Spostare il circo dei sapori in un centro storico attualmente poco praticabile e pieno di cantieri ha declassato l'evento a “sagra paesana” frequentata dai pendolari della “mangiata domestica” della provincia di Rimini. Ma Alfredo Monterumisi sulle realizzazioni del «principe egocentrico» ha parecchio da dire. Sui risultati deludenti e anche sulle invenzioni altrui cavalcate come proprie. La "piazza sull'acqua", ad esempio, risale al 1990.
“Stanze per la giostra” è un poema composto da Angelo Poliziano (1454 – 1494) per celebrare la vittoria di Giuliano de’ Medici (fratello del Magnifico), ottenuta in un torneo cavalleresco. Alla sessantesima strofa si poeta che “La notte che le cose ci nasconde tornava ombrata di stellato ammanto, e l’usignuol sotto l’amate fronde cantando ripetea l’antico pianto… ” e via di seguito. Se laicamente interpretato come disegno del destino dovuto a estrose congiunzioni astrali, un paio di giorni fa ci incontriamo con Alfredo Monterumisi in via dell’Usignolo (polizianesco passeraceo di cui sopra). Con l’ambasciatore della Città del Vino si finisce per parlare (ecco l’altro riferimento al poema) anche del “Magnifico”, ma di quello “de noantri” (per altrui volontà) nonché Signore di Rimini. Infatti, quando ci ritroviamo nella stessa via, Monterumisi sta guardando un manifesto che annuncia l’imminente “Festival del mondo antico”. Il luogo e la circostanza dell’incontro calzano la conversazione meglio di un doppiopetto tagliato da Caraceni. L’imprevisto tête-à-tête non può che avere un epilogo naturale: sfociare nell’intervista che segue, avvenuta sorseggiando due tisane con zenzero e limone grazie a cui si digerisce tutto. O quasi.
Fissava con insistenza il manifesto del “Festival del mondo antico” 2020, Monterumisi. Come mai?
«Mi ha molto colpito il titolo dedicato all’attuale edizione: “Magnifiche ossessioni”. Sembra pensato apposta per il sindaco Andrea Gnassi. “Magnifiche” è il femminile plurale di “Magnifico”. Un termine che suscita ammirazione per la grandiosità (in questo caso del sindaco) che nel Rinascimento si attribuiva ai prìncipi e ai grandi personaggi. “Ossessione”, invece, come più o meno riportato dai vocabolari, si riferisce a persona invasa da turbamento o affetta da un’idea fissa che angoscia, di una minaccia incombente, un sentimento sgradevole di ansia, paragonabile al comportamento del nostro Principe nei confronti dei suoi sudditi che egli terrorizza ogniqualvolta si permettano di contraddirlo. Quindi, guardando bene il manifesto e osservando il titolo, non posso che giungere a queste conclusioni. Esso racchiude sensazioni che, ovviamente senza volerlo da parte di chi lo ha pensato, a mio parere riconducono inevitabilmente a Gnassi».
«Gnassi ha cercato di chiudere l’argomento “Museo Fellini” sostenendo che il denaro messo a disposizione di Rimini dal Ministero della Cultura, era vincolato alle operazioni poi poste in essere dalla sua Amministrazione Comunale. Visto che all’interno di quel gabinetto ci sono persone capaci e intelligenti, non credo affatto che abbiamo vincolato questo progetto a Castel Sismondo che ha già una sua immagine forte, storica e architettonica rinascimentale. Quindi quella del vincolo è la solita scusa per dire che si fa così (come vuole lui) perché non si poteva agire diversamente. È un tipico modus operandi di chi ha un ristretto gruppo di “signorsì” che eseguono ordini e che in seguito fanno quadrato intorno al Principe. Pensi se una cosa del genere la facessero altrove. Tuttavia c’è un unico merito che riconosco a Gnassi».
Spari.
«Quello di avere dimostrato che “volere è potere”. Lui ha goduto di anni d’immobilismo del proprio partito. Ciò significa che i suoi predecessori, pur consapevoli degli stessi problemi, non li hanno affrontati solo perché non lo hanno voluto. E questo è accaduto perché non c’era la volontà politica per farlo, non perché materialmente non si potesse. Che poi, spesso i risultati ottenuti da Gnassi siano stati deludenti o addirittura improvvidi o abbia sfruttato invenzioni altrui, è altra questione».
Un esempio? Il più recente, se possibile.
«Il Parco del Mare: non è una sua idea. Infatti, nasce come Piano Strategico. Un progetto rimasto chiuso nel cassetto per vent’anni. Lui gli ha dato solo un titolo differente. Meno tecnico e più evocativo. Parco, già suggerisce un’immagine riposante, la calma, il verde. Aggiungi che si fonde con l’azzurro del mare e il gioco è fatto. Che non si sia pensato (differentemente da Riccione, per dirne una) di trovare una vera soluzione per i parcheggi e che l’unica via di transito sia strozzata e affogata di auto e fumi vari, poco importa. Tutti in monopattino! Tra l’altro faccio notare che quest’anno, con il tratto di lungomare già pronto e riqualificato, c’era l’occasione giusta per dare visibilità alla prima parte del progetto e riproporre Al Mèni proprio sulla rotonda del Grand Hotel, luogo da sempre deputato per quella significativa manifestazione».
Intende dire che una kermesse di considerevole rilievo necessita di spazio. Di un orizzonte aperto.
