Le novità legate al museo Fellini emerse questa mattina nella commissione congiunta "cultura" e "controllo e garanzia", che ha visto anche gli interventi di Rimondini, La Motta, Bartolucci e Roberto Mancini.
Altra commissione altre novità. Il museo Fellini sembra un cantiere che risente del garbino. O forse anche della mobilitazione dell’opinione pubblica a difesa dei beni culturali? I diversi “pezzi” che lo compongono entrano ed escono dal progetto e probabilmente per conoscere effettivamente come sarà davvero bisognerà attendere l’inaugurazione.
Riunione congiunta questa mattina delle commissioni cultura (a presiederla c’è Davide Frisoni) insieme a quella che si occupa di controllo e garanzia (presidente Matteo Zoccarato) con all’ordine del giorno “visione e discussione relativa ai progetti di piazza Malatesta e installazione del Rex”. La vicenda è quella resa nota da Rimini 2.0 il 10 giugno scorso e che ha fatto decidere l’associazione Rimini Città d’Arte a mobilitarsi con un appello che ha raccolto già numerose adesioni di cittadini e rappresentanti della cultura e delle istituzioni ben oltre i confini di Rimini.
Preambolo simpatico questa mattina in avvio dei lavori delle due commissioni, che hanno visto anche la partecipazione di alcuni esterni con “diritto di parola”: Giovanni Rimondini per Rimini Città d’Arte, Guido Bartolucci presidente della sezione di Italia Nostra di Rimini, Roberto Mancini in rappresentanza dei Fai e Alessandro La Motta, docente, artista e scenografo. Assente la Soprintendenza causa impegni concomitanti, ma la cosa è stata notata e anche criticata (“Non è un bel segnale che non ci sia oggi”, ha detto durante il suo intervento La Motta). Il siparietto è stato questo: si possono mostrare in commissione i progetti del Rex essendo coperti da diritti? Se ne è discusso a lungo trovando alla fine la soluzione per farli vedere ai consiglieri. Ma nessun problema analogo si è posto il 12 maggio quando il sindaco ha svelato gli stessi disegni davanti alla platea di privati (industriali e non solo) invitati al teatro Galli per assistere alla illustrazione del museo Fellini e dei piani legati alla inaugurazione, che aveva lo scopo di cercare sponsorizzazioni. Uno dei tanti “segni” distintivi dell’amministrazione uscente. Andiamo avanti.
L’assessore Piscaglia ha rifatto la storia del museo partendo da Adamo e Eva. Tutta una cronologica e filosofica introduzione per sostenere il valore del museo, il tema della importanza del cinema (“sono sessanta le pellicole nelle quali compare Rimini”… embè!?!) e di Fellini per Rimini, senza però riuscire a spiegare la causa-effetto, cioè perché alla luce di tutto questo si debba arrivare a cementificata piazza Malatesta, a derubricare il castello di Brunelleschi a contenitore di materiali vari felliniani, ad abbattere alberi centenari e via di seguito. Ha anche detto che si sono già svolti un consiglio tematico, commissioni, e a tutte le interrogazioni sull’argomento sono state date risposte. Vero, ma questo significa che per togliere qualche dente al Comune sul museo Fellini le opposizioni hanno dovuto inventarsele tutte, altrimenti dal palazzo non sarebbe uscito nulla.
Al sodo. La prua del Rex, che non sarebbe stata una installazione permanente ma solo legata alla lunga inaugurazione (non un evento di una sera ma di settimane) del Fellini Museum e ad una idea proposta da Marco Balich, è sparita. L’assessore l’ha lasciato intendere nel pistolotto iniziale, ma alla fine della riunione, visti i dubbi che ancora aleggiavano fra i consiglieri, è toccato a Marco Leonetti (responsabile della cineteca) tagliare la testa al toro: «Il progetto Balich non si farà, niente Rex né moscone con la Gradisca, non ci sono i finanziamenti». Il copione illustrato dal sindaco nel teatro Galli prevedeva uno show inaugurale stile Expo o olimpiadi, e nel fossato immaginario, davanti alla rocca, una attrice avrebbe dovuto interpretare la Gradisca che dal moscone saluta il Rex. A seguire l’illuminazione della prua del Rex con tanto di fumo e sirena. Non si farà più nulla di tutto questo.
