un anno ai cittadini-utenti ricava 807,7 milioni di euro, per poi redistribuire gli utili ai suoi azionisti.
Ma torniamo ai dettagli riguardanti le perdite idriche, facendo il surf tra vari documenti resi noti da Hera. E, come vedremo, facendo anche un po’ di slalom tra numeri in contrasto l’uno con l’altro, alcune frasi ambigue, titoli positivi in contraddizione con i dati effettivi delle tabelle.
Nel rapporto “In buone acque 2015”, Hera dichiara che il totale complessivo di acqua immessa nell’acquedotto civile è stato nel 2015 di 418 milioni e 732mila metri cubi. Visto che i milioni di metri cubi di acqua fatturata sono 300, gli altri 118 milioni di metri cubi immessi nella distribuzione vanno perduti. Ciò significa una perdita del 28,2%.
Questo dato è però in difetto, perché la stessa Hera nel suo BS 2016 afferma: “a livello di Gruppo le perdite di rete nel 2015 sono al 31,6%: il dato è in lieve aumento sul 2014 (31,3%) ma sensibilmente inferiore alla media italiana, che è 38,3% tra i capoluoghi di provincia (Fonte Legambiente)”. Inoltre, “il dato 2016 non è riportato perché provvisorio”, perciò nella nostra comparazione storica ci rifaremo agli ultimi 13-14 anni.
Sottolineiamo subito la forbice fra dato nazionale e dato Hera nell’anno 2015: 38,3% contro 31,6%.
Nel 2003, questa forbice era ancora più accentuata a favore del territorio gestito da Hera: 42% (cifra stimata nella Relazione al Parlamento del Comitato di Vigilanza Risorse Idriche) contro 19,5%. Ciò significa che all’inizio del suo ciclo gestionale, Hera godeva di un “vantaggio” del 22,5% rispetto alla media delle gestioni nazionali. Vantaggio che oggi è molto risicato, sceso al 6,7%.
Ma questo è accaduto perché – dati alla mano – il peggioramento nelle perdite di rete nel nostro territorio è stato continuo e quasi sempre costante nel tempo, a parte alcune oscillazioni.
Nelle tabelle di responsabilità sociale del BS 2016 di Hera, la voce “Acqua non fatturata (perdite fisiche e amministrative dell’acquedotto civile): mc/km di rete/giorno” rappresenta impietosamente questo trend col passare degli anni. Dagli 8,3 metri cubi persi ogni giorno per ogni chilometro di rete nell’anno 2007, si è arrivati ai 10,3 del 2016.
Fra l’altro Hera si dava degli obiettivi industriali di contenimento delle perdite e di miglioramento dell’efficienza, che venivano smentiti dai fatti.
Vediamo.
Nel BS 2006 la holding dichiarava così il suo obiettivo: “Proseguire nell’implementazione del piano di ricerca e riduzione delle perdite idriche: raggiungimento del 22% di perdite idriche nel 2008 e del 21% nel 2009”.
Nel BS 2007, Hera dichiarava: “Proseguire nell’implementazione del piano di riduzione delle perdite idriche: raggiungere il 21% nel 2010”, quindi spostava in avanti di un anno l’obiettivo precedentemente dichiarato.
Ma non solo.
Mentre nel BS 2006 le “Perdite rete idrica (fisiche e amministrative)” venivano indicate in una tabella con il 24,9% nel 2005 e con il 23,4% nel 2006, il BS 2007 presentava una tabella analoga, dove le perdite del 2006 erano quantificate però nel 25,4%, cioè 2 punti percentuali in più del dato dichiarato nel bilancio precedente. E così i redattori di quel documento potevano dichiarare per l’anno 2007 (“24,7%, dato provvisorio”) un miglioramento rispetto all’anno prima.
Resta la domanda: qual è stato il dato reale di perdita idrica del 2006?
Nell’ultimo BS disponibile, cautelativamente Hera non indica un target di percentuali di perdite, come faceva dieci anni prima.
