Si muove qualcosa dopo gli esposti in Procura su piazza Malatesta

Si muove qualcosa dopo gli esposti in Procura su piazza Malatesta

Nella commissione congiunta l'ing. Fravisini ha detto di avere riferito in Procura e che «tutto ciò che è stato realizzato è stato concordato e autorizzato dalla competente soprintendenza».

«Come ho detto in Procura a seguito di due esposti, uno di Italia Nostra e uno del consigliere Gioenzo Renzi, tutto ciò che è stato realizzato in piazza Malatesta è stato concordato e autorizzato dalla competente soprintendenza». La rivelazione della dirigente settore edilizia pubblica e qualità urbana, ing. Chiara Fravisini, è stata fatta nella commissione congiunta “cultura” e “controllo e garanzia” che si è tenuta nella sala del consiglio comunale il 2 luglio. Ma non è detto che il “bollo” della soprintendenza debba essere inappuntabile. La sostanza è che qualcosa si sta muovendo e la Procura sta approfondendo.
Prima Italia Nostra Rimini, che si era mossa lo scorso dicembre, nutrendo forti dubbi sul progetto comunale, tanto da rivolgersi alla magistratura: «il fossato, essenziale elemento integrativo del Castello, può essere riempito con la vasta costruzione in cemento armato degli impianti della fontana che preclude per sempre la messa in evidenza della integrale fabbrica quattrocentesca? E’ questo un uso compatibile con il carattere storico e artistico della Rocca, conforme al precetto del codice dei beni culturali che la Soprintendenza è tenuta a far osservare?».
Poi il consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Gioenzo Renzi, che lo scorso 12 giugno rendeva nota la sua decisione: «Dopo ripetute interrogazioni consigliari al Sindaco, una Mozione discussa nel Consiglio Comunale tematico, una interrogazione al Ministro dei Beni Culturali, rimaste senza ascolto, non ci è rimasto che rivolgerci alla Procura del Repubblica all’inizio del marzo scorso, per verificare la compatibilità dei lavori nel fossato di Castel Sismondo con i vincoli di tutela vigenti. Continua, fino all’ultimo, la nostra battaglia per la conservazione e la valorizzazione del fossato e di Castel Sismondo, patrimonio identitario della nostra città».
Come è stato possibile, si domandava Gioenzo Renzi, costruite determinate opere in un’area archeologica “super tutelata”? «La Giunta Comunale e i Tecnici, con questi lavori soffocano definitivamente sotto una spessa coltre di cemento armato lo storico “fossato” di Castel Sismondo, invece di recuperarlo, di liberarlo dagli interramenti del 1800, come previsto dai Piani Regolatori e dal Piano Strategico, e senza neppure valorizzare quanto emerso durante i lavori: le mura difensive e i battiponte di accesso al Castello».

In commissione la dirigente ha tenuto a rimarcare non solo che la soprintendenza ha messo il proprio “sigillo” su ogni trasformazione in corso in piazza Malatesta, ma anche un altro aspetto: che l’impianto del velo d’acqua, per il quale è stato effettuato uno scavo a quattro metri di profondità e collocata una struttura in cemento armato che non è passata inosservata nemmeno dall’esterno del cantiere, «è stato posizionato laddove non vi erano interferenze con gli scavi archeologici» ed «è tutto documentato da un punto di vista tecnico sia al ministero che alla Procura e quindi potrete trovare tutti gli atti».
Non ha però fatto nessun riferimento ai vincoli esistenti, sui quali hanno “poggiato” le fondamenta i due esposti di cui sopra. Il primo è del 1915 e prescrive che «è proibito fare qualunque costruzione» nell’area del castello e di piazza Malatesta. Il secondo del 1991 e reca la firma dall’allora ministro per i beni culturali e ambientali. Precisando che «il sottosuolo» di cui si parla «riveste interesse particolarmente importante ai sensi della legge sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico, perché incidente, nell’ambito dell’area della Rocca Malatestiana, sia sul tracciato delle Mura tardo-imperiali del settore occidentale della città romana, sia sull’area occupata dall’antico fossato difensivo di pertinenza della Rocca, sia su altri resti insediativi antichi», decreta: «gli immobili sopraindicati sono dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1.6.1939 n. 1089 e vengono quindi sottoposti a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge stessa».
E’ compatibile tutto questo con quanto sta succedendo in piazza Malatesta? Sarà la Procura a pronunciarsi. Da parte sua la dirigente Fravisini ha tenuto a sottolineare che «il vano tecnico, necessario a contenere gli impianti tecnologici e per la manutenzione, è stato realizzato in un’area che è stata indagata con la dottoressa Annalisa Pozzi, prima col soprintendente Cozzolino e adesso ci sta seguendo la nuova soprintendente Lisa Lambusier».
Il velo d’acqua (circa 5 centimetri) occuperà una parte della piazza antistante il castello (circa 900 mq), sarà calpestabile e ricoperto di pietra alberese, la stessa utilizzata in tutta la piazza e in altre parti del centro storico, «ed è quella che la soprintendenza ci ha indicato, tra le varie pietre proposte, come la più idonea in questo tipo di intervento».
Niente prua del Rex, invece, che avrebbe dovuto materializzarsi in occasione della lunga inaugurazione, ancora non fissata, del Fellini Museum («sarà un evento mondiale», disse il sindaco davanti agli industriali in collegamento da remoto e in presenza al teatro Galli, lasciando comunque aperta la strada per un “piano B”, cioè per un tipo di taglio del nastro meno impegnativo), così come è sparita dai radar l’«americana».
Pochi giorni fa Italia Nostra è tornata a ribadire pubblicamente quanto ha sostenuto il suo presidente in commissione: «l’errore più grande di questa operazione, da cui deriva anche il completo disinteresse per il patrimonio artistico e archeologico che la piazza conserva: costruire uno spazio artificiale senza considerare la sua storia passata e la sua vitalità quotidiana futura non fa altro che minacciarne la sua stessa esistenza. Ancora una volta l’amministrazione comunale pensa la cultura come un esclusivo strumento di promozione turistica, un prodotto, quando invece essa è, prima di tutto, lievito essenziale per la crescita di una comunità. Rimane poi un altro evidente limite di questa operazione, il mancato coinvolgimento della comunità dei cittadini ai processi di trasformazione di una parte così strategica per Rimini: per mesi niente è circolato, niente si è saputo, niente è stato detto. Nel 2021 questo non è accettabile: un’amministrazione che si dice moderna deve essere in grado, attraverso tutti gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione, di mettere al corrente la cittadinanza e di coinvolgerla nei processi decisionali, così come avviene in molte città italiane. Riteniamo comunque che in tutta questa vicenda ci sia un insegnamento: cosa una amministrazione non deve fare, come uno centro storico non deve essere».
Sui lavori che hanno contrassegnato la giunta Gnassi pende un altro esposto: è stato presentato dal Comitato in difesa del ponte di Tiberio e ancora una volta da Italia Nostra.

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