Resta però ancora qualcosa da scoprire: significa che gli industriali non hanno sganciato? E’ solo un problema di costi? Hanno avuto un peso la petizione e gli articoli sulla stampa? La Soprintendenza ha avanzato qualche rilievo? Per ora non lo sappiamo. «Non ci saranno installazioni ma solo elmenti di arredo urbano», ha integrato l’ing. Chiara Fravisini.
Fra i tecnici comunali presenti in commissione nessuno ha dato l’impressione di essere a conoscenza dei dettagli del Rex. Leonetti ha parlato di una realizzazione in cartongesso facendo notare il problema di un fissaggio sicuro a circa mezzo metro dal castello. L’ingegner Fravisini è sembrata ancora più dubbiosa sulla prua, ed ha parlato di una «piattaforma a terra molto difficile da proporre» perché difficile da ancorare… «era una suggestione, non so come avrebbero potuto fare per realizzarla». Ma resta il fatto che il sindaco l’ha illustrata agli industriali. La prua verrà rimpiazzata da una semplice proiezione del Rex sul castello? Forse, Leonetti ha accennato anche a questo.
Nel corso del lungo confronto in commissione è emerso che spariscono anche altri contenuti del museo Fellini. La cosiddetta “Americana” (scena di 8 e mezzo), ovvero la grande struttura metallica che era stata prevista allineata con il portico del Galli e subito prima del giardino di Paolo e Francesca. Una sorta di fondale per sostenere i fari ed altro, che era stata contemplata nel progetto definitivo-esecutivo, marzo 2020 (dove c’era traccia anche del Rex davanti al castello: “Una ulteriore installazione, all’interno del fossato, che rimanda alla scena del transatlantico Rex, è ancora in via di definizione”). Via.
Non ci sarà nemmeno il braccio meccanico col velo d’acqua sul quale proiettare immagini, suggestione del fossato e del Rex.
Commento finale del presidente Davide Frisoni: «se non ci fosse stata l’attenzione e la mobilitazione della città non l’avremmo scampata». Il riferimento è soprattutto al Rex, ma quello che invece si farà resta di notevole impatto.
I tre elementi che compongono CircAmarcord si riassumono nel “bosco urbano” con l’albero dello zio matto e le lanterne russe di Tonino Guerra, l’acqua nella zona del fossato (qualcuno l’ha chiamata “piscina”), la panca circolare, a fianco del teatro, con un diametro di 16,5 metri (“riprende la doratura del rinoceronte della piazzetta San Martino”, parola di Fravisini).
Non poteva mancare il capitolo degli alberi brutalmente segati negli ultimi mesi e giorni. Frisoni: «Nel regolamento comunale del verde urbano c’è scritto che ogni albero deve avere un raggio di 6 metri di terreno libero, e visto soprattutto che sono state fatte le aiuole nuove bisognava attenersi al regolamento. Se non diamo l’esempio noi come pubblica amministrazione quando facciamo gli interventi, difficilmente possiamo chiedere ai privati di comportarsi bene e di fare le cose in regola». Risposta della dirigente Fravisini: «Nel caso di piazza Malatesta bisogna prendere a riferimento l’art. 37 del Regolamento comunale perché si tratta di un filare alberato, e sono richiesti 8 metri quadrati di pertinenza, noi ne abbiamo lasciati 9». Frisoni: «Ma nel caso dell’albero singolo di piazza Malatesta? Deve avere un raggio di 6 metri di terreno libero…». La risposta non c’è stata. In ogni caso, è corretto applicare l’art. 37 (qui il link al regolamento) che parla di “alberate stradali” e viali alberati ad una piazza, oppure è più pertinente l’art. 5? (qui il nostro articolo sul tema). Sempre sugli alberi condannati a morte, ormai tanti (gli ultimi a cadere sono stati i lecci), la dirigente ha ribadito più volte che gli abbattimenti sono stati eseguiti «a seguito delle relazioni di un agronomo». «Chiedo ufficialmente di poter leggere le perizie all’origine dell’abbattimento degli alberi», si è inserito il consigliere di Fratelli d’Italia Gioenzo Renzi.