«Certamente. La prima edizione di Al Mèni si tenne a fine giugno 2014 in concomitanza con il Festival del Mondo Antico, un incontro culturale che sapeva avvicinare da molti anni al complesso museale di Rimini il mondo dell’istruzione e ospitava al Museo della Città migliaia di scolaresche di ogni ordine e grado. Il 2014 era l’anno che precedeva l’EXPO di Milano. Il tema era “Nutrire il Pianeta”. Al Mèni fu un’idea molto intelligente di Massimo Bottura, allora considerato il più grande chef del mondo. Egli intendeva unire la “gastronomia” di tutta la regione attraverso la via Emilia. Per l’occasione venne scelta la zona del Grand Hotel di Rimini, simbolo dell’accoglienza e dell’ospitalità della Costa Adriatica della Romagna. La “Rotonda” era il Centro Gastronomico che univa le Eccellenze Produttive Enogastronomiche della regione che occupavano il lungomare, lato porto canale. Nel Piazzale Federico Fellini era allestito “Quando il Mestiere fa Spettacolo”, espressione delle creazioni artistiche degli artigiani. Una felice e geniale iniziativa che si affiancava a “Calici di Stelle” di Santarcangelo di Romagna, marchiata “Associazione Città del Vino” e “Movimento Turismo del Vino” che sostituiva “Squisito”, la bella manifestazione Enogastronomica di San Patrignano. Tutti eventi emblematici, questi, di intrattenimento e di promozione turistica dai significati educativi».
Quest’anno lo stesso evento si è tenuto in centro. Scelta azzeccata o no? Che ne pensa?
«La settima edizione di Al Mèni, nell’anno in cui si celebra “Fellini 100”, l’impresario-Sindaco di Rimini, che organizza gli eventi con i soldi dei cittadini (è bene ricordarlo), ha deciso di spostare l’iniziativa in piazza Cavour e zona limitrofa, attualmente poco praticabile e piena di cantieri. In tal modo, una manifestazione di carattere internazionale viene così declassata a “sagra paesana” frequentata dai pendolari della “mangiata domestica” della provincia di Rimini. Uno dei più grandi “chef” che opera in quel tempio della gastronomia chiamato Osteria Francescana a Modena, una delle sedi della “Motor Valley”, anello di congiunzione con la “Food Valley” (due marchi che rendono la Regione Emilia Romagna unica al mondo) è stato presentato in Piazza Cavour come un fenomeno da baraccone. Il Sindaco di Rimini, dopo aver trasformato il “Piano Strategico” nel “Parco del Mare” ha battezzato l’invaso del Ponte di Tiberio “Piazza sull’Acqua” (idea peraltro datata 1990, firmata dalla “Società dè Borg”). Poi è passato al Fulgor con il Museo Fellini. Vi ha inserito anche la Rocca Malatestiana, svilendo così la storica figura di Sigismondo Pandolfo. Per fare sfoggio della propria cultura, ha ospitato nel “suo” Palazzo il “PART”, il Museo di Arte Moderna con il patrimonio messo a disposizione dalla Comunità di San Patrignano».
Il sindaco ama dipingersi proteso a spargere a piene mani i semi della sapienza…
«Il 30 aprile del 2011, quando ufficializza la propria candidatura a Primo Cittadino di Rimini, rilascia un’intervista al quotidiano “Il Resto del Carlino” in cui dichiara: “Rimini Città della Cultura”, “Ristoranti nei Musei e più voce agli artisti” (si è vista la fine che ha fatto fare alla “Domus di Bacco”, realizzata dal suo predecessore nel Museo della Città). E prosegue: “Fino ad oggi si è pensato molto, forse troppo ai contenitori e non ai contenuti. Cosa se ne fa Rimini di un Museo degli Sguardi dove arrivano sì e no pochi visitatori quando vanno a mangiare la piadina a Covignano? Invece il Museo della Città potrebbe allungare l’orario fino a sera e potremmo sfruttare il giardino del Lapidario Romano con un ristorante”. (Vi immaginate Massimo Bottura nella Domus di Bacco e nel Lapidario Romano che bella presentazione sarebbe stata per il Museo della Città?). Seguita così: “Ravenna Capitale della Cultura, può essere un motore eccezionale anche per Rimini. Solo noi possiamo offrire ai turisti, nello stesso territorio, Acquafan e la Domus del Chirurgo”. Purtroppo il suo compagno di partito, il cervese Andrea Corsini, assieme al suo stretto collaboratore Alberto Cassani, si sono fatti uccellare da Matera perché non hanno saputo “fare squadra”. Il nostro Andrea da Rimini passa per il Sindaco del “fare”. Si è preoccupato di “fare incetta” anche di tutte le deleghe sul turismo, compresa quella di Presidente di Destinazione Romagna. Peccato che nel resto della regione venga considerato il “principe egocentrico” del “disfare”. Adesso, per dare una mano all’entroterra della provincia di Rimini, durante Al Mèni ha dichiarato di voler scippare “l’Orto dei Frutti Dimenticati” a Pennabilli. Anni fa, assieme all’Assessore alla Cultura e all’Identità dei Luoghi, EnotourismClub aveva pensato di realizzare, nello spazio antistante la parte museale in stile razionalista, il “Giardino dell’Archeologia dei Sapori”. Tale iniziativa, non gradita al Sindaco, ha fatto la fine della “Domus di Bacco” poiché non era idea sua, ma dei sudditi. Che però, cominciano a stufarsi».
Chi non si genuflette dinanzi alla vanagloria del Principe, batta un colpo. Qualche tardivo tocco, si sente già.
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