San Giuliano: il borgo molto fortunato, ma non per tutti

San Giuliano: il borgo molto fortunato, ma non per tutti

Fra i quattro borghi della città è quello che ha beneficiato delle maggiori attenzioni da parte dell'amministrazione comunale. Bello e vitale, ma per parecchi residenti la convivenza con i locali si è fatta difficilissima. E' macchiato da una "patacca": il tentativo, disegnato sui muri, di accaparrarsi Fellini. Sfregiato dallo stato di degrado del lungoporto. E poi c'è lui, il ponte superbo, che guarda dall'alto in basso passerelle e boe posticce.

Siamo giunti all’ultima tappa del viaggio nei Borghi riminesi e, lasciato volutamente in ultimo, è il turno del Borgo San Giuliano. È innegabile, è la verità nuda e cruda che questo è il luogo che ha ricevuto le maggiori attenzioni dell’amministrazione cittadina, specie in quest’ultimo decennio.
Sarà perché ben partecipato a livello di comitato locale, oppure perché molto congeniale alla politica dello spritz e non solo, ma quella realtà è tangibile aggirandosi per la zona.
Il Borgo sta vivendo una profonda trasformazione, occorsa specie nel già accennato periodo temporale. Un fenomeno che ha in un certo qual modo snaturato la sua vera caratteristica, avviandolo verso un processo di trasteverizzazione o gentrificazione. Ciò lo si comprende bene conversando con vari abitanti, che lamentano il progressivo scadimento della qualità della vita. Privati di quegli elementari aspetti del vivere il proprio quartiere come, ad esempio e non solo, quella di potere parcheggiare la propria auto, si sono pure visti sottrarre quelle aree che utilizzavano da sempre; per una corretta riqualificazione? No, al contrario, per vederle disseminate di tavoli, sedie e dehors dei locali di ristorazione.
Oggi il Borgo appare suddiviso in tre aree. La prima, a carattere commerciale in cui si trovano attività economiche di prossimità, lungo il Viale Tiberio asse principale su cui è organizzato. Molto viva e ricca di negozi utili ed interessanti, venne realizzata negli anni ’30 del secolo scorso, in seguito alla demolizione del tessuto edificato presente, per rettificare il percorso della via Emilia che invece passava dinnanzi alla omonima chiesa. Anche se qui in qualche caso si è avvertito un cedimento verso le nuove attività di cui parleremo in seguito.

In adiacenza ad essa un grande e capiente parcheggio lato Parco Marecchia, completamente separato dal resto e per questo utile e non interferente con le vie interne, in molti casi ZTL con tanto di telecamere di salvaguardia; anche qui, lontano dalla logica del capolavoro viario di Via Ducale. Pochi gli stalli per disabili e dedicati ai residenti, e anche in questo caso per lo più molto utilizzato da chi si reca in Centro.

Nella seconda parte, specie in quella iniziale, insistono in modo concentrato parecchi ed invasivi locali di mescita e ristorazione, che hanno moltiplicato in maniera esponenziale la presenza di quelle tipiche antiche trattorie ed osterie che erano tradizionalmente presenti. E che ora cominciano anche ad infiltrarsi nella zona più interna, rimasta ancora a carattere residenziale. Accompagnata da un altro fenomeno in crescita come la diffusione dei B&B, che di fatto contribuiscono a “mercificare” il quartiere, a discapito della permanenza stanziale.

La terza a vocazione residenziale, interna e verso mare, che però sconta le conseguenze della presenza delle attività sopra accennate, poco congeniali con il riposo notturno e, comunque, a volte, soggette ed una non facile convivenza.

Tutta la parte prospicente il Ponte Tiberio è stata oggetto di una recente riqualificazione urbana con belle pavimentazioni ed arredi specie per le aree di socializzazione, che si completano con la tranquillizzante vista del Parco Marecchia che contribuisce sensibilmente a magnificare il paesaggio.

Un’organizzazione apparentemente ideale quindi, frutto di una certa cura ed attenzione ma, come già accennato, non dedicata altrove. Come pure la pista ciclabile ben assimilabile alla sua vera funzione sempre diversamente dalle molte altre presenti nel territorio.

Tra gli aspetti qualificanti di questo luogo è la bella chiesa di San Giuliano Martire, con le sue interessanti opere d’arte contenute all’interno. Oltre al pregevole Cinema Tiberio (qui) che offre una vasta gamma di proposte che spaziano dall’Opera lirica in collegamento in diretta o in differita con molti Teatri, tra cui esteri, e film di particolare importanza. Bella anche la sala, seppur modesta nelle sue dimensioni, in cui sono stati sapientemente conservati e valorizzati i resti archeologici ritrovati in occasione della sua ristrutturazione; un bell’esempio, raro peraltro, perché avulso dalle usanze riminesi.