Che fine ha fatto il condotto ispezionabile ottocentesco di via Poletti? «E’ stato rilevato e messo in sicurezza perché c’erano delle porzioni che stavano crollando quindi è stato fatto un intervento di consolidamento strutturale», ha risposto la dirigente, «e per salvaguardarlo sono state cambiate alcune quote su via Poletti come su piazza Malatesta, nel primo caso c’era un problema di allagamento sia dalla parte dei pubblici esercizi e sia dalla parte del Galli multimediale».
Veniamo agli interventi, tutti molto taglienti nei confronti della giunta Gnassi, sia dal punto di vista del metodo che della sostanza per quanto riguarda il museo Fellini.
Giovanni Rimondini: «Io non sono contro Fellini», ha esordito. «Ma quando è stato indetto il bando internazionale c’era l’indicazione sui luoghi, è quello il crimine culturale, trasformare il castello e il centro storico di Rimini in uno scenario feliniano di tipo modernista, piazza Malatesta così potrebbe essere una piazza fatta ad Hong Kong o a Brasilia, non è nella nostra tradizione, è una concezione vecchia, adesso si rispetta la caratteristica storica dei luoghi e il castello va rispettato se è opera di un grande come Filippo Brunelleschi. Ma come vi è venuto in mente di fare una scelta così stupida, criminale dal punto di vista culturale? Non sarà che siete tutti dipendenti da un despota?».
La Motta: «Non discuto il progetto, che può avere aspetti interessanti, ma il nostro patrimonio esistente non può essere ridotto a quinta scenica, perché è un po’ questo quello che si sta facendo. La piazza somiglia alla promenade di Nizza, con la differenza che in quella città non c’era niente sotto. Aver cementato la piazza ci vincolerà a lungo e non si potrà valorizzare quanto è emerso dagli scavi».
Bartolucci: «Ci sono sogni ma anche incubi felliniani». E uno di questi è la «trasformazione di piazza Malatesta in un parco a tema. Non a caso l’assessore non ha mai citato i cittadini ma solo i visitatori e i turisti, non gli abitanti. Questo progetto è il punto finale della perdita della identità di una parte consistente del nostro centro storico perché non valorizza niente di quello che c’è ma costruisce qualcosa di artificiale. Non è mai stato possibile discutere di questo progetto in quanto già tutto deciso, si tratta di una politica ottocentesca come metodo di amministrare una città».
Carlo Rufo Spina: «Non si capisce perché il cantiere di Porta Galliana non sia stato terminato in 5 anni mentre in 9 mesi è stato concluso tutto in piazza Malatesta, scavi archeologici compresi. E’ stato trovato un abbozzo di terme e non si è proceduto con lo scavo perché c’era la falda? E’ questa la motivazione oppure si trova sempre l’espediente per fare quello che vuole l’amministrazione comunale?»
Gioenzo Renzi: «Sono state realizzate opere irreversibili in piazza Malatesta e se ho fatto l’esposto in Procura è stato perché a mio parere sono stati violati i vincoli esistenti». Domanda di Renzi: «Qual è lo spessore della soletta in cemento armato in piazza Malatesta?» Risposta dell’ing. Fravisini: «venti centimetri». Alla faccia della reversibilità.
Roberto Mancini: «Togliere l’asfalto in piazza Malatesta recuperando i ciottoli stupendi dell’Ottocento sarebbe stato facile, invece… che fine hanno fatto? Gli alberi se erano malati bisognava curarli e non abbatterli, e il sindaco mi aveva dato ragione salvo poi rimangiarsi la parola. Sono completamente contrario al progetto di piazza Malatesta e Castello, sarebbe stato molto meglio recuperare la storia nascosta sotto a quel luogo, invece ho visto anche distruggere parte delle mura perimetrali del castello per fare i servizi».
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