Eppure non sembra che l’aziendona bolognese abbia un particolare feeling con la verità fattuale. Infatti a pagina 33 del BS 2016, un riquadro reca il titolo: “Migliorano i dati sulla continuità del servizio idrico”. Nel testo si legge: “Nel 2016, su 6.400 km di rete ispezionati, il numero di rotture per chilometro di rete è stato pari a 1,09”. Tuttavia questo non è un miglioramento, come vorrebbe il titolo, ma al contrario un peggioramento, come si evince dalle cifre della tabella sottostante: il numero di rotture per chilometro di rete era di 0,98 nel 2014 poi è cresciuto arrivando nel 2016 a quota 1,09. Il miglioramento è stato semmai solo nei confronti del 2015 quando le rotture erano 1,16 per chilometro.
Domandiamoci ora: vengono investiti capitali per migliorare l’efficienza della rete idrica, cioè per evitare le perdite? Stando a quanto dichiara la Relazione sulla gestione del bilancio 2016, parrebbe di no, a parte un intervento limitato a un’area urbana circoscritta: “Gli investimenti sono stati realizzati per 61,5 milioni di euro nell’acquedotto … Fra i principali interventi, si segnalano: nell’acquedotto, gli interventi di rinnovo delle reti idriche nel centro storico di Bologna in concomitanza alla realizzazione del percorso per il trasporto Crealis e il potenziamento delle interconnessioni del sistema idrico modenese”, per il resto si parla di investimenti nella rete fognaria e nella depurazione. Gli investimenti netti nel ciclo idrico sono comunque diminuiti fra il 2015 e il 2016 (da 114,9 a 111,8 milioni di euro) mentre sono in aumento al lordo dei contributi in conto capitale (passati da 12,2 a 20 milioni di euro).
Hera investe comunque anche nella ricerca delle inefficienze e delle perdite, come uno dei suoi top-manager ha dichiarato alla stampa in occasione della scorsa edizione di Ecomondo. “Il tema delle perdite di rete – ha spiegato all‘Adnkronos, Franco Fogacci, direttore Acqua del Gruppo Hera – “è molto sentito da tutte le società che gestiscono il servizio idrico in quanto è difficile rilevarle”, un processo “tecnologicamente complesso” per il quale Hera “ogni anno investe nella ricerca programmata delle perdite idriche, adottando i sistemi più moderni ed efficienti, come la nuova tecnologia basata sul rilevamento satellitare che consente di mappare le potenziali perdite del territorio”.
Proprio così, la holding bolognese punta sui satelliti che permettono “una maggiore precisione nell’individuazione delle perdite dai tubi interrati”.
Concludendo, in un dossier pubblicato a inizio 2016, Hera dichiarava: “dal 2002 (anno della sua nascita) al 2014, Hera ha realizzato interventi per un importo totale di 1,2 miliardi di euro, con ottimi risultati nel contenimento delle perdite di rete e nell’ammodernamento dei sistemi fognari e degli impianti di depurazione”. Ma a supporto dell’affermazione sugli “ottimi risultati” non forniva alcun dato. In realtà, spulciando i dati anno per anno, si è scoperto che le perdite di rete sono andate aumentando percentualmente, e quindi anche in cifre assolute.
Una simulazione: se i 118 milioni di metri cubi di acqua non si fossero perduti nel 2015 a causa dell’inefficienza della rete, questo lago di “oro blu” venduto al dettaglio a 0,802020 euro/mc (uso domestico, tariffa agevolata, zona di Rimini) avrebbe fruttato un ricavo di 94,6 milioni di euro.
La simulazione non è realistica, ma paradossale e simbolica: tuttavia, per capirci, questi soldi costituirebbero il 61% dell’investimento totale del PSBO (Piano di salvaguardia della balneazione ottimizzato). Investimento che, invece, ricade quasi interamente sulle spalle degli utenti, cioè i pagatori delle bollette dell’acqua.
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