Oltrepassato il bellissimo Ponte di Tiberio oltraggiato da brutali passerelle appese e galleggianti, testimonianza di una stagione nefasta, subito a destra un giardinetto ben curato sintomo di attenzione al verde, anche questa sconosciuta altrove.
Poi le boe galleggianti di un cosiddetto allestimento artistico di cui non se ne comprende la necessità, dato che risulta insignificante rispetto la bellezza unica di quel Ponte, come del resto le squallide e deturpanti passerelle prima ricordate. Ma si sa, tra il bello ed il pacchiano, esiste grande differenza, che non è percepibile da chi non riesce a distinguere i due aspetti e che inevitabilmente li confonde o, peggio, li accomuna.
L’interno del Borgo è densamente abitato con case ben ristrutturate, dopo qualche triste esempio in tal senso dei lontani anni ’60 e ’70 di cui ancora qualche testimonianza persiste.

Poi, in qualche caso, alcune caratteristiche casette non più abitate e rimaste in condizione di antico stato, che comunque si integrano all’atmosfera circostante.
Oltre alla visibile cura dedicata a quasi tutti gli edifici, bella l’attenzione alle radici passate. Spesso nelle pareti delle abitazioni sono presenti formelle ceramiche con l’indicazione di un antico proprietario, l’eventuale soprannome, ed il mestiere; per lo più marinai o vetturini. Queste anche completate dai murales presenti, spesso dello stesso tema, ma forse un po’ ridondanti. Vi è pure da dire che dello storico circolo del PCI “Primo Maggio”, ora ristorante, non vi è nessun accenno, seppure riguardante un pezzo di considerevole storia sociale. Neppure una targa che ne ricordi l’esistenza.

Ma quello che invece appare un po’ stonato ed improprio, è l’invadente presenza di pitture murali dedicate a Fellini ed ai personaggi dei suoi film. Inadatta direi dato che risulta che il regista non avesse nulla in comune con questa parte della città. Quindi una pratica forzata, di carattere segnatamente turistico fine a sé stesso, o organica all’accennato fenomeno di “trasteverizzazione”; perché innanzitutto quel Borgo, proprio per le sue peculiarità e bellezze, non abbisogna di artifici del genere.
Anche la festa che si organizza biennalmente, molto partecipata e viva reca a mio avviso, e non solo, un forte sbilanciamento verso un consumo turistico, molto difforme dai contenuti delle prime edizioni.
A tale proposito qui si svolgono frequenti altre manifestazioni che creano non pochi disagi ai residenti, che sarebbe più opportuno “spalmare” per altre zone del territorio riminese tanto da poterle ravvivare.
La pavimentazione delle viuzze interne, in alcuni casi anche dissestata, è stata scippata della sua identitaria caratteristica molti anni or sono allorquando quella pregevole in pietra di fiume squadrata locale, venne sostituita con altra in porfido perfettamente inconcepibile dalla realtà locale, e da qualsivoglia logica. Resiste ancora nella via San Giuliano antistante l’omonima chiesa e in alcune limitate aree, sebbene bisognevole di qualche intervento di assestamento. Peccato, ma la riminizzazione è ed è stata una pratica seria e costante nella nostra storia, forse l’unica massiccia dopo il Rinascimento; quello vero però.
Buona la pulizia del suolo pubblico in generale, e il decoro. Quasi un altro pianeta, ma questa volta in senso positivo di cui se ne avverte la differenza al ritorno alla realtà.

Dopo avere percorso quel Borgo baciato dalla fortuna, ma soprattutto protetto da San Teodoto il più accreditato protettore dell’attività di ristorazione, e non solo, mi sono recato verso la chiesa della Madonna della Scala tanto cara ai marinai e abitanti in genere di quel mondo, in quanto molto devoti a quella sacra immagine che una targa lapidea posta nella sua facciata ricorda a perenne memoria, di chi la vuole ovviamente avere. E lì, sebbene nelle immediate vicinanze, si ritorna alla realtà.

La zona e il lungoporto, ricco di storia e tradizioni locali, consegnato alla solita sciatteria resa ancor più evidente dal degrado delle agghiaccianti opere dell’era Viganò. Incuria del verde, se così si può definire, manufatti invasivi in un pessimo calcestruzzo deteriorato che soverchiano le povere antiche banchine in pietra d’Istria superstiti, confliggono e contrastano con esse e con la loro bella semplicità; poi residui di ogni genere.

E neppure i capolavori dei graffitari locali, semmai tali, riescono a coprire quella vergogna sotto gli occhi di tutti. Degrado su vergogna.

Sarà una celebrazione delle classifiche che ci vedono in testa su scala nazionale?

Il tutto attorno alla storica porta Gervasona in cui campeggia ancora lo stemma lapideo del Comune, ed il bel torrione laterale, che al pari degli altri rimasti miracolosamente intatti, giacciono nell’abbandono totale.

Poi una perenne transenna pronta all’uso per gli allagamenti del sottopasso ferroviario che, data la sua continua permanenza, sembrano tradizionali in determinate condizioni; forse le uniche tradizioni che oggi preferiamo perpetuare.

Una zona anticamente compresa nel Borgo San Giuliano, e che per questo sarebbe motivo di valorizzazione ed inserita in un virtuoso circuito di visite alla città, e che ne accrescerebbe l’interesse dello stesso al posto dei falsi valori forzatamente imposti.
In sostanza siamo alla presenza di un bel Borgo, abitato e ricco di quel tessuto umano e commerciale che lo rende vivo, ma oggetto di quelle trasformazioni avviate che cercano di snaturarlo a vantaggio di fini meramente commerciali.
Un’occasione persa però: il progetto del tunnel sotterraneo parallelo al Ponte Tiberio. Con questa soluzione, il Borgo sarebbe veramente divenuto isola pedonale e perfettamente collegato ed integrato al Centro Storico, eliminando quella attuale cesura dell’enorme traffico della Via Circonvallazione Occidentale – Bastioni Settentrionali che impedisce la continuità tra il predetto Ponte e il Corso d’Augusto (qui).

Un bilancio sui quattro borghi
Ed ora giungiamo al bilancio finale. In questi articoli riguardanti i quattro Borghi riminesi, pur facendo parte della stessa città, si sono evidenziate alcune diverse loro caratteristiche per lo più dipendenti dall’attivismo dei loro abitanti, ma anche dall’attenzione che l’amministrazione cittadina ha dispensato ad essi in modo nettamente diverso; vuoi per logica politica, per mancanza di capacità e lungimiranza, ma anche per difetto di quel senso di cultura che fa apprezzare le radici sociali e culturali opponendo e premiando in molti casi favorendone falsi modelli. Alcuni aspetti in comune: la scarsa attenzione e incuria per il verde pubblico, tranne rarissime circoscritte eccezioni, tanto da dare l’idea di sopportarlo solo per l’obbligo dovuto dalle prescrizioni urbanistiche. Tempo fa interloquendo con un tecnico dell’amministrazione, a cui lamentavo l’inesistente cura delle aiuole del mio quartiere che, a quel punto provocatoriamente chiedevo di asfaltare o cementare, mi rispondeva che ciò non era possibile solo per il rispetto degli indici urbanistici (!). Inoltre la pulizia del suolo.
Quindi nello scenario generale si passa dapprima in due completi e netti opposti: dal totale abbandono del Borgo Marina ormai evidentemente considerato perduto dall’amministrazione cittadina, in cui si invoca il continuo incremento di telecamere per il controllo, peraltro inutili altrove, segno di una umiliante resa e sconfitta delle Istituzioni.
Poi a quello di San Giuliano oggetto di molte qualificazioni presenti, comprendendo la giusta pedonalizzazione del Ponte Tiberio ma senza un’alternativa al traffico, a discapito e sacrificio di altre zone coma la Via Ducale e quartiere circostante.
In mezzo a questa situazione il Borgo San Giovanni molto attivo da parte del suo tessuto umano, e oggetto di prossime opere di riqualificazione. Infine il Borgo Sant’Andrea che vive e prospera sulle sue molte risorse poiché privo di quella considerazione che meriterebbe, anche e soprattutto per la sua bella diversità.
Una logica di difficile comprensione se non apparentemente connesse a diversi fattori, quale il principale albergante nella sgangherata visione d’insieme urbanistica, culturale e sociale dell’intera città. Ma anche frutto di una politica che premia solo modelli di consumo come la spritzeria e il vacuo, piuttosto che i valori prima accennati.
E che tratta in modo diverso l’una dall’altra le periferie, e tra esse annovererei anche alcune zone adiacenti al centro, o addirittura interne ad esso, seminando trancetti di parchettini del mare come accade, ad esempio, sia a Rimini nord che a sud, disinteressandosi completamente di ciò che poi avviene in esse e dei problemi che le affliggono